The Leftovers3×06 Certified

Il suicidio rappresenta il tema portante di questo episodio di The Leftovers, in quello che è senza dubbio l'ultimo punto di svolta nell'intera serie, a pochi passi dal fatidico finale.

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A sette anni dalla Dipartita, nel mondo di The Leftovers la morte ha acquisito un significato radicalmente diverso. Un evento di tale portata contribuisce, attraverso la lente di una rinnovata spiritualità, a rimettere in prospettiva una serie di pilastri incrollabili dell’essere umano: la certezza della morte, la predestinazione, l’esistenza o meno di una volontà divina e la possibilità da parte dell’uomo di influire su determinati eventi sono solo alcuni dei temi affrontati dalla serie, sotto una luce del tutto nuova.

The Leftovers ci ha proposto nell’arco di tre stagioni una serie di personaggi la cui vita si è progressivamente svuotata di significato, e “Certified” rappresenta per molti di questi il punto di non ritorno. Assistiamo non a caso agli ultimi eventi prima del presunto “diluvio universale” attraverso gli occhi di Laurie – forse il protagonista più sfaccettato e multidimensionale in assoluto – in quello che è uno degli episodi monografici più emozionanti e riusciti di tutta la serie.

Il tema del suicidio, anch’esso ricorrente fin dagli inizi, è un forte leitmotiv della puntata, e accomuna trasversalmente tutti i personaggi principali. Non è un caso che l’episodio si apra con Laurie che tenta il suicidio, ormai sette anni or sono, dopo una seduta con la mamma di Sam  – protagonista della prima, indimenticabile sequenza del pilot – e si chiuda con quello che sembra un tentativo di suicidio secondo le modalità suggerite involontariamente da Nora.

Se l’inizio dell’episodio e la sua fine sono didascalici e freddi nella rappresentazione della volontà di suicidarsi, “Certified” ripropone questo tema in modo assillante e ossessivo anche nella parte centrale, e lo fa spostando l’attenzione – sempre mediante Laurie – su Nora, Matt e Kevin, accomunati dallo stesso istinto con tre motivazioni completamente diverse: per Nora è l’incapacità di andare avanti e il fardello insopportabile della Dipartita – sottolineato in “G’Day Melbourne”; per Matt è il rifiuto delle cure, motivato da un’aspirazione più alta, privilegiando la missione spirituale verso il nuovo messia; per Kevin è lo smarrimento e la serie di traumi che lo hanno svuotato da ogni desiderio di vivere.

La grande differenza sta tuttavia nel cerchio che Laurie riesce a chiudere prima di togliersi la vita. L’iniziale tentato suicidio e il suo vuoto interiore confliggono con la paura fisica della morte e il senso di incompiutezza della sua vita, motivo per cui la donna sceglie inizialmente di unirsi ai Guilty Remnants: non si può metabolizzare la Dipartita, ma morire è ancora troppo doloroso.

What Should I do?

È la domanda che rimane sospesa nella coscienza di Laurie, fino al momento in cui la sua vita trova un’apparente felicità. Sapere che i suoi figli stanno bene, che il suo aiuto è servito sia a Kevin sia a Nora, alla fine del pedinamento attorno a cui ruota parte dell’episodio, l’essere riuscita a concludere un percorso non basta per gestire il suo trauma da Dipartita e la sua depressione, anzi tutti gli ultimi eventi le danno la spinta finale.

Mettendo da parte questioni riguardo al movente del suicidio di Laurie, è interessante notare anche come la scelta del contesto non sia, contrariamente alle apparenze, un modo per far passare la sua morte come un incidente: a Laurie non interessa che il suo non passi come un suicidio, anzi sceglie di commetterlo con tempistiche ben precise, a un giorno dal paventato diluvio universale. Un altro show avrebbe trovato nella chiamata di Jill e Tom l’escamotage per farle abbandonare il suo proposito, ma The Leftovers invece riesce, grazie a un’impeccabile scrittura e analisi dei personaggi, a ribaltare la prospettiva e a fornire un finale degno e coerente con la personalità della protagonista.

Lungo il percorso di Laurie i riferimenti biblici sono lampanti, in una rappresentazione contemporanea dell’Ultima Cena non priva di pungente ironia. Le storie di Laurie e Kevin si sovrappongono con quelle delle loro controparti religiose, e alcuni rimandi al percorso di Giuda sono innegabilmente sotto i nostri occhi: la morte prima del gran finale, il bacio sulla guancia, la telefonata con i figli in cui dice “I’m just hanging around” – Giuda morì impiccato.

Anche Nora ha un ruolo importante, sebbene sia tutto vissuto dalla prospettiva di Laurie, e anche in questo caso la sua caratterizzazione è inattaccabile. La sua è una trasformazione verso un personaggio ormai noncurante di chi le sta attorno, brusco nei modi e nei toni, senza filtri e remore nell’esprimere giudizi. La determinazione nel raggiungere l’apparecchiatura che potrà porre fine alle sue sofferenze ha mutato radicalmente il suo atteggiamento, ma ciò che non è cambiato è l’attaccamento ancora presente verso la sua famiglia pre-Dipartita.

L’essenziale differenza tra la scelta di Laurie e quella di Nora è la connotazione di speranza che assume quest’ultima, dando tutto un altro significato al punto di arrivo di entrambe le loro vite. In ultima analisi Nora, al contrario di Laurie, ha una vita incompiuta e irrisolta, non cerca chiusura tramite il suicidio, ma solo un modo per trovare una risposta provando ad andare “dall’altra parte”, in tutto e per tutto coerente con la sua natura.

A tavola Laurie viene scambiata per l’apostolo Tommaso, mentre è sempre più evidente che la sua incarnazione in The Leftovers sia Nora, soffocata dal suo bisogno di risposte tanto da scegliere di commettere l’estremo gesto. Il riavvicinamento con Matt è il suo momento più significativo, un gesto importante nonostante il loro rapporto spesso conflittuale, che ci dimostra collateralmente quanto il fratello sia riuscito a rivedere le sue priorità.

“Certified” è finora la punta di diamante della terza stagione di The Leftovers, nutrimento per la mente e per l’anima, capace di raccontare un tema delicato come il suicidio con la giusta dose di contenuto emozionale e impressionante cura nei dettagli. Il contesto della Dipartita non fa che aggiungere ulteriore profondità alla narrazione, e fa da catalizzatore per un episodio scritto e diretto in modo impeccabile. L’ultima pennellata in questo quadro perfetto la dà il montaggio dell’episodio a due filoni alternati, che gradualmente si intrecciano, completandosi a vicenda. 5 Porcamiseria su 5.

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