Kevin: I wanna go home.
Patti: Do you? What? It’s just that you’ve been known to say that before, and yet you keep leaving home and coming here.
Kevin è al suo ultimo viaggio nel mondo post-mortem di The Leftovers, in una missione a cavallo tra il divino e l’autoanalisi. Se in “International Assassin“ il problema di Kevin era identitario e il suo compito era soffocare la coscienza di Patti Levin, in questo episodio la sua doppia identità è la metafora della sua incertezza esistenziale – in cui l’unico appiglio disfunzionale è Nora – e la sua missione è la scelta tra andare avanti e far vincere l’assassino o mettersi letteralmente una mano sul cuore e riconoscere l’errore commesso con la sua compagna.
L’altro mondo è stato sempre sottilmente presente in questa stagione di The Leftovers: Patti ce lo fa notare rimarcando quanto Kevin continui a tornare dall’altra parte, complice un sacco di plastica chiuso sulla testa. L’escapismo è nuovamente la chiave di lettura prediletta, in un ciclo di episodi segnato da un comune denominatore che è quello della fuga da questa esistenza, sia essa in pace con se stessi o con residui sulla propria coscienza. In tal senso la battaglia di Kevin, dovesse andare per il verso giusto, gli consentirà di disintegrare i suoi dubbi e il suo universo parallelo – se notate, tutte le morti irrisolte che vediamo raccontano l’immagine che Kevin ha di loro quando erano vive – e lo preparerà a ritornare nel nostro mondo privo della voglia di fuggirne facendola finita un giorno sì e l’altro pure.
Il Kevin assassino e il Kevin Presidente sono sovrapponibili, in qualunque superficie riflettente, e non c’è né buono né cattivo in questa storia: la lotta intestina del protagonista non ha una connotazione morale, ma è semplicemente un percorso doppiamente individuale lungo due filoni della sua coscienza; al centro di tutto non vi è mai il diluvio universale, né ritrovare Evie o i bambini di Grace, c’è semplicemente Kevin Garvey.
Il passaggio che ci toglie ogni incertezza è il modo in cui liquida la richiesta di John, dicendogli semplicemente quello che vuol sentirsi dire – modus operandi del tutto simile al dialogo coi defunti che l’uomo conduceva tramite Laurie – poiché spiegargli ciò che vive nell’altro mondo non porterebbe a nulla. L’esperienza di Kevin in questo viaggio è, in un certo senso, la versione cento volte amplificata di quella provata in “G’Day Melbourne“: il protagonista vede quello che inconsciamente vuole vedere, e non potrà mai elaborare la realtà che vive usando gli occhi di John. Lateralmente, è un passaggio che comunica una triste solitudine nell’affrontare dubbi, paure e difficoltà, dove nessun presunto messia può dare la risposta definitiva e scagionante.
Garvey Sr.: What now?
Vedere Garvey Sr. sul tetto della casa di Grace dà un senso di chiusura alla primissima sequenza in “The Book of Kevin“. È un’analogia stilistica che colpisce soprattutto per la parziale corrispondenza nelle concezioni della fede della donna nel villaggio e di Garvey: entrambi si aspettavano un evento divino, ed entrambi sono stati delusi. La pioggia non va fermata, perché smetterà di piovere comunque, e il settimo anniversario della Dipartita è solo un giorno come gli altri.
Nello stile e nella scrittura, questo episodio è sicuramente diverso rispetto a una mera “replica” dei fatti avvenuti in “International Assassin“. Stavolta si avverte un’urgenza diversa, è più tangibile il collegamento con la nostra realtà e con la tempesta che lo flagella, mentre il primo viaggio di Kevin era totalmente avulso da connessioni immediate e obbligate con essa. Kevin stesso è più navigato nel ruolo rispetto alla volta precedente, inserito in una posizione di potere e capace di carpire informazioni dall’ambiente circostante con maggiore abilità; tuttavia rimaniamo costantemente sulle spine, aspettando di saggiare le conseguenze di ogni scelta di ciascuna delle identità opposte del protagonista.
Se “Certified“ è il gioiello più prezioso di The Leftovers dal punto di vista della multidimensionalità dei suoi personaggi e della loro psiche tormentata, “The Most Powerful Man in The World” è il gioiello più prezioso dal punto di vista mitologico della serie, con l’ulteriore capacità di presentarci un’analisi psicologica di Kevin Garvey attuata con metodi decisamente non convenzionali. 5 Porcamiseria su 5.
Alcune Osservazioni
- Kevin è in diretto contatto con Dio, nella fattispecie David Burton, impensabilmente prezioso nel guidarlo verso la meta.
- I collegamenti con “International Assassin“ non sono solo strutturali, ma anche in alcuni interessanti dettagli. Il primo è il cuore di Kevin, o meglio l’operazione di innesto della chiave, che potrebbe riportarvi alla mente la donna che nell’episodio della seconda stagione aveva l’estrema urgenza di operare un uomo. Il secondo è il ruolo del Kevin incappucciato, che nella 2×08 era il poliziotto; forse ci sono sempre stati due Kevin Garvey nell’altro mondo, ma solo ora sono usciti entrambi allo scoperto.
- Un’altra ipotesi interessante sul doppio Kevin è che il suo sdoppiamento sia avvenuto cognitivamente durante la sequenza di apertura dell’episodio, con Nora che esprime il suo desiderio di vederlo con la barba. Tra i due fratelli identici, peraltro, è proprio quello con la barba a sopravvivere per ultimo.
- Forse la Patti Levin adulta che Kevin ha ucciso durante il viaggio nell’hotel era davvero un sosia, e non la vera Patti, ora Segretario della Difesa.
momento fondamentale che ha cambiato tutto #theleftovers pic.twitter.com/9u9eTEAAIR
— chiarin at the liquor store (@cheroreowitz) May 31, 2017
La sigla della 3×07.
Io mi inchino.
Che gran figli di puttana, li amo, questa è la serie tv della mia vita.#TheLeftovers #SerialUpdate— BoLuke Catman (@AttentiAlLuca) May 29, 2017