The Leftovers3×08 The Book of Nora

Season Finale L'opera di Damon Lindelof e Tom Perrotta giunge al suo naturale epilogo, anni dopo il settimo anniversario della Dipartita. The Leftovers lascia i suoi spettatori con le guance rigate di lacrime, mentre la protagonista si racconta per l'ultima volta.

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Il viaggio nel mondo dilaniato dalla Dipartita del 2% della popolazione non è stato affatto facile. L’analisi sociale e psicologica portata avanti da Lindelof e Perrotta passa attraverso le vite dei suoi protagonisti, cogliendone ogni sfaccettatura con singolare sensibilità. The Leftovers non si è mai posto l’obiettivo di dare risposte razionali al sovrannaturale, anzi ha subito ignorato la ricerca oggettiva di risposte, preferendo la ricerca soggettiva e l’evoluzione del 98% davanti a un evento di tale portata.

Quando, negli ultimi secondi, comprendiamo che il 2% ha assistito alla stessa tragedia ma in scala drammaticamente maggiore, il senso di colpa è palpabile: se da una parte c’è l’estremo individualismo della maggioranza, spaventata dalla scomparsa di relativamente poche persone e da allora poco incline a nuove relazioni affettive, dall’altra c’è il desiderio del 2% di unirsi, accomunarsi e rifiorire partendo dal poco che le è rimasto. È la mazzata sui denti finale a noi spettatori, tanto concentrati sulla maggioranza da aver inconsciamente dimenticato la minoranza, più coesa di un mondo di pazzi in preda a sindrome da stress post-traumatico e assediata da culti i cui membri amano vestirsi di bianco e fumare. I “leftovers” in realtà sono il 2%, mai dimenticati dal suo gruppo complementare ma comunque capaci di riorganizzarsi, secondo le parole di Nora.

Nora: And I understood that here in this place, they were the lucky ones. In a world full of orphans, they still had each other. And I was a ghost. I was a ghost who had no place there.

La protagonista, in tal senso, riesce finalmente a trovare una risposta e a riacquisire serenità dopo sette lunghi anni in cui a nulla sono serviti tutti i tentativi di riempire il suo vuoto interiore. La risposta, per il San Tommaso di The Leftovers, è andare a fondo alla faccenda a costo di rischiare la vita, poiché fondamentalmente la sua situazione la porterebbe comunque a un miglioramento: anche qualora il macchinario servisse solo a incenerire la persona al suo interno, per Nora probabilmente sarebbe meglio morire che vivere con l’enorme peso della Dipartita sulla sua coscienza; in “Certified” ci è stato detto, perché morire andando a fare immersioni sarebbe diverso, e non avrebbe quella connotazione di speranza che Nora dà al suo viaggio interdimensionale.

A valle del suo racconto, non ci si stupisce del titolo dato all’episodio, che rimanda al ruolo silenziosamente profetico di Nora, prima e unica persona che ha voluto tornare in questo mondo: lei e Kevin incorporano due viaggi differenti ma ugualmente valevoli in senso spirituale, sebbene quello di Nora non abbia avuto nulla di sovrannaturale; inoltre, entrambi hanno trovato le risposte ai propri tormenti, e sono riusciti, a loro modo, a trovare una tanto desiderata serenità.

L’importanza dell’esperienza di Nora, similmente a quella di Kevin, risiede anche nella sua connotazione messianica: Nora prende le collane di perle dal collo della capra intrappolata in cima alla collina, la metaforica rappresentazione dei peccati del mondo, e le porta con sé; più in senso lato, Nora ha dovuto scalare la ripida collina della sua esistenza per riuscire a passare dall’altra parte, prendendo con sé il fardello della fatidica risposta sul luogo di destinazione dei dipartiti. La scelta registica di far apparire la collina quasi come se fosse in verticale aiuta a descrivere la fatica della sua impresa, e dà quel tocco in più che rende cardinale una scena già di per sé intensa.

Il tema che fa da collante a “The Book of Nora” è quello del ritorno. Si passa dal già accennato ritorno dall’universo del 2%, al ritorno di Kevin nella vita di Nora, non esente da difficoltà, al ritorno delle colombe nella voliera a chiudere l’ultima, commovente sequenza della serie. Tutti i ritorni sono sofferti, sia durante la mancanza che nel momento del riavvicinamento, e in questo l’esempio più significativo è dato da Kevin, durante il suo dialogo con Nora – liquidato da una tazza di tè come solo lei sa fare: il protagonista maschile si ritrova a tutti gli effetti colpito da una Dipartita, e nonostante il suo sviluppo venga raccontato off-screen, percepiamo tutti i sintomi di un lutto irrisolto con l’aggiunta della speranza che Nora sia in realtà viva da qualche parte. La soluzione, di nuovo, è avere una risposta al vuoto lasciato da una scomparsa che sia definitiva, a costo di essere drammatica.

Collateralmente, assistiamo alla chiusura anche per tutti gli altri personaggi di The Leftovers, dalla scomparsa di Matt e il commovente elogio funebre, al breve ma importante screentime dedicato a Laurie, che credevamo morta alla fine di “Certified” – ammettiamo di essere stati troppo fatalisti, siamo stati tratti in inganno – fino al futuro di Erika, John, Michael e di tutto il resto della famiglia Garvey. In un mondo in cui The Leftovers fosse continuato per un’altra stagione probabilmente ci sarebbe stato più spazio anche per loro, tuttavia questa chiusura è la più naturale possibile, visto il percorso vissuto e condiviso coi protagonisti. La serie di Lindelof e Perrotta ci lascia col viso rigato di lacrime ma inaspettatamente felici, riuscendo a chiudere con il giusto tono e la giusta dose di spiegazioni uno dei prodotti seriali migliori degli ultimi anni.

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