The RainSeason 1 Recap: niente di nuovo in Danimarca

Season Recap La prima serie danese di Netflix ci trasporta in una Danimarca postapocalittica, colpita da una pioggia che uccide le persone. Purtroppo, malgrado la premessa interessante, lo sviluppo della storia presenta qualche problema...

5.0

C’era una grande attesa per questa nuova serie targata Netflix e prodotta in Danimarca, soprattutto dopo aver assistito a come in Brasile avevano affrontato il genere distopico in 3% e in Germania avessero preso di petto la fantascienza e i viaggi nel tempo con Dark.
Una pioggia letale che uccide le persone, un bunker nascosto nelle foreste danesi, due ragazzi che dopo sei anni escono finalmente da questo riparo sicuro per avventurarsi nel mondo esterno, o in ciò che ne è rimasto dopo questo lungo periodo.
Gli ingredienti per qualcosa di molto buono c’erano tutti, e ci attendevano grandi cose da questa serie quasi postapocalittica ambientata in Danimarca. Forse, a posteriori, ci si attendevano cose troppo grandi.

Purtroppo la trama di questa serie risulta parecchio scontata, e i colpi di scena finali riguardo il padre dei due fratelli, l’Apollon e il ruolo di Rasmus in tutto questo sono prevedibilissimi e ampiamente attesi.

Chi avrebbe mai immaginato, visti i ripetuti flashback già nel primo episodio, che il paparino che conduce la famiglia a un bunker segreto prima che scoppi la pioggia, che poi scompare per andare a cercare di risolvere il problema e che vediamo giocare con strani virus per curare il figlioletto malato, fosse tra i responsabili di questo disastro?

Chi avrebbe mai immaginato che questa gigantesca azienda che non si capisce bene se sia farmaceutica, chimica o che altro, talmente potente ed estesa da aver potuto creare e distribuire su tutto il territorio un numero imprecisato di bunker segreti e ipertecnologici pronti a durare per numerosi anni in condizioni proibitive, potesse mai avere qualcosa di losco? Cose mai viste, eh?

E dopo le enormi raccomandazioni del padre a Simone affinché la ragazza proteggesse a ogni costo il fratello visto che lui era importantissimo ed era la soluzione, quale sorpresa nello scoprire alla fine della stagione il suo ruolo inconsapevole!

Purtroppo questi non sono gli unici problemi di una serie banale, ma solo gli elementi privi di originalità che invece sarebbero dovuti essere i punti di forza della storia.

Quando tante piccole cose sbagliate si susseguono, si ottiene l’effetto di allontanare lo spettatore dalla serie, si recide il legame empatico con i personaggi. E a quel punto la serie viene vista senza partecipazione.

Gli altri problemi risiedono in attori le cui interpretazioni non convincono particolarmente e in piccole cose che ci tengono emotivamente distanti dalla serie, che ci impediscono di immedesimarci o di trovare il tutto credibile.

Come quando il gruppo di Martin, dopo aver seguito Simone al bunker, capisce come fare per forzare l’apertura della porta dall’esterno. Cosa che, a meno di un particolare background da militare specializzato di Martin, non trova alcuna spiegazione plausibile. Come del resto il fatto che questi cinque disperati siano sopravvissuti per sei anni in una città ormai morta come il resto del Paese, rimanendo ragionevolmente civili al contrario degli altri superstiti ormai regrediti a uno stadio barbarico e animale. Un evento abbastanza improbabile non tanto per la necessità di evitare la pioggia, o di venire catturati da un branco di superstiti o, peggio, dagli Stranieri, quanto piuttosto dal problema legato al cibo.

Se da sei anni la pioggia è letale al punto che inciampare in un rigagnolo d’acqua ti infetta automaticamente, e se pressoché immediatamente la civiltà è sparita causa scomparsa della maggioranza della popolazione, come si risolve la questione del cibo? Da quando al gruppo si uniscono Simone e Rasmus, ovviano al problema andando di bunker in bunker a depredarne le scorte alimentari. Ma per il resto? Se tutto scomparisse adesso, nei negozi quanto cibo troveremmo in grado di arrivare a sei anni di distanza? E per quanta gente basterebbe, visto che non ci sono solo loro quattro ma un numero imprecisato di persone regredite a uno stadio primordiale e affamate, che sembrerebbero essere molte più di quanto non si potesse avere inizialmente supposto?
Oltre a individui che, dopo sei anni, ancora cercano di vivere come persone, da sole o quasi. Un’impresa impossibile e, infatti, solitamente appena le troviamo queste fanno una brutta fine.
Ma se la quantità di cibo a lunga conservazione sarà stata molto limitata e se dopo sei anni ci sono tantissime persone, da dove prendono il cibo? Considerando pure che gli animali non contraggono il virus ma ne diventano portatori sani, e quindi non sono commestibili, e che essendo l’acqua infetta non si può nemmeno coltivare qualcosa.
Probabilmente avranno sviluppato una qualche forma di fotosintesi. E l’acqua in bottiglia? Quanta diavolo ce ne era, e quanto diffusa, per consentire la sopravvivenza complessiva fino a ora?

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Abbiamo poi una questione cui non avevo pensato fino al momento in cui si arriva a un episodio che la tira in ballo: questa è gente che (a parte chi stava nei bunker) non tocca acqua da sei anni. Sei anni senza lavarsi neanche per errore, se ti lavi ti sparano perché sei infetto. Dovrebbero essere ridotti in stati miserabili, con vestiti putrefacenti, pelle ormai nera e indurita dallo sporco sedimentato, capelli probabilmente tenuti tagliati cortissimi per evitare pidocchi, denti in buona parte rovinati.
Invece sono tutti a posto, in ottima salute, denti perfetti, capelli perfetti, abiti puliti. Ma scherziamo?

E poi ancora questi Stranieri.
Truppe militari che arrivano con dei blindati, usano droni sofisticatissimi per individuare le persone in giro, le braccano e le catturano.
Ragionevolmente, dovrebbero aver completato l’operazione di pulizia della zona in pochissimi mesi, quantomeno togliendo di torno la maggior parte della gente. Probabilmente sarebbe bastato dopo qualche mese di stenti far presente che si era allestito un nuovo campo con cibo e medicine, e che tutti li seguissero per evitare contagi.
Invece fanno operazioni a metà tra la swat e rapimenti di predoni, prendendo poche persone per volta e poi andandosene via. Un comportamento completamente privo di senso e logica.

Ci sono comunque anche dei punti positivi, in questa serie, sebbene non tali  da oscurare le sue indiscutibili problematiche, né da invogliare a guardarne una seconda stagione.

Per cominciare abbiamo le storie personali dei membri del gruppo di Martin, storie che ci mostrano un poco della loro vita prima e dopo la pioggia.
Si passa dalla ragazza religiosa, figlia di una famiglia molto integralista, che a quanto pare ha ritenuto a lungo che la pioggia fosse colpa di una sua preghiera, a quello che un’altra ragazza invece era disposta a fare e ha fatto per assicurare la propria sopravvivenza e quella dei suoi compagni.
Si passa dal ragazzo mezzo delinquente, incapace di trovare un posto nella società e ritrovatosi all’improvviso da solo in un mondo morente, a quello che dopo la pioggia aveva trovato pace e affetto solo per vedersi sottrarre tutto questo brutalmente in pochi, terrificanti minuti.

Poi abbiamo la comune che il gruppo trova nel suo peregrinare, verso la quale si avverte subito un moto di istintiva diffidenza, ma la verità si rivelerà anche peggiore dei nostri timori.

E ci sono anche tre piccoli colpi di scena inattesi, tutti arrivati alla fine della serie, alcuni praticamente in contemporanea: una morte inaspettata, le conseguenze del legame tra Rasmus e il virus (e quindi, ormai, la sua condizione nella prossima stagione) e una considerazione cui in effetti non si aveva mai pensato durante i singoli episodi: ma se tutti quando piove si nascondono, come sappiamo che la pioggia sia ancora pericolosa?

Alla fine un po’ poco per una serie arrivata con enormi ambizioni ma sprofondata in una pozza di banalità e piccole inconsistenze.

Porcamiseria
  • 5.5/10
    Storia - 5.5/10
  • 4.5/10
    Tecnica - 4.5/10
  • 5/10
    Emozione - 5/10
5/10

In breve

L’idea di fondo della serie poteva essere interessante, ma non ci si è impegnati a darle qualche tocco di originalità. Le tante piccole inconsistenze logiche, poi, danno la picconata finale a una struttura traballante, non aiutata dalla recitazione dei protagonisti. Le poche cose buone non bastano a salvare questa serie, purtroppo.

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2.5/10 (2 votes)

Porcamiseria

5

L'idea di fondo della serie poteva essere interessante, ma non ci si è impegnati a darle qualche tocco di originalità. Le tante piccole inconsistenze logiche, poi, danno la picconata finale a una struttura traballante, non aiutata dalla recitazione dei protagonisti. Le poche cose buone non bastano a salvare questa serie, purtroppo.

Storia 5.5 Tecnica 4.5 Emozione 5
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