Twin Peaks3×01 The Return, Part 1 – 3×02 The Return, Part 2

Dopo più di due decenni, ritorniamo nella cittadina di Twin Peaks - ma non solo - per assistere all'evoluzione di una delle serie tv più discusse di sempre. Nuovi personaggi, nuove storyline, ma stessa atmosfera: la terza stagione di Twin Peaks promette di essere ancora più criptica e misteriosa delle precedenti.

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Sono passati più di due decenni da quello che è probabilmente uno dei cliffhanger irrisolti più celebri della storia della televisione. La serie cult creata da David Lynch è stata senza ombra di dubbio il capostipite dei prodotti televisivi moderni, e ha contribuito con il suo forte ascendente a plasmare il modo in cui concepiamo le serie tv ai giorni d’oggi. L’influenza di Twin Peaks – un peculiare miscuglio tra thriller, horror e soap opera con elementi grotteschi e comici – trascende il genere whodunit e ha contribuito al superamento della visione delle serie tv quali prodotti adatti alla sola fruizione occasionale, o caratterizzati da episodi autoconclusivi.

“I’ll see you again in 25 years”, diceva Laura Palmer ad un allora giovane Dale Cooper all’interno della Loggia Nera; non a caso, ben 25 anni dopo, grazie a Showtime riprendiamo le redini del racconto con questi episodi, che però rappresentano di fatto poco più di una mera introduzione al nuovo ciclo della serie.

Prima di analizzare i primi due capitoli di questo nuovo corso di Twin Peaks si rende necessaria una doverosa premessa: Lynch ha scritto e diretto tutti gli episodi, e la sua influenza nella scrittura e nella regia è innegabile. Chi pensava che la serie avrebbe adattato i tempi e le modalità di narrazione agli standard moderni avrà una grossa sorpresa già nei primi minuti di questa premiere. Lynch si prende infatti ancora una volta i suoi tempi: i lunghi silenzi, i dialoghi didascalici e criptici, l’atmosfera opprimente di certe location sono assolutamente identici a quelli che hanno deliziato milioni di spettatori 25 anni fa e catapultano lo spettatore nello stesso mindset dell’epoca.

Se c’è qualcosa che è invece cambiato radicalmente rispetto alle prime due stagioni, semmai, è il bilanciamento tra le varie “anime” della serie: questa lunghissima doppia premiere è cupa, sanguinosa e violenta come mai la serie era stata prima d’ora. Sotto tale aspetto, questa terza stagione sembra molto più somigliante al film prequel Fuoco Cammina con Me che ai primi due cicli televisivi, caratterizzati invece da quella sapiente amalgama di inquietudine e humour grottesco che sono diventati il marchio di fabbrica della serie. Se all’epoca una mescolanza tra queste due caratteristiche diametralmente opposte si rendeva necessaria, con il fine ultimo di rendere il nuovo prodotto più leggero e appetibile alle masse, ad oggi l’evoluzione delle serie tv (e dei suoi spettatori) renderebbe questo mix inadeguato e confusionario.

Tanta (troppa?) carne al fuoco

Ottima quindi la scelta di Lynch di dare un taglio più attuale e oscuro alla sua creazione, decisione che si rende necessaria esaminando nel dettaglio i due filoni principali della storia. Da un lato ci viene mostrato il prosieguo della storia di Dale Cooper – o meglio, del vero Cooper ancora intrappolato nella Loggia e del suo doppelgänger, uscitone nel finale della seconda stagione e ora dedito a non meglio specificate attività criminali – e dall’altro un intreccio del tutto nuovo ambientato nelle città di New York e Buckhorn (South Dakota), abbandonando il setting fisso nella cittadina di Twin Peaks a favore di uno sguardo più globale, che potrà sicuramente sfruttare meglio le numerose interconnessioni tra i personaggi sparsi per gli USA.

Se è vero che l’arco narrativo di Cooper si riaggancia alla perfezione al Twin Peaks che già conosciamo riproponendone i temi e le sensazioni (i dialoghi nella Loggia e in generale tutte le situazioni ambientate in città sono talmente simili a quelli originali da lasciare spiazzati), è lampante come una grossa sezione dei primi due episodi sia volta all’introduzione di una miriade di nuovi personaggi e linee narrative all’apparenza totalmente avulse dal contesto del protagonista, con una veemenza a volte eccessiva.

L’omicidio di Ruth Davenport ripropone, ad esempio, le dinamiche whodunit tanto care alla serie, ma allo stato attuale l’intera vicenda manca della potenza narrativa del vecchio mistero principale della serie – la ricerca dell’assassino di Laura Palmer – finendo per azzoppare leggermente il ritmo di questa premiere.

Interessante anche l’efferatezza degli omicidi, leggermente fuori contesto ricordando la relativa eleganza con cui ci venivano mostrate le morti nella serie originale, scelta obbligata dell’epoca forse anche a causa dei limiti tecnici.
Più magnetiche e inquietanti risultano le vicende legate alla scatola di vetro, elemento che sembra rappresentare una sorta di passaggio per la Loggia (nel finale vediamo il vero Cooper, appena rilasciato da MIKE e dall’evoluzione del Nano, imprigionato proprio al suo interno). La natura e l’origine di questo strumento non sono tuttavia ancora chiare, ed eccezion fatta per il legame con la Loggia lasciano poco adito a speculazioni. Come spesso accade in Twin Peaks, quindi, gli interrogativi sono sicuramente molti più delle risposte.

My Log Has a Message for You

Le “vecchie guardie” della serie occupano, in realtà, un minutaggio estremamente limitato rispetto a quanto ci si sarebbe potuto aspettare in questi primi due episodi. Verrebbe naturale infatti, a distanza di 25 anni, pensare a queste puntate quali episodi “ponte” che gradualmente accompagnino per mano lo spettatore verso le nuove vicende.

Lynch fa la scelta diametralmente opposta: eccezion fatta per la Log Lady (come sempre personaggio catalizzatore degli eventi), lo stesso Cooper, e un accenno dal sapore di fan service di pochi altri personaggi, la sensazione è spesso quella di avere a che fare con vicende introdotte in modo improvviso e troppo slegate dal vecchio arco narrativo.

La natura necessariamente introduttiva di questo episodio ci consente comunque di perdonare qualche lungaggine di troppo e qualche scelta inaspettata. La consueta perfezione stilistica che ha sempre caratterizzato la serie ci ricorda a tutti gli effetti che sì, Twin Peaks è ancora vivo e vegeto e ha ancora tanto da raccontare. Le due ore di visione scorrono relativamente lisce, catapultando nuovamente lo spettatore nel microcosmo di una delle serie tv più famose di tutti i tempi con la voglia di saperne di più. E se, a parte le ovvie motivazioni economiche, è questo lo scopo dell’operazione di revival di una serie culto, non possiamo che ritenerci soddisfatti.

Curiosità e teorie

  • Per qualche istante, all’interno della Loggia, riappare il Gigante che per l’ennesima volta fornisce a Cooper un indizio: “Remember 430, Richard and Linda, two birds with one stone”. Ovviamente, non c’è nessun elemento che ci consenta di decifrare queste parole.
  • Sarah Palmer sembra non aver ancora recuperato totalmente il senno nel corso degli ultimi 25 anni; l’abbiamo lasciata 25 anni fa dopo essere stata utilizzata come canale di comunicazione tra la Loggia e il Maggiore Briggs, e ora la vediamo per pochi minuti intenta a guardare delle efferate uccisioni tra animali in televisione.
  • Il pilot ha avuto il merito di togliere un dubbio che all’epoca assillò milioni di telespettatori dopo il finale della seconda stagione: abbiamo la certezza che il vero Cooper è chiuso all’interno della Loggia, e che quello che si trova fuori è doppelgänger. Non è chiaro, tuttavia, se BOB ha preso possesso del suo corpo.
  • Nella scena tra Cooper e Laura Palmer all’interno della Loggia viene riproposta l’iconica frase “I feel like I know her, but sometimes my arms bend back”. Questa frase era evidentemente riferita al fatto che durante la sua uccisione Laura era legata con le braccia all’indietro.
  • Michael J. Anderson, l’attore che interpretava il Braccio nelle prime due stagioni e in Fuoco Cammina Con Me, ha rifiutato di prendere parte alle riprese di questo sequel. Egli rappresentava il “braccio” di MIKE, mutilato per sancire il suo distacco da BOB, e la centralità del suo ruolo nella mitologia della serie è stata aggirata facendo “evolvere” il suo personaggio in una sorta di albero neurale sormontato da una massa organica parlante.
  • Nelle scene ambientate a New York si percepisce al meglio la volontà di Lynch di comunicare un messaggio meta-narrativo al telespettatore: la presenza delle telecamere è ossessiva, e la curiosità con cui i due ragazzi osservano la teca vuota in cerca di qualcosa che li soddisfi può essere vista come una metafora della ricerca di un senso da parte del telespettatore nella fruizione di prodotti cinematografici o seriali. Molto spesso, è meglio lasciarsi trasportare.
3.5

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