Twin Peaks3×05 The Return, Part 5 – 3×06 The Return, Part 6

Dale Cooper continua a lottare per riprendere coscienza di sé, mentre a Twin Peaks compaiono i primi, attesi indizi. L'intuizione è la chiave di volta per ogni mistero, e David Lynch ci chiede ora, a gran voce, di abbandonare pretese di eccessiva razionalità

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Twin Peaks è sempre stata una storia incentrata sull’atmosfera, sulle suggestioni e sulle emozioni viscerali, più che un ordinato e schematico procedurale. Il mistero della storia originale fu un contorno invitante per qualcosa di più grande, ora veicolato a distanza di 25 anni da un Dale Cooper ancora non in contezza di sé. L’incedere lynchiano della vicenda, metodico per usare un eufemismo, va gustato e apprezzato nelle metafore e nelle intuizioni, piuttosto che nella mole di eventi che accadono nel singolo episodio.

The Return, Part 5

Quello del ritorno di Twin Peaks è un delicato equilibrio tra realtà e immaginazione, tra assassini efferati e sguardi contemplativi, conditi da ironia e coincidenze fortuite. “The Return, Part 5” passa in rassegna i veicoli narrativi dell’opera di Lynch e Frost: Dougie Jones è spinto alla quotidianità nonostante non capisca che fare di ciò che ha davanti, abitato dallo spirito di Cooper che fa passi avanti, tra “case files”, caffè nero e la fissa per le scarpe andate perdute nella dimensione parallela; Evil Cooper ci mostra il ghigno di BOB, facendoci trasalire e rabbrividire come fosse la prima volta; altri veicoli, vere e proprie auto, saltano in aria sbagliando vittima, per un crudele scherzo del destino.

Accanto all’aspetto meta-esistenziale, altri elementi addensano la nebbia misteriosa che invade la storia di Dale Cooper. L’elettricità è sempre stata un subdolo elemento chiave in Twin Peaks, ancora più evidentemente nel momento in cui abbiamo sotto gli occhi il potere di Evil Cooper. Il controllo del sistema di sicurezza della prigione è la punta dell’iceberg, visto ciò che il doppelgänger ha creato per la sua controparte reale: in Argentina una scatola nera si trasforma, accartocciandosi in una piccola pepita d’argento, in modo del tutto simile alla sfera dorata generata dall’artefatto Dougie; la segretaria Lorraine attiva il meccanismo tempo prima, mandando uno strano messaggio; i due corpi mutilati trovati nel South Dakota hanno al loro interno un anello di dedica a Dougie, mentre le impronte di Garland Briggs vengono rilevate nello stesso luogo.

I campanelli d’allarme risuonano lungo tutto l’episodio più nitidamente che mai, e si ha il sospetto sempre più forte che la realtà di Dougie sia stata costruita a tavolino, per distruggerla nel momento del ritorno di Cooper, con troppe persone attorno a lui a volerlo morto per semplici motivi di gioco, o che addirittura l’intera famiglia di Dougie potrebbe non essere umana – notate come Sonnie Jim sbatte le palpebre al contrario, mentre viene osservato in silenzio da Cooper.

La parte dedicata a Twin Peaks non ha la stessa aura misteriosa né la stessa capacità di coinvolgere della storia di Cooper in “The Return, Part 5”, con il delirio di Jacoby che ha il merito di palesare – sebbene risulti esageratamente prolissa – la critica al sensazionalismo e al complottismo online, mentre la discendenza di Shelly ha le stesse brutte abitudini di Laura Palmer, a dimostrazione che non si impara mai dagli errori. Amanda Seyfried è calata alla perfezione nel ruolo, con il close-up sull’auto mentre prende velocità a darci ottime vibrazioni, quasi come se fossimo noi sul sedile del passeggero a contemplare il cielo.

Globalmente, questa quinta parte del nuovo Twin Peaks foraggia quanto basta le nostre menti, ci consente di restare fermi a contemplare, ma sovente pecca di ridondanza, nel voler dilungarsi oltre misura nelle inquadrature più statiche e interrompendo quel delicato equilibrio tra eventi significativi e silenziosa osservazione.

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The Return: Part 6

Se con la quinta parte di Twin Peaks il passo è estremamente lento e metodico, in “The Return, Part 6” si assiste a una curiosa accelerazione degli eventi e a un massiccio ritorno alla violenza e al mistero. Alcuni elementi ci colpiscono in pieno volto, come il veicolo di Richard Horne mentre investe il malcapitato bambino, nel fatidico luogo in cui Leland Palmer diede di matto in Fire Walk with Me, vicino allo stesso identico palo della corrente; altri si insinuano nelle nostre sinapsi più subdolamente, come gli strani disegni che Cooper fa nei suoi “case files”, guidato da dei minuscoli bagliori, o la commovente affezione per il distintivo.

Noi siamo come il datore di lavoro di Dougie, non sappiamo che senso dare a tutto, avendo davanti l’impressionismo di Lynch, fatto di pennellate significative, mai ovvie o banali. Eppure Cooper è perentorio e ripete a pappagallo, riuscendo tuttavia a dare nuovo significato a ciò che prende in prestito dagli altri:

Cooper: Make sense of it.

Improvvisamente tutto è collegato, il linguaggio in codice è decifrato, e l’intuizione ci tiene per mano. Ma non sempre è così facile.

L’intuizione fa da collante a “The Return: Part 6”, e non è nulla di logico o determinato da rapporti di causa-effetto: come Hank trova delle pagine – di diario? Nascoste da MIKE venticinque anni fa? – sotto il pannello della toilette, guidato da pura e viscerale intuizione, noi intuiamo il disastro che causerà l’assassino, che ucciderà Lorraine – a sua volta responsabile del fallimentare assassinio di Dougie – armato di punteruolo, sin da quando vedremo apparire quel quadrato rosso sullo schermo del pc. Sono delitti che insabbiano delitti, e non sarebbe niente di nuovo od originale, se non ci fosse dietro David Lynch.

Il nostro unico compito, mentre veniamo affascinati dalle suggestioni ultraterrene, è unire i punti e farci guidare dall’istinto: Albert e Gordon hanno la logica dalla loro, ma la vera chiave di lettura è quella di Diane – reale e palpabile dopo 25 anni, interpretata da Laura Dern – che potrebbe essere in grado a discernere il vero Cooper da quello posseduto da BOB con quel sesto senso ormai indispensabile per i casi toccati dalla rosa blu.

L’intuito e la potenza dei ruoli femmilini, se già accennati con l’arrivo di Diane, acquistano concretezza nella sequenza dedicata a Janey-E contro gli strozzini di Dougie: la moglie comprensiva lascia il posto ad una donna risoluta e incazzata nera, tanto nera da arrivare a spaventare i malcapitati estorsori, che si accontenteranno di poco più del debito fatto dal marito.

Il suo è un delirante e spassoso fiume in piena sul 99% del mondo, sulle fatiche di mantenere una famiglia e sulla frustrazione di una donna che ultimamente ne sta vedendo e sentendo troppe – salutiamo Jade, che ricordiamo aver spedito la chiave dell’hotel a Twin Peaks -; per Naomi Watts, lateralmente, è un’ottima dimostrazione di talento, finora offuscato dalle stranezze di Cooper.

“The Return, Part 6” aggiusta il tiro e ci lascia con le giuste sensazioni, iniziando a collocare anche Twin Peaks nel quadro generale della serie, e arrivando persino a svelare “misteri” di qualche lustro fa, dando forma umana a colei che conoscevamo solo tramite un registratore. Intuitivamente, il tracciato psicologico di Cooper si sta ricomponendo e anche noi, come MIKE, vorremmo urlare al protagonista che è ora di svegliarsi dal torpore.

4.5

 

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