Twin Peaks3×11 The Return, Part 11 – 3×12 The Return, Part 12

In Twin Peaks, oltre ad attesissimi ritorni, si assapora di nuovo la mitologia che porterà tutti, inevitabilmente nello stesso luogo. Sono due episodi che hanno a che fare con l'ignoto e l'inaspettato, il primo per i personaggi di questa storia, in senso più strettamente metafisico, il secondo per lo spettatore, grazie alla volontà di David Lynch di sperimentare con i meccanismi narrativi della televisione contemporanea.

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Twin Peaks è sempre stato uno show totalmente scollegato dalle usuali regole narrative della televisione moderna e contemporanea. Non c’è un progresso univoco, non sempre i toni nei dialoghi sono come ce li aspetteremmo da una serie tv, è tutto un’alternanza tra elementi paranormali, spiegazioni didascaliche e stranezze immotivate, con un eventuale messaggio sociale.

“The Return, Part 11” è un insieme di misticismo e allarme per la nuova generazione, mentre “The Return, Part 12” è l’episodio anticlimax per eccellenza, con dialoghi ponderati, lunghe attese e il grande ritorno di Audrey Horne, presentato consapevolmente senza troppe cerimonie. In David Lynch abbiamo la maestria nel saper combinare elementi così eterogenei in un unico prodotto televisivo, ma capita di chiederci se a volte non calchi troppo la mano col suo personalissimo stile.

The Return, Part 11

Il sottotesto di Twin Peaks come storia di abusi verso il genere femminile ritorna in superficie con la vita di Becky e del suo fidanzato tossico. Volendo essere cinici si direbbe che buon sangue non mente, visto il passato di Shelly, ed è persino evidente la sua incapacità di gestire il rapporto con la figlia: è una continua corsa al salvataggio, con tanto di scena adrenalinica – più vicini a Grindhouse di così si muore – sul cofano dell’auto e un tentato omicidio, e Shelly non sa che pesci prendere per far allontanare Becky dalla cattiva influenza; è anche la negazione imperterrita di un abuso di cui tutti sono consapevoli, con la ferma convinzione che la persona amata possa cambiare e migliorare; soprattutto, è la testimonianza di quanto l’ingenuità sia quasi un tratto genetico, mentre Shelly corre da Red come una ragazzina, ignara – forse – del suo lavoro sporco da trafficante. Bobby Briggs assiste rassegnato ad una situazione che non potrà mai cambiare, finché le parti in gioco non decideranno di fare un passo avanti, poco conta il distintivo.

Le nuove generazioni sono problematiche quanto le vecchie, in un episodio pieno di ragazzini dai comportamenti preoccupanti. L’incipit ci pone subito in quell’ordine di idee, con i due bambini che scoprono Miriam Sullivan intenta a salvarsi dopo l’attacco di Richard Horne, in una scena stranamente angosciante, mentre il proiettile che piomba nel Double R Diner ci fa trasalire e ci avverte del pericolo delle armi da fuoco: non è del tutto un incidente, la posa del bambino è sintomo di consapevolezza e di imitazione dell’adulto; la disturbante scena nell’auto dietro di loro, totalmente fuori contesto, è la follia dell’alterco, caos urbano e completo rifiuto del contesto sociale causato dalla follia del momento. Lynch veicola un messaggio sociale e lo fa a suo modo, scuotendoci con una scrittura erratica ma efficace.

Torna anche il cuore mitologico della serie, con il viaggio di Gordon Cole nel vortice della Loggia e la minaccia dei woodsmen già assaporata in “The Return, Part 8”. È un incontro violento, suggellato dalla fine di William Hastings con la testa spappolata, e non c’è aiuto umano che possa servire, mentre il braccio ritrovato dagli agenti porterà in un luogo che già conosciamo. Hawk ha il compito di spiegare la mappa mistica di Twin Peaks, con i rimandi agli elementi centrali della serie: l’elettricità, il fuoco e il suo utilizzo – si avverte il parallelo con l’esplosione atomica che ha originato il disastro – il mais/garmonbozia e tutta la simbologia sottostante; rimane solo l’incognita di un simbolo, lo stesso simbolo presente sulla carta di Dark Cooper, carico ancora di un mistero non svelato.

L’attenzione della serie è sempre stata al connubio tra forze mistiche e investigazione tradizionale, con le prime vincenti soprattutto quando le forze in gioco sono così evanescenti. Anche il percorso di Dougie/Cooper è all’insegna dell’elemento spirituale, grazie ad una provvidenziale cherry pie: l’apparizione nel sogno di Bradley Mitchum è un evidente deus ex machina, il quale però non priva la sequenza di quella potenza narrativa fatta di simboli che, seppur autoriferiti, circondano Cooper senza che lui se ne accorga, intrappolato com’è nel suo torpore. La nota stonata è Jim Belushi, eccellente in altri ruoli ma poco credibile in questo show, nonostante lo sforzo profuso porti comunque ad un discreto risultato.

“The Return, Part 11”, oltre ai suoi messaggi in codice, è un episodio ricco anche di contenuto emozionale, sia esso veicolato dall’adrenalinico assalto di Becky, dal vortice nella Loggia Nera e le sue nefaste conseguenze, o dalla cena di Dougie e dei fratelli Mitchum, con note più malinconiche. Si arriva a fine episodio provati dall’esperienza, ma soddisfatti di averla vissuta, dopo un giro a trecentosessanta gradi nelle varie realtà che popolano la creazione di David Lynch, dalla più rassicurante alla più disturbante. 4.5 Porcamiseria su 5.

4.5

The Return, Part 12

Si può considerare un episodio come una vera e propria truffa? “The Return, Part 12” potrebbe fregiarsi di questo nome, vista la sua costruzione anticlimatica. È soprattutto il ritorno di Audrey a contravvenire ogni regola tradizionale dello storytelling televisivo – come se non sapessimo con chi abbiamo a che fare in Twin Peaks – ma non è questo il problema: il problema è, similmente alla sequenza finale del Bang Bang Bar, il riferire delle storie e dei nomi totalmente slegati al contesto e a noi sconosciuti. La sensazione che proviamo è di essere fuori posto in una cena in cui si è gli unici a non conoscere gli altri.

Forse Lynch ha voluto essere meta-narrativo, cercando di comunicarci che dopo venticinque anni il mondo di Twin Peaks si è trasformato e può non essere più accogliente come in passato. Il risultato è comunque straniante, vista anche la caratterizzazione rivisitata di Audrey, non più sassy e allo stesso tempo fragile, ma semplicemente adirata e inacidita con una mimica facciale esasperata dal dialogo con Charlie, probabilmente suo ex marito.

Diane: Let’s rock!

Si sperimenta con la scrittura, si fa della comicità dell’attesa una sequenza consistente di questa dodicesima parte, mentre Gordon manda via la sua ospite e pensa a trovare scuse con Albert, che di certo non la beve. Il ritmo è soporifero, ma almeno successivamente si ritorna su Diane e sul suo comportamento nebuloso. L’unica chiarezza su questa storyline è nei primissimi minuti, in una scena che ricorda la Red Room e le sue tende infinite, e serve da monito e da separazione di Diane dal resto del gruppo, dopo l’inclusione di Tammy in Blue Rose – i dettagli visivi dicono più di ogni parola, dalla scelta del drink alle rispettive posizioni attorno al tavolo.

Fortunatamente per un episodio altrimenti indigesto, ci pensano Benjamin Horne e il ritorno di Sarah Palmer a dare delle ottime Twin Peaks vibes a “The Return, Part 12”, tra episodi di schizofrenia al supermercato, le famose pale del ventilatore da soffitto accese e curiose presenze in casa Palmer. Questo è il mistero che vorremmo, e l’interpretazione di Grace Zabriskie è impeccabile nel comunicare ogni sfumatura emotiva di un personaggio ancora sconvolto dopo due decenni. Non basterà per fare di questo episodio un’esperienza soddisfacente, ma almeno è un contatto con il nucleo centrale della storia di Twin Peaks meno deludente del ritorno che aspettavamo da undici episodi. 2.5 Porcamiseria su 5.

2.5

 

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