Dove avevamo lasciato Diego, Allison, Vanya, Klaus, Luther e il Numero Cinque? In un vortice che avrebbe dovuto teletrasportarli tutti (insieme). Ed è da quell’esatto momento che la scena riprende, consentendoci di scoprire i destini dei protagonisti della seconda stagione di The Umbrella Academy, dispersi singolarmente – uno/due per ogni anno a partire dal 1960 – per quel qualcosa di storto che non può far a meno di mettere i bastoni tra le ruote.
The Umbrella Academy non fa mai – a ragione – a meno di situazioni iperboliche e bislacche: Klaus è divenuto un profeta della patria, pur restando una tra le persone più sole del pianeta; Diego non si è liberato dell’hero complex e continua a voler dimostrare qualcosa al mondo salvandolo; Allison si è impegnata nel sociale, maritandosi e trovando l’appiglio necessario ad andare avanti; Luther si è dato alle lotte clandestine (e al cibo) per non pensare al suo dolore; Vanya ha convenientemente perso la memoria e si è ritrovata a fare da baby-sitter in una fattoria a un bambino silenzioso e introverso; il Numero Cinque ha sempre un’apocalisse tra le mani da sventare e non può far altro che provare incessantemente a risolvere ogni cosa, da solo e con l’aiuto dei familiari.
È dalla vita di ognuno che si parte con la scoperta di una nuova e incombente apocalisse, la scusa per riunire nuovamente tutti e portarli ancora una volta a scegliere tra la propria vita personale e il dovere nei confronti della famiglia. Forse non si tratta nemmeno più di una scelta, dal momento che è quasi impossibile sfuggire al tempo e al destino quando si parla della Academy.
Le avventure della famiglia Hargreeves sono, senza ombra di dubbio, incredibilmente esilaranti; ma cosa manca a The Umbrella Academy? Forse quel pizzico di originalità e una trama strutturata, che non coinvolga soltanto scenette musicali (adorabili è vero, ma molto numerose) o diatribe familiari o apocalissi. La serie, difatti, non si poggia su quel che vuole raccontare, ma piuttosto sui protagonisti e il loro modo di comportarsi ed esistere.
Più di ogni altra cosa, inoltre, quello che conquista è l’amore, seppur disfunzionale, che porta l’Umbrella Academy a restare unita e leale, qualunque cosa accada. E siamo seri quando diciamo qualunque.
L’introduzione di elementi di novità quali la comparsa del padre che ha generato tutti i traumi dei suoi “figli” – in un modo che consente di farlo conoscere un po’ meglio agli spettatori – o di un nuovo personaggio dotato di poteri, Lila o ancora la capacità di Vanya di trasmettere il suo potere, riesce a rendere il ritmo frizzante e la visione difficilmente noiosa.
Una nota di merito va anche a una villain incredibilmente chic, una Handler stratosferica intrepretata da Kate Walsh, che non delude proprio perché sempre fedele ai propri principi; e a Ben, il fratello morto mai considerato ma in questa stagione fondamentale per salvare letteralmente il mondo.
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6/10
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7/10
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7/10
Summary
The Umbrella Academy riesce, ancora una volta, nell’intento di divertire, pur non poggiandosi su una trama forte e ben strutturata. La sufficienza è ampiamente superata, ma c’è margine per renderlo un prodotto qualitativamente superiore.
Porcamiseria
The Umbrella Academy riesce, ancora una volta, nell’intento di divertire, pur non poggiandosi su una trama forte e ben strutturata. La sufficienza è ampiamente superata, ma c’è margine per renderlo un prodotto qualitativamente superiore.
Storia 6 Tecnica 7 Emozione 7