Vikings4×13 Two Journeys

Ragnar e Ivar avranno finalmente quel confronto padre-figlio rimandato da ormai troppo tempo, e si troveranno più uniti che mai nel fronteggiare le avversità. Bjorn sarà costretto a scendere a patti con il suo caro vecchio zio, traditore del suo sangue e della sua terra. Lagertha è pronta a riprendersi ciò che le era stato sottratto molti anni addietro.

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Se i primi due episodi della seconda parte di stagione possono essere considerati come un sostanziale invito, una sorta di preludio a ciò che sarà di Vikings nel futuro più prossimo, ecco che in questa puntata la serie riacquista quella struttura ramificata a cui ci ha abituato nella maggior parte delle occasioni. Ramificata perchè la storia riprende a svilupparsi in più ambientazioni, tornando a delinearsi anche negli altri due scenari principali che la contraddistinguono, ovvero Francia e Inghilterra. Come suggerisce il titolo stesso dell’episodio, questi quaranta minuti si snodano a intermittenza tra i due viaggi, o meglio tra le due spedizioni che erano già state preannunciate a gran voce nelle puntate precedenti.

Da una parte Ragnar, dall’altra Bjorn. Da una parte il padre e dall’altra il figlio. Da una parte il desiderio di riscatto e redenzione e dall’altra la brama di fama e grandezza. Entrambi affamati, decisi e motivati da quel fuoco ardente che brucia nel sangue dei Loðbrók.

Vikings 4x13 Two Journeys recensione

Le forze di Ragnar sono state abbattute dalla tempesta, spazzate via con la maggior parte delle armi, risparmiando solo il vecchio guerriero e un piccolo, sparuto gruppo di uomini.

I seguaci di Ragnar sono stanchi, sfiduciati e tentano con scarso entusiasmo di aggrapparsi al loro leader, che non sembra molto più sicuro di loro sul da farsi. O almeno è quello che lascia credere a tutti, compreso in un primo momento anche al giovane Ivar, il ragazzo sfortunato sempre tenuto in una sfera di cristallo, protetto ed isolato dai pericoli del mondo esterno, desideroso anche lui di riscatto. Riscatto agli occhi di se stesso e del padre, il grande guerriero leggendario che ha fatto e visto tutto e nei confronti del quale non desidera più mostrarsi debole o diverso.

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Non a caso i dialoghi più significativi e rivelatori, li possiamo ritrovare nelle intense conversazioni che intercorrono tra padre e figlio lungo tutti i quaranta minuti. Sembra quasi come se la vecchiaia, lo sfiorire inesorabile degli anni, abbia portato Ragnar ad esporsi anche solo per un momento nei confronti di quel figlio sempre visto con occhi di disprezzo e compatimento, ma al quale ora guarda quasi con una sorta di particolare ammirazione.

Di forte impatto la scena in cui Ivar tenta con tutte le sue forze di mettersi ritto sulle gambe come ogni altro uomo lì presente, cercando di disincastrare il marchingegno attaccato ai suoi arti deformi che gli avrebbe permesso di essere finalmente normale, finalmente come tutti gli altri.

Ma Ragnar lo getta via con forza, cercando di spronarlo ad abbandonare quel disperato desiderio di omologarsi a tutti gli altri e di abbracciare invece la sua diversità, il suo essere unico e particolare, perchè solo in quel caso avrebbe finalmente potuto ambire alla grandezza.

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Ivar confessa al padre, con il cuore in mano, i suoi turbamenti più profondi, le paure che lo portano a credere che Ragnar si sia pentito di essersi addossato il peso di un inutile storpio, e che avrebbe preferito ucciderlo, proprio come il giorno in cui è nato.

E’ in questo preciso istante che gli “scudi” del vecchio guerriero (almeno quelli metaforici) si abbassano per un breve, ma significativo momento: mai ci saremmo aspettati di vedere un Ragnar sulla difensiva, un Ragnar che ammette di essere stato nel torto per molto, molto tempo. La fervida convinzione che il grave handicap di Ivarr abbia reso il ragazzo un vile e un debole, è stata abbandonata piano piano, nello stesso momento in cui abbracciava la convinzione di avere un figlio speciale, con una tale forza morale e di spirito che nessuno dei suoi intrepidi e robusti fratelli avrebbe mai potuto possedere.

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Ragnar: “You’re special not inspite of your legs, but because of them!”

Con la consapevolezza di un legame più fermo e solido che mai, nel cuore della notte padre e figlio trucidano a tradimento tutti i loro compagni di spedizione. Questo era parte di un piano architettato in sordina da Ragnarr, che ha ancora tutte le intenzione di vendicarsi di re Ecbert.

Facendo un rapido balzo sulle coste della Normandia, ci troviamo alle prese con un altro “confronto familiare“, ma assai meno amichevole rispetto al precedente. Bjorn “Ironside”, come tutto il suo seguito del resto, nutre un profondo e sincero disprezzo nei confronti di quello zio che l’ha tradito. Che ha tradito il suo sangue, la sua fede e la sua terra, rendendosi responsabile della sconfitta di Ragnar e della morte di tanti guerrieri che un tempo chiamava fratelli. Ma Bjorn deve a malincuore stringere i denti e chinare il capo nei suoi confronti, perchè in certi casi il raziocino è la migliore, se non l’unica scelta possibile.

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Se le sue speranze grandezza e di conquista del Sacro Romano Impero vogliono rimanere vive, il ragazzo ha bisogno di un sicuro passaggio lungo le coste della Normandia per potervi giungere incolume, e questo non dipende da altri che Rollo.

La maschera di altezzosa superiorità, di quell’atteggiamento nobile, pomposo e distaccato costruitosi in tutti questi lunghi anni lontani dalla sua terra e dalla sua gente, crolla repentina al primo alito di vento. La propria natura si può modellare, smussare, scolpire fino a farla diventare nient’altro che l’ombra di quello che realmente siamo, ma alla fine riaffiorerà inesorabilmente sulla superficie della spessa patina di menzogne che volenti o nolenti abbiamo creato.

A Rollo è bastato sentire profumo di mare e di avventura per gettare via in un istante la vita che si era costruito negli ultimi anni: una bella moglie, dei figli e un invidiabile posizione sociale.

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Ma che valore ha tutto questo per chi è vichingo fino alla punta dei capelli? Per chi fa delle conquiste e dalla battaglia la sua seconda pelle? Nemmeno l’ultimatum della principessa sembra smuoverlo dalle sue ferme intenzioni.

Rollo: “When you hear thunder, it’s only a thunder. But  for me it is still Thor beating is hammer!”

Rollo acconsente alla richiesta di Bjorn ad una sola condizione: che possa anche lui far parte di questa nuova ed emozionante avventura, per poter ancora sperare in un posto speciale nel sacro e agognato Valhalla. E così effettivamente accade, con le navi di Bjorn che salpano dalle coste della Normandia arricchite da un Rollo in grande spolvero.

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Non è certo da includere nei “Two Journeys” del titolo, ma anche gli avvenimenti di Kattegat sono tutt’altro che secondari. Lagertha non fa promesse a vuoto, questo è certo. La regina Aslaug era stata avvertita chiaramente e a gran voce: lei non sarà mai la Signora di Kattegat.

Tutto ciò che ha fatto fino ad ora è stato tenere in caldo il trono fino al roboante ritorno di Lagertha, che mai ha dimenticato l’usurpatrice che ha stregato la mente del suo amato Ragnarr e scalzato lei dal posto che le spettava per diritto di conquista. Nessuna azione repentina o irrazionale da parte della guerriera, ma un potente atto di forza studiato da tempo per riconquistare ciò che le era stato sottratto.

Con un’armata al suo comando e l’aiuto di Torvi, Lagertha irrompe con forza a Kattegat dando battaglia al suo stesso popolo. Popolo che, una volta capito l’andamento favorevole dello scontro, decide di risparmiare, perchè in fondo quegli uomini sono sempre stati la sua gente, le persone in mezzo alle quali è cresciuta per anni.

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Con la vittoria di Lagertha, che ormai ci appare più che ovvia, vediamo l’episodio chiudersi con l’immagine di Aslaug la quale,con tutta calma, afferra una spada e si dirige verso l’uscita del suo palazzo.

I quaranta minuti si chiudono così, un po’ in sospeso, ma sicuramente nel futuro più prossimo verranno riprese le fila di questo spezzone di trama che tutti non vediamo l’ora di sapere come andrà a svilupparsi. Per il resto non possiamo dire nulla se non: ottimo lavoro autori! Già, perchè questo episodio, con i suoi dialoghi potenti e introspettivi, ha sviscerato in maniera rampante il vero cuore di Vikings e di tutti i suoi personaggi, sempre magnificamente costruiti ed interpretati. A tutto ciò si coniuga l’azione, sempre viva e presente in questa fantastica serie, sempre parte integrante dello scheletro generale della trama, ma inserita sempre nel modo giusto e al momento giusto. In conclusione, il voto dell’episodio 13 è di 4 porcamiseria e mezzo.

4.5

 

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