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Series Premiere Che siamo negli anni ’70 lo capiamo immediatamente dal modello dell’auto che avanza lentamente per una strada malfamata di New York e dal colletto della giacca dell’uomo al volante. Il nostro protagonista – che conserva ancora una certa dignità solo perché non abbiamo ancora scoperto che si chiama Richie Finestra (interpretato da Bobby Cannavale) – […]

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Che siamo negli anni ’70 lo capiamo immediatamente dal modello dell’auto che avanza lentamente per una strada malfamata di New York e dal colletto della giacca dell’uomo al volante. Il nostro protagonista – che conserva ancora una certa dignità solo perché non abbiamo ancora scoperto che si chiama Richie Finestra (interpretato da Bobby Cannavale) – acquista della cocaina e la consuma con l’urgenza disperata di un eroinomane. Così si apre la prima scena di Vinyl, serie di HBO (in Italia su Sky Atlantic ogni lunedì) creata da Mick Jagger e Martin Scorsese e che solo per questo merita una possibilità da parte di chiunque abbia passato almeno cinque minuti della propria vita ad amare il rock’n’roll. Mentre il nostro protagonista allinea le sue strisce sullo specchietto retrovisore che ha appena divelto, utilizzando il biglietto da visita di un detective della omicidi, sorge spontaneo un primo dubbio. Possibile che in una serie scritta da Jagger si sbagli così clamorosamente la tipologia del tossico? Un uomo che trema e si muove a scatti non ha appena acquistato degli eccitanti, ma dei sedativi. Primo spoiler: no, Mick Jagger non si è dimenticato le fondamentali differenze fra tossici, ed è per questo che la prima scena conviene tenerla a mente per tutte le due ore di questo episodio pilota.

Il nostro contempla il biglietto da visita e si accinge a comporre il numero sul telefono installato nella sua automobile, comunicandoci due cose: prima di tutto che è miliardario, perché ha un telefono in macchina in un momento storico in cui non è ancora stato inventato il walkman e in secondo luogo che è nei guai. A distoglierlo dal suo proposito ci pensa una mandria di ragazzi e ragazze che corrono urlando come ossessi verso l’ingresso di un locale. Incuriosito, Richie li segue. Vedendolo entrare nel locale, la prima cosa che ci si chiede se si ha una minima esperienza di concerti rock è “quando abbiamo smesso di andare ai concerti per divertirci davvero?”. Ok, sicuramente stiamo meglio senza il tappeto di siringhe nei corridoi, ma gli individui di ogni possibile genere e orientamento sessuale che si aggirano nudi e si accoppiano in ogni angolo del locale durante il live sarebbe decisamente un elemento da riproporre. Seguiamo Richie che si fa strada fra la folla a bocca aperta e resta a guardare con aria estatica la band sul palco, evidentemente ispirata ai New York Dolls.

Questo era l’intro, poi iniziano i flashback e quindi la storia vera e propria.

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Richie Finestra è un magnate dell’industria discografica, che ha costruito un impero partendo dal nulla e poi lo ha distrutto perdendosi in eccessi di ogni genere e riducendosi a frodare il fisco solo per restare a galla. Come ci sia riuscito non è dato sapere, visto che la prima mossa della sua scalata al successo consiste nel distruggere accidentalmente la carriera e la vita del suo unico cliente, il bluesman Lester Grimes. Finestra, in uno scivolone strategico, “vende” Grimes a un’etichetta che vuole fargli cantare solo motivetti ballabili e, al rifiuto dell’artista, oppone metodi di convincimento basati su un uso attento della mazze da baseball. E qui viene da dire: Martin, lo sappiamo che normalmente ti occupi di gente che appiana i disaccordi gambizzando il prossimo, ma la scena del boss che scende dall’auto solo dopo che i bulli hanno finito di pestare la vittima, per assestare il colpo finale, scivola un tantino nel cliché del mafioso italoamericano.

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Torniamo al nostro amico Finestra. Noi lo incontriamo a declino avviato, mentre sta per vendere la sua American Century Records alla tedesca Polygram. I compassati signori teutonici in giacca e cravatta, tuttavia, sono perplessi dalla gestione creativa dei libri contabili. Per convincerli, Richie e la sua allegra banda di collaboratori più o meno incapaci contano sull’imminente contratto che legherà i Led Zeppelin alla loro casa discografica.

Manager della Polygram: Come sta andando l’affare Zeppelin?
Richie Finestra: Meglio dell’affare Hindenburg.

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Da questo momento in poi, tutto ciò che può andare male lo fa. L’accordo con gli Zeppelin salta e, contestualmente, Richie commette un omicidio. La cosa lo sconvolge perché, nonostante abbia mediamente il senso morale di una murena, non era mai arrivato a uccidere un uomo con le proprie mani. Lo shock lo riporta verso gli eccessi che aveva abbandonato, con grande disappunto della moglie Devon, interpretata da Olivia Wilde, che per comodità chiameremo “Tredici-di-House”.

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Mentre il mondo dorato che ruota intorno alla American Century Records si sgretola impietosamente, l’unica a individuare una band di potenziale successo è Jamie, impiegata di infimo livello e spacciatrice per passione, che si imbatte accidentalmente nella nascita del punk per il semplice motivo che decide di portarsi a letto un insopportabile cantante inglese eroinomane, appena approdato in città.

La prima grave pecca della serie – che però, in tutta onestà, si può ascrivere per almeno il 50% alla realtà che questa descrive – sono le donne. Le donne di questa serie si dividono in due categorie: inutili e decorative. Quelle inutili sono le figuranti delle scene di folla, quelle decorative sono tutte le altre. La bellissima moglie che esiste solo per fare la moglie, l’assistente carina che se ha una buona intuizione ce l’ha soltanto per sbaglio, mentre è occupata a fare la groupie di un belloccio a caso, e le modelle ventenni prezzolate che si strofinano contro uomini di mezza età sudati come mortadelle al sole chiamandoli “Daddy”. Che il music business sia, ancora oggi, un ambiente orrendamente maschilista non ci sono dubbi, ma non c’è bisogno di essere Valerie Solanas per trovare fastidioso che il personaggio femminile “positivo” sia essenzialmente una ragazzina svampita che sceglie i musicisti da valorizzare in base al suo personale desiderio di accoppiarsi con loro.

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Seconda pecca della serie: un certo eccesso di carne al fuoco. La trama è sfilacciata in una serie di flashback, che ci raccontano gli inizi della carriera di Richie, alternando scene musicali quasi astratte alle riprese della linea temporale principale. Il risultato è una narrazione frammentata e poco scorrevole, tenuta insieme a fatica da una buona regia e da un cast eccellente.

Dal momento che è probabilmente presto per trarre delle conclusioni, chiudiamo con due grandissimi pregi di questo primo, lunghissimo episodio.

Il primo è senza dubbio la colonna sonora. D’accordo, per una serie curata da Mick Jagger una buona colonna sonora è il minimo sindacale, ma la sorpresa positiva è la quantità di ottimo blues e rock’n’roll delle origini, scelto soprattutto per raccontare i maldestri inizi della carriera di Mr. Finestra. Si va da Ty Taylor a James Brown, da Bo Diddley a Chris Kenner, da Otis Redding a Chuck Berry e Ruth Brown. Si prevedono compilation con le playlist tratte da questa serie sulle principali piattaforme di streaming e, se tutto va bene, adolescenti improvvisamente invasati per la Motown. Si segnala l’unica autocitazione di Jagger quando, al marito che dichiara di non volere una festa di compleanno, Tredici-di-House risponde “You can’t always get what you want“. Lo sappiamo che sei lì, Mick, esci da dietro il divano.

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La vera perla dell’episodio è la scena finale. Siamo di nuovo nel club dove, ora lo sappiamo, Richie è entrato, strafatto e sconvolto, per cercare di non pensare all’omicidio che ha commesso. Mentre ondeggia con sguardo vacuo davanti all’equivalente di David Johansen al suo massimo grado di ambiguità sessuale, che ruggisce Stranded in the Jungle e Personality Crisis, delle crepe iniziano a comparire nelle mura del locale. Di lì a poco l’intero blocco dell’edificio – fatiscente e abbandonato con la sola eccezione del club – collassa su se stesso. Fra le macerie di ciò che era il rock’n’roll si intravede solo un palco semidistrutto con qualche luce ancora accesa. Sotto le macerie Richie, miracolosamente quasi illeso, apre gli occhi, si solleva a fatica ed emerge, avviandosi malfermo per la strada deserta.

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