Vinyl ha raggiunto il terzo episodio e la sensazione è che, come spesso accade nei prodotti seriali, i primi due siano stati la necessaria premessa che darà un senso allo sviluppo della trama. Normale, necessario e perfettamente accettabile. Questo si presenta tuttavia come un episodio di transizione, che non prova neanche a partire in quarta, ma si limita a ingranare la prima e a muoversi timidamente in salita – il che potrebbe non essere un male.
Finalmente vediamo svilupparsi le conseguenze delle azioni del nostro protagonista. Solo delle sue, sia chiaro: niente di ciò che gli altri personaggi fanno ha il benché minimo effetto sulla trama, con la sola eccezione di Jamie, la scopritrice di punk band con almeno quattro anni di anticipo sulla nascita del punk. La sua determinazione è infatti strumentale nel convincere Richie a offrire un contratto discografico ai Nasty Bits, in una scena che ha del surreale. Mentre la band si esibisce in un locale ragionevolmente pieno, eseguendo una cover alquanto mediocre di All Day and All of the Night dei Kinks nell’indifferenza generale, Jamie convince (a bottigliate) il cantante Kip Stevens a cantare invece uno dei propri pezzi. Inspiegabilmente, lo stesso repertorio che, nel primo concerto della band, aveva spinto il pubblico ad aggredire fisicamente i musicisti, in questa circostanza provoca una generale ovazione.
Ma facciamo svariati passi indietro. Le conseguenze immediate delle azioni di Richie portano il nostro eroe a dover fronteggiare un tracollo economico e, come capita nelle migliori famiglie, questo lo costringe a discutere animatamente con la moglie Devon. Il meccanismo dell’empatia nello spettatore si inceppa leggermente, quando ci viene chiesto di solidarizzare con la difficoltà del protagonista di spiegare a Tredici-di-House che no, il loro nucleo familiare non può permettersi di donare 20.000$ al progetto di un coreografo scappato dalla cortina di ferro. Sono quei drammi devastanti alla Breaking Bad: c‘è chi è costretto a produrre crystal meth, per pagarsi la chemioterapia, e chi si ritrova a dover vendere il proprio ritratto in serigrafia fatto da Andy Warhol, per rifare il tetto di uno spazio performativo per ballerini dell’est europeo. Non mettetevi a discriminare fra i drammi, non sta bene. Quella virgola di assurdità in più viene dal fatto che a suggerire di “stringere la cinghia” sia uno che ha appena ripreso a rotolarsi nella cocaina come una cotoletta panata. La vita è fatta di priorità.
Le vicende strettamente musicali, tuttavia, ci regalano le due parentesi più belle dell’intero episodio. La prima è lo sviluppo della vicenda di Lester Grimes, al quale Richie ha portato alcune vecchie registrazioni dei suoi pezzi blues, con l’idea di rilanciarne la carriera. Grimes, che ha perso completamente la voce, tenta di accennare un brano e si perde in una straziante rievocazione di ciò che era e di ciò che avrebbe potuto essere la sua vita, sulle note di Smokestack Lightning. Fino a questo momento, Lester Grimes è il personaggio più affascinante della serie, se non vi piacciono i vincenti. È l’esempio perfetto della “carne da cannone” dell’industria musicale al suo peggio. Spremuto per il suo potenziale commerciale, che è completamente indipendente dal talento, abbandonato a un’esistenza miserrima una volta che quel potenziale è venuto meno. Chiunque desideri partecipare a un talent show dovrebbe vedere questa serie e provare a identificarsi con Lester Grimes, perché è quello il destino che aspetta la maggior parte di quelli che ce l’hanno quasi fatta.
Il secondo elemento meritevole – completamente secondario nella trama – riguarda il tentativo del giovane Clark (Jack Quaid) di mettere sotto contratto Alice Cooper come solista. Clark è uno dei tanti membri della squadra A&R licenziata in blocco da Richie Finestra, con la promessa di riassumere chi porterà un nome di rilievo all’etichetta. Per questo motivo il giovanotto rampante si lancia a capofitto sull’occasione di un incontro casuale, facendo una corte spietata a Cooper, il quale si mostra interessato all’idea. Dopo una serie di bagordi che includono un pitone su un campo da golf, il musicista finalmente esprime il proprio punto di vista. Nello specifico comunica al povero Clark che, quando la band era agli inizi e alla disperata rincorsa di un successo che non arrivava, Richie Finestra, all’epoca all’apice della carriera, li ha snobbati e umiliati. A conclusione del discorso, Clark viene preso e infilato non troppo gentilmente sotto una delle finte ghigliottine con le quali Cooper era solito farsi “decapitare” in scena. Questo simpatico siparietto è la perfetta esemplificazione di un principio validissimo non solo nell’industria musicale: tratta con rispetto le persone che incontri nell’ascesa, perché è molto probabile che siano le stesse che incontrerai quando inizierà il tuo declino. Un secondo insegnamento che si può trarre da questo episodio è “non fare incazzare uno che per hobby gioca con le ghigliottine”.
Questa era la sezione Jagger dell’episodio: miliardari afflitti dal dramma di essere meno miliardari di prima, l’eterno conflitto fra l’amare la musica e il voler fare fortuna, bellissime donne che rinunciano a fare la rivoluzione per fare il secondo figlio. Scorsese salta fuori con uno stacco nettissimo al grido di “questo lo stai scrivendo tutto tu, adesso tocca a me” e ci infila un paio di mafiosi con cognomi italiani. Non si tratta solo di mafiosi veri e propri – anche se non mancano neanche quelli, sia chiaro – ma anche semplicemente di italoamericani che della cupola hanno tutti gli atteggiamenti e i metodi. Uno per tutti, Joe Corso, che è stato testimone e complice dell’omicidio commesso da Richie e che usa questa nozione per spingerlo, con ricatti non troppo velati, a inserire nel roster della American Century Records una mediocre cantante i cui talenti principali non risiedono nella voce né nell’ispirazione. Nel frattempo, finalmente, viene alla luce il cadavere di Buck Rogers e Richie comincia ad avere legittimamente paura. Per noi questa è un’ottima notizia, perché almeno adesso non sappiamo cosa aspettarci, il che è il più grande regalo che la serie ci abbia fatto fino a questo momento.
Ecco i vostri tweet!
A quando uno spin off su Alice Cooper che gioca a golf? #Vinyl
— Mari(pigliati) (@mariscrooge) March 1, 2016
er sogno mio è che in italia producono 'na serie tipo #Vinyl co 'n produttore italiano in crisi che se risolleva quando scopre orietta berti
— Boosta Pazzesca (@boostap) February 28, 2016
Grazie a #Vinyl in questa settimana di influenza ogni volta che ho tirato su col naso mi sembrava di tirare coca peggio di Richie Finestra.
— Annalyzed (@niceut) February 29, 2016
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