Vinyl1×06 Cyclone

1x06 Cyclone più che un ciclone è una doccia gelata per chi ha amato e ama tutt'ora David Bowie, rappresentato nel peggiore dei modi possibili. Nel resto del sesto episodio di Vinyl non succede nulla, a parte le solite botte di coca, qualche scazzottata e un paio di trip, reali e immaginari.

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Come faccio a parlarvi di questa puntata di Vinyl, quando le uniche parole che mi vengono in mente sono “David Bowie” e “no”? A dire il vero me ne vengono in mente anche altre, ma dovrei riconoscere il copyright ai Prophilax. Dopo aver guardato l’episodio ho cercato freneticamente su IMDB, per individuare il direttore del casting: volevo sapere esattamente chi odiare e a casa di chi far recapitare un camion di letame fumante. Sono in due e per di più hanno scaricato il barile su una dozzina di assistenti, i vigliacchi. Lo so che nessuno dei personaggi reali è stato rappresentato in maniera esageratamente veritiera. So anche che le rockstar presenti sono per lo più dei grossi cartoni animati, che servono per ricordarci dove siamo, in che epoca, a fare cosa e ad evitare che le acrobazie nasali di Richie Finestra ci facciano credere di essere finiti a guardare la tribute band di Scarface. Lo so, ma niente di tutto questo mi consola, anche perché per nessun personaggio realmente esistito, vivo o morto, era stato fatto uno scempio simile. John Cameron Mitchell è un ottimo Andy Warhol e Julian Casablancas è riuscito a essere un dignitosissimo Lou Reed, per esempio. Ok, Robert Plant aveva un accento improponibile, ma era in scena per tre secondi e soprattutto è ancora vivo e, volendo, può risalire al direttore del casting e picchiarlo con uno dei cartelli che brandisce alle manifestazioni animaliste che frequenta ultimamente. Ma Bowie no.

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Noah Bean è un ragazzotto americano qualsiasi, forse anche bravo, che in Vinyl è stato sbattuto a fare la macchietta nel ruolo di una divinità del rock che di lì a poco avrebbe lasciato questo mondo infinitamente più povero, andandosene a 67 anni. L’unico motivo plausibile per il quale Bean può essere stato scelto per questa parte è che il suo naso, inquadrato dal basso, ricorda vagamente quello di Bowie. Il duca bianco era un androgino dalla grazia naturale e sovrumana, che camminava come se si stesse degnando di toccare terra. Bean è un quarto di manzo, inspiegabilmente truccato per somigliare a Cilla Black (googolate e ditemi che non ho ragione), che ha ritenuto opportuno riassumere Bowie in un roteare di polsi spezzati che ricorda il personaggio di Franco Tamburino di Faletti, muovendosi per il resto come quei maschi eterosessuali che si mettono i tacchi una volta nella vita, a carnevale, e quando camminano hanno paura che non si veda che hanno delle gonadi.

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Al tutto aggiungiamo il fatto che il suo accento inglese era paragonabile solo all’accento romano di Massimo Boldi in Fratelli D’Italia. Ma non è mica finita qui. Nella scena di massimo pathos della puntata, “Life on Mars” è presentata nella rivoltante cover di Trey Songz: uno di quegli obbrobbri tipo “Light My Fire” nella versione di Will Young. Gorgheggi a caso e autotune per “pettinare” e trasformare in una musichetta da ascensore un pezzo nato per farti sanguinare il cervello. Come potrebbe questa operazione essere più disgustosa? Ve lo dico subito: nell’episodio il pezzo è suonato al piano da un musicista ingaggiato per il Bat Mitzvah della figlia di Zak Yankovich. Un musicista che però non è Trey Songz e lo si capisce dal fatto che, a differenza di Trey Songz, è bianco. Come se non bastasse, alla fine dell’episodio, compare la scritta “In loving memory of David Bowie”. Vi meritate che il suo fantasma venga a infestarvi la casa.

Ok, mi sono sfogata, adesso vi parlo anche del resto della puntata. Con odio, ma ve ne parlo. Bowie, in tutto ciò, era il pretesto per fare vedere quanto la neo-socia Andy Zito sia sveglia e addentro ai meccanismi della nuova discografia. Un paradigma di “coolness” al confronto di Yankovich, che inanella una mezza dozzina di figure imbarazzanti in meno di un minuto di conversazione. Lei lo guarda comunque con benevolenza, perché probabilmente gli salterà addosso entro un paio di episodi.

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Richie passa tutta la puntata in compagnia del suo amico Ernst, una specie di lucignolo scandinavo interpretato dal bravissimo Carrington Vilmont. Ernst è la parte demoniaca di Richie e gli dà tutti i consigli che è giusto dare a un uomo nelle sue condizioni: fatti un altro drink, fatti un’altra botta, accoppiati con la segretaria nel bagno dell’ufficio. Quest’ultima impresa viene maluccio al nostro Richie, che scopre a sue spese perché “passami un altro paio di grammi di cocaina” è una frase che nessun pornoattore ha mai detto prima di un “money shot”. Alla fine dell’episodio scopriremo che, con un artificio narrativo mai usato prima nella storia di qualsiasi cosa, gli autori hanno dato a Richie un compagno inesistente, un’allucinazione generata dalle droghe.

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Il vero Ernst era il fidanzato di Ingrid (Birgitte Hjort Sørensen) ed è morto in un incidente automobilistico causato proprio da Richie molti anni prima. È il tipo di cose che possono succedere fra amici, se uno dei due guida essendo fatto come una biscia al sole e l’altro sta in piedi sul sedile del passeggero di una decappottabile, urlando che vuole un hot dog. Darwin non era mica un cretino.

Mentre Richie continua a drogarsi col finto Ernst, Tredici-di-House si intrattiene con la vera Ingrid in un misto di confidenze lacrimevoli e tenerezze che rimandano a una possibile passata relazione. Tanto per farci capire esattamente la funzione delle donne in questa serie, Tredici ci regala un bel nudo frontale completamente gratuito. Speriamo in Andy, perché altrimenti non se ne esce.

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Tutta la puntata è incentrata su Richie che delira di musica e dell’importanza della famiglia, una via di mezzo fra Rudy Zerbi e Adinolfi, parlando con la personificazione fantasma del suo senso di colpa. Non succede praticamente niente di rilevante dal punto di vista della trama. Ci sono solo tre eventi veri e propri in questo episodio.

Primo evento: Richie, siccome di casini con la polizia ne ha pochi, decide di rubare una macchina in un momento di particolare delirio col suo amico immaginario e ci si addormenta dentro. Quando si sveglia si ricorda che è sabato e si precipita, con sei ore di ritardo, al Bat Mitzvah della famiglia Yankovich. La sua intenzione è quella di scusarsi con l’amico per avergli rovinato il lavoro e la vita, ma, siccome è un tossico allucinato, finisce invece per fare a botte un po’ con tutti e si fa trascinare via mentre spergiura di essere pronto a salvare il mondo. Yankovich giustamente lo manda a quel paese, ma intuiamo che resterà nell’etichetta perché non gli dispiace l’idea di farsi un giro di valzer con Andy, visto che sua moglie lo tratta come un fallito fin dal secondo episodio.

Secondo evento: Kip abbasso-il-sistema Stevens non riesce a trovare un chitarrista che gli vada a genio per rimpiazzare quello che ha scaricato nell’episodio precedente. Richie lo maltratta ancora un po’ e lui, che è comunque un professionista maturo, mette il broncio e scappa via. Per rilassarsi entra in un negozio di chitarre e si mette a suonare male. Davanti a lui c’è un tizio che invece suona bene. Il tizio che suona bene, con una scusa, manda il commesso a cercare qualcosa in magazzino e scappa rubando la chitarra che ha in mano. Per Kip è amore a prima vista, così ruba anche lui una chitarra e poi lo insegue per proporgli di entrare nella band. D’altra parte, quando si hanno dei valori in comune, metà del lavoro è già fatto.

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Terzo e ultimo fatto: Devon torna a casa dopo aver passato un paio di giorni a farsi le canne in una comune di New York con Ingrid e il suo fidanzato, trova Richie che delira e, colta da un momento di passeggera intelligenza, acchiappa documenti, soldi, macchina e prole e giustamente lo pianta. Davanti a quest’ultimo choc, Richie si rende conto di avere passato le ultime 48 ore a parlare con un morto e gli viene il dubbio che possa essere il caso di smettere di pippare come un formichiere per reprimere il senso di colpa. Ci riuscirà? Abbiamo altre quattro puntate per scoprirlo. Considerando che il pezzo che chiude l’episodio è “Rave On” di Buddy Holly io non ci spererei troppo.

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Naturalmente, nella tradizione ormai consolidata delle apparizioni oniriche di Vinyl, il pezzo di Buddy Holly è cantato da un tizio vestito da Buddy Holly che per motivi ignoti sembra Peter Capaldi. Ma dopo aver visto una brutta drag queen nel ruolo Bowie non c’è più niente che possa ferirmi.

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