Black SummerSeason 1 Recap: ritorno alla selezione (in)naturale

Season Recap Prequel di Z Nation, l'estate si tinge di rosso sangue e dell'orrore nero della morte, dove sopravvivere diventa l'unico obiettivo. Ma ne vale davvero la pena? 

7.6

L’estate si avvicina, ma non per tutti è sinonimo di vacanze e divertimento, almeno non per gli abitanti del territorio a stelle e strisce. Nessun luogo è sicuro quando l’apocalisse si abbatte sulle nostre teste, ed è esattamente quello che vediamo in Black Summer, la serie prequel degli eventi narrati in Z Nation, ma concepita con la stessa logica che ha legato sinora le due serie The Walking Dead e Fear The Walking Dead.

Otto episodi lanciati su Netflix dall’11 aprile ci offrono una nuova e sana occasione di binge-watching in otto puntate, nelle quali assistiamo alla nuova produzione targata The Asylum, ma connotata da toni ben diversi rispetto a quelli che ci hanno raccontato le vicende narrate nella serie precedente datata 2014. La storia che abbiamo sotto agli occhi è solo relativamente paragonabile alle sopracitate TWD e consorte, in quanto il tema apocalittico e la concezione stessa degli zombie sono ben diversi, molto meno romanzati, quanto più atroci e decisamente crudi. Il prologo, bene o male, è lo stesso che abbiamo conosciuto agli esordi di Fear TWD: siamo al punto cruciale della diffusione del contagio di un virus tanto ignoto quanto mortale, mentre centinaia di persone stanno cercando riparo sui camion dell’onnipresente esercito americano.

Qui siamo subito introdotti all’unico volto piuttosto noto della serie, ma non il solo meritevole per l’interpretazione drammatica ed espressiva: parliamo di un’ammirevole Jaime King, che sveste i panni delle commedie romantiche nelle quali l’abbiamo vista recitare finora, per calarsi in un ruolo a lei inconsueto, ma recitato in maniera ammirevole, dimostrando la poliedricità dell’attrice. A onor del vero, la sua presenza sullo schermo è abbastanza sacrificata in favore di una trama multiplot, almeno agli esordi, dove non c’è un vero e proprio personaggio che possa assurgere a chiaro protagonista della storia. Durante questa corsa folle alla ricerca della salvezza e della speranza di arrivare allo stadio, unico luogo considerato sicuro e al di là della morsa sempre più stringente del morbo, viviamo l’esperienza di diversi personaggi, tutti nell’intento di raggiungere un luogo sicuro e le cui strade si incrociano per un attimo o per gran parte della trama.

È così che ci affacciamo su un’America alle prese con il punto più basso dell’apocalisse, assistendo al momento in cui una madre, Rose, perde sua figlia durante una terribile invasione zombie, e vede il marito morire sotto una scarica di proiettili di un falso soldato. Le cosiddette Zone Nere si estendono a macchia d’olio, aree in cui ci sono solo morti, dunque esseri davvero pericolosi. Il primo incontro che abbiamo con uno di loro ci dimostra l’essenziale distanza dagli esemplari di non-morti incontrati finora: non ciondolano, non basta una mazzata nel cranio, non passa del tempo prima che un cadavere risorga con l’anima marcia. Così ci leghiamo pian piano a pochi, ma tenaci superstiti che accompagnano Rose in questo viaggio nell’orrore, dove Spears, un pluriomicida e stupratore si rivela essere uno dei più affidabili combattenti, Velez combatte più con gli improperi che con un fucile a pompa e un’indomabile Kyung-son, semplicemente “Sun”, asiatica dalla forza indiscutibile che ricorda i migliori combattenti orientali.

L’intento è di creare la messa in scena di individui caratterizzati dalla casuale condivisione di uno spazio e di un tempo

Il tratto principale e mortale è la velocità con cui si muovono gli zombie, rincorrendo le loro prede troppo in fretta e ovunque, grazie anche a un’amplificazione dei cinque sensi. Si arrampicano sulle recinzioni, inseguono a perdifiato la loro vittima fino a impossessarsene, vanno a gattoni nei tunnel, servono davvero parecchi proiettili per abbatterli e hanno una forza incredibile, per essere morti de facto. 

Inutile dire che il chiaro obiettivo degli ultimi umani rimasti è quello di sopravvivere, ma la meschinità e l’istinto primordiale che vengono proiettati sullo schermo sono più acuti e spietati di altri universi concepiti sulla stessa falsa riga. L’intento qui non è tanto quello di creare una sorta di gruppo unito da un misero, seppur minimo e sincero sentimento di affetto nei confronti degli altri, quanto la messa in scena di individui caratterizzati dalla casuale condivisione di uno spazio e di un tempo massacrati dal male ignoto e l’immersione totale nella paura e nel continuo brancolare nel buio metafisico a cui assistiamo. Una storia ripartita sì in episodi, della durata variabile e sempre minore, ma a loro volta suddivisi in sezioni, ciascuna introdotta da una parola chiave, come una pièce teatrale, un’opera d’arte che necessita di un titolo per essere compresa. La bellezza di questa serie infatti è che il dialogo è spesso in secondo piano, lasciato solo nei momenti di estremo bisogno per connotare meglio la situazione e lo spirito con il quale si sta vivendo il dramma dell’esistenza totalmente caduca.

Come tanti fili uniti a formare una sola tela, i personaggi sono vagamente tratteggiati nella loro individualità, quanto più caratterizzati dalle loro azioni in questa situazione precisa. Non importa quale sia il loro passato o la loro storia: Karl Schaefer e John Hyams hanno dipinto delle macchie umane trasformate in esseri primordiali, tralasciando qualsiasi recitazione stucchevole e oggettivamente lontana da quello che accadrebbe se una situazione simile dovesse davvero accadere. Il tutto viene reso ancora più adrenalinico grazie alle riprese con camera a mano e in continua, senza staccare mai dalla corsa infinita dei nostri personaggi nei primi minuti del prologo, dove gli attori danno prova di un’ottima resistenza fisica e non solo in questo frangente.  Se tutto questo non fosse sufficiente, la verosimiglianza e la vicinanza con la realtà sono dettate anche dalla presenza di battute e monologhi di Sun in lingua originale, ma viene comunque misteriosamente compresa dagli altri. Avviso ai naviganti: non ci saranno sottotitoli durante le sue linee di dialogo, ma non fate troppo affidamento a quelli presenti nel resto delle battute.

La perdizione, l’istinto umano viene a galla in una sequenza ben orchestrata di emozioni, dove la suspense è padrona incontrastata in un mondo colorato solo dal sangue versato di chi ha perso la propria anima per sempre, mantenendo costante per tutta la serie il fil rouge del cinismo e dell’universalità del male.

  • 7/10
    Storia - 7/10
  • 7.5/10
    Tecnica - 7.5/10
  • 8.2/10
    Emozione - 8.2/10
7.6/10

Summary

Black Summerè lo spettacolo dell’orrore sovrumano e di quanto l’istinto animale porti agli estremi ogni essere umano, in una spirale infinita di morte e di terrore, incredibilmente verosimile.

Porcamiseria

7.6

Black Summerè lo spettacolo dell'orrore sovrumano e di quanto l'istinto animale porti agli estremi ogni essere umano, in una spirale infinita di morte e di terrore, incredibilmente verosimile.

Storia 7 Tecnica 7.5 Emozione 8.2
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