Chernobyl1×04 The Happiness of All Mankind – 1×05 Vichnaya Pamyat

Series Finale Le ultime due puntate di Chernobyl chiarificano il messaggio di fondo che accompagna tutti e cinque gli episodi, e confermano la serie come una delle migliori dell'anno.

8.7

Anche Chernobyl, miniserie tra le più acclamate dell’HBO, giunge al termine, e non resta che riflettere sugli ultimi due episodi, il secondo di questi così tanto elogiato da avere raggiunto l’impressionante punteggio di ben 9.9 su IMDb. E ancora una volta come per le recensioni precedenti, nulla da rimproverare a questa miniserie che ha riportato all’attenzione di molti gli episodi di quel fatidico 26 aprile 1986, giorno dell’esplosione del reattore numero 4 della stazione nucleare di Chernobyl.

Dopo un quarto episodio di qualità eccellente – come sempre – ma di importanza minore a livello di trama, si assiste al processo condotto per far luce sulla colpevolezza di Dyatlov, Bryukhanov, e Fomin, gli ingegneri e il capo della centrale di Chernobyl. A fine quarto episodio, Ulana Khomyuk, portate a termine le ricerche sull’esplosione, viene a conoscenza da Legasov di un malfunzionamento tecnico del reattore che avrebbe provocato lo scoperchiamento del nucleo e il conseguente incendio, fattore nascosto volutamente ai funzionari della centrale per non ledere la dignità dello stato, contrario a rendere i propri errori di pubblico dominio. Spinto da Khomyuk e conscio delle conseguenze, Legasov testimonia durante il processo e rivela alla platea di scienziati il malfunzionamento che ha causato, in parte, la tragedia.

Ancora una volta quasi nulla da criticare a questa serie che si rivela come una delle migliori degli ultimi anni da tutti i punti di vista: regia impeccabile, scenografia che ricorda un film d’epoca, con tonalità giallastre e azzurrine quasi a sottolineare anche dal punto di vista visivo quanto l’atmosfera del luogo fosse dannosa. Recitazione ineccepibile, e tutto l’insieme catapulta lo spettatore in quella stessa dimensione infernale, lo mette davanti agli orrori causati da negligenze umane e alle conseguenze terrificanti di una delle più grandi tragedie dello scorso secolo.

Complessivamente, la storyline decide di rivolgere molta attenzione ai civili e ai personaggi più “umili” toccati dalla vicenda: per questo motivo la storyline secondaria si concentra sui coniugi Ignatenko e sul giovanissimo Pavel, reclutato dallo stato e catapultato in una delle squadre di decontaminazione nelle aree attorno a Chernobyl. Quest’ultimo episodio, nella quarta puntata, si rivela spaventoso per la sua crudezza – come tutta la serie, d’altro canto: Pavel affianca Bacho, veterano della guerra tra Unione Sovietica e Afghanistan, per sopprimere gli animali abbandonati della zona, e seppellire i loro piccoli corpi sotto una delle tante grigie gettate di cemento che ci accompagnano durante i cinque episodi.

L’attenzione degli sceneggiatori, come appena sottolineato, è infatti divisa tra due storyline principali: da una parte i civili e tutti quegli esseri, animali compresi, che si sono soltanto ritrovati nel posto sbagliato nel momento sbagliato, e che hanno dovuto subire le conseguenze di un fenomeno di cui non erano nemmeno a conoscenza; e dall’altra parte la storyline principale, che si concentra sugli organi del governo e sugli scienziati che hanno avuto un ruolo attivo sia durante che in seguito all’incidente.

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Si è deciso di sottolineare e condannare principalmente – e come non aspettarselo, d’altro canto – il ruolo dello stato e gli insabbiamenti che hanno accompagnato la vicenda. Sono state, infatti, menzogne quelle che hanno fatto in modo che i tecnici nel momento fatale agissero considerando sempre di avere a disposizione AZ-5, il fantomatico pulsante che una volta spinto avrebbe portato in sicurezza l’intera centrale. Questo però, sfortunatamente, non salvò la situazione a causa del malfunzionamento nascosto ai tecnici. Legasov sottolinea durante il processo come il capo tecnico Dyatlov avesse peccato di incompetenza ed effettivamente spinto il reattore fino al limite, ma che l’avesse anche fatto tenendo sempre in considerazione che, nel caso peggiore, il tutto poteva essere bloccato attivando AZ-5.

Riportando la verità, Legasov accetta le conseguenze del rivelare un segreto di stato e accoglie la propria fine, credendo di essere silenziosamente condannato a morte dal governo. Al contrario, però, viene risparmiato: l’intera dichiarazione in tribunale viene nascosta e gli viene negato quell’eroismo con cui Legasov aveva cercato di redimere le proprie colpe passate – e probabilmente anche l’intera dichiarazione in tribunale era stata fatta quasi più per redenzione personale che per desiderio di far conoscere la verità.

Per questo i personaggi di Khomyuk e Legasov sono così diversi. Mentre la prima porta avanti la propria lotta personale contro lo stato e desidera mettere in luce uno dei tanti segreti del governo per senso di giustizia e per evitare altre future tragedie, Legasov sembra agire in maniera più egoistica: tra le tante cose, nasconde ai soldati di lavorare in zone estremamente radioattive e sembra dire la verità durante il processo prima di tutto perché spinto da Khomyuk, e in secondo luogo perché percepisce che le radiazioni lo stanno portando alla morte. Dopo essersi accorto della salute precaria di Shcherbina, che lo aveva accompagnato durante il periodo a Chernobyl, e aver constatato sul proprio corpo le prime conseguenze delle radiazioni, decide di confessare tutta la verità proprio perché senza più nulla da perdere.

A questo si collega uno dei discorsi più problematici della serie, ossia la produzione occidentale di una serie concentrata su un evento avvenuto nell’ermetica Unione Sovietica degli anni ’80. Una delle sequenze più emozionanti di tutta la serie è sicuramente quella finale, inserita per dedicare l’intera produzione alle vittime e agli eroi della tragedia. In filmati originali vediamo finalmente il vero Legasov, il vero Shcherbina, scopriamo il ruolo della fittizia Khomyuk, e osserviamo in silenzio quelle che sappiamo essere delle inquadrature della città fantasma Prypjat, per la prima volta veramente davanti ai nostri occhi. Nell’ultima scena compare in sovrimpressione una scritta che informa gli spettatori del bilancio delle vittime secondo l’Unione Sovietica, invariato dal 1987: 31 morti.

La serie, e questo ultimo episodio in particolare, ha sottolineato continuamente come le negligenze dello stato sovietico siano state causa della tragedia tanto quanto l’incompetenza dei tecnici, se non in maniera ancora maggiore. È sempre complesso giudicare la neutralità di opere cinematografiche e televisive, ed è ancora più complicato sapere fino a che punto queste possono essere considerate come documento storico. In definitiva, però, è sempre bene ricordare come l’incompetenza burocratica non sia un elemento limitato all’Unione Sovietica. Come sottolineato anche dal creatore dello show, Craig Mazin, Chernobyl dovrebbe spingere gli spettatori a considerare questa tragedia non come un problema singolare dell’Unione Sovietica, ma come una parabola di quello che accade quando si pone troppa fiducia in un governo, e, al tempo stesso, delle conseguenze causate dalle menzogne.

To be a scientist is to be naive. We are focused on our search for truth, we fail to consider how few actually want us to find it. But it is always there, whether we see it or not. The truth doesn’t care about our needs or wants. It doesn’t care about our governments, our ideologies, our religions. It will lie in wait for all time. And this, at last, is the gift of Chernobyl. Where I once would fear the cost of truth, now I only ask: what is the cost of lies?

  • 8/10
    Storia - 8/10
  • 9/10
    Tecnica - 9/10
  • 9/10
    Emozione - 9/10
8.7/10

Summary

I due episodi finali di Chernobyl definiscono il messaggio della serie, e concludono in bellezza una delle migliori serie dell’anno.

Porcamiseria

8.7

I due episodi finali di Chernobyl definiscono il messaggio della serie, e concludono in bellezza una delle migliori serie dell'anno.

Storia 8 Tecnica 9 Emozione 9
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