Cobra KaiCobra Kai: i nerds sono i nuovi bulli

Season Recap Per Johnny Lawrence i ragazzi hanno bisogno di valori sani e americani - come il karate! Riuscirà la sua filosofia di vita - Strike First, Strike Hard, No Mercy - ad aiutare adolescenti senza modelli di riferimento? O li rovinerà definitivamente?

8.0

Bisogna ammettere che quella che era solo una barzelletta uscita dalla mente malata di Barney Stinson in How I Met Your Mother si è trasformata nel corso di due stagioni in una solida serie televisiva per teenagers e young adults.

Il pilota di Cobra Kai inizia col finale del primo mitico film – quello in cui un adolescente del New Jersey, Daniel LaRusso (Ralph Macchio), si trasferisce con la madre nella West Coast ad All Valley, dove viene preso di mira dai bulli della scuola, studenti di arti marziali del malvagio dojo Cobra Kai, capitanati dal biondo e antipatico Johnny Lawrence (William Zabka). Alla fine di Karate Kid – è uno spoiler, ma se non avete ancora visto Karate Kid ve lo meritate – Daniel, grazie agli insegnamenti del sensei Miyagi, riesce a sconfiggere Johnny e conquistare la ragazza dei suoi sogni – che è tra l’altro la ex del biondino! E vissero tutti felici e contenti… Oppure no?

Johnny non si è mai ripreso da quella sconfitta ed è diventato un fallito pieno di rancore

Più di trent’anni dopo scopriamo che Johnny non si è mai ripreso da quella sconfitta ed è diventato un fallito pieno di rancore. Tutta colpa di Daniel LaRusso che è ora un venditore di auto di lusso, ricco e felicemente sposato con due bambini. L’amicizia con un adolescente nerd e bullizzato, Miguel Diaz (Xolo Maridueña) lo convincerà a riaprire il dojo Cobra Kai, diventare un sensei e aiutare un gruppo di sfigati a diventare dei fighi cazzuti e sicuri di sé.

Fin da quando Johnny dipinge sulle pareti del dojo la filosofia del Cobra Kai – Colpisci per primo, Colpisci forte, Nessuna Pietà – si capisce che non siamo di fronte a una storia dove vinceranno alla fine i buoni sentimenti. E subito ci chiediamo se questa morale – apparentemente – deviata e deviante potrà aiutare questi ragazzi o li rovinerà trasformandoli in bulli. E questa domanda vi seguirà nel corso di 20 meravigliosi episodi dove si ride, si assiste a combattimenti old-school e si rimane sorpresi dal pathos che gli sceneggiatori sono riusciti a mettere nella storia.

Il finale della seconda stagione mette in scena uno dei combattimenti più intensi della storia della televisione, brillantemente coreografato e con un sapiente uso di piani sequenza – cosa che fa alquanto impressione considerando che è una battle royale tra ragazzi di neanche 18 anni. La conclusione lascia col fiato sospeso e con un colpo al cuore – anche per i più insensibili a questo tipo di storie!

Il formato è perfetto per un binge watching ossessivo-compulsivo

Il formato è perfetto per un binge watching ossessivo-compulsivo, 10 episodi da 30 minuti per due stagioni, con in arrivo il prossimo anno la terza. Ogni puntata finisce con un cliffhanger che chiama disperatamente la successiva. Il tono è il mix giusto di comicità, malinconia e – ebbene sì – tragedia. Fotografia, regia, colonna sonora – con canzoni dei mitici anni ’80/’90 – sono tra le migliori che potete trovare nel piccolo schermo. Ma sono i personaggi che conquistano. Primo fra tutti Johnny Lawrence, che magari avete odiato in Karate Kid, ma dopo che avrete sentito il suo punto di vista vi convincerete che il vero bullo è sempre stato Daniel LaRusso. La sua è una storia di redenzione. E non una facile. Johnny è stato rovinato da un cattivo maestro – il veterano del Vietnam John Kreese (Martin Kove) – e nei panni di sensei diventa un maestro per i suoi studenti. Questo lo spinge a fare i conti con il suo passato e con chi è veramente. È un personaggio tragico carico di un umorismo travolgente. Ed è il vero punto di forza della serie.

Daniel LaRusso è identificato fin da subito come il cattivo. Quello che con un calcio – irregolare, secondo Johnny – è diventato un idolo ad All Valley e ha usato questa fama per vendere auto di lusso. Sarebbe stato semplice per gli sceneggiatori ribaltare i ruoli del film e procedere così in maniera stereotipata. Daniel in Cobra Kai è invece un personaggio complesso tanto quanto Johnny. Ha una famiglia fantastica, ma non perfetta. Ha un figlio piccolo grasso che perde la sua vita con i videogiochi e la figlia Amanda (Courtney Henggeler) è amica delle bulle della scuola. Quando il figlio trascurato di Johnny, Robby (Tanner Buchanan), un delinquentello antipatico che frequenta cattive amicizie, decide di fare un dispetto al padre e farsi assumere da LaRusso, Daniel riscopre gli insegnamenti di Miyagi che lo avevano portato a quell’equilibrio nella vita – vero segreto del suo successo – e diventa per Robby, più che un mentore-sensei, un vero e proprio padre. È nel rapporto con Robby che la serie sorprende di nuovo e ci mostra che Cobra Kai è un racconto complesso dove non esiste una morale binaria – buoni contro cattivi, Johnny contro Daniel, Cobra Kai contro Miyagi.

Cobra Kai mette in scena un’arena dove due filosofie di vita si scontrano per educare adolescenti senza punti di riferimento

Più entriamo dentro il racconto e più ci troviamo a tifare per personaggi che prima trovavamo antipatici – non diversamente da quanto è successo con Game of Thrones, per citare quella che per gli sceneggiatori è stata sicuramente una serie riferimento. Cobra Kai mette in scena un’arena dove due filosofie di vita si scontrano per educare adolescenti senza punti di riferimento. I ragazzi sono la vera posta in gioco per Johnny e Daniel. E nessuno dei due ha una verità che li può aiutare meglio dell’altro.

Sono le storie secondarie di questi ragazzi che forniscono benzina a una storia che altrimenti avanzerebbe lentamente. Sono personaggi che anche se iniziano in maniera stereotipata – come ogni film o serie teen ambientata in una high school americana – riescono a evolversi organicamente. Come lo sfigato bullizzato perché ha una cicatrice su un labbro che grazie a Johnny diventa a sua volta un bullo. Fa ridere vedere che se applicati gli insegnamenti di Cobra Kai possono risolvere facilmente piccoli – ma non troppo – problemi esistenziali, ma è allo stesso tempo tragico come la soluzione generi dei problemi ancora più grandi.

Che dire? Non è facile trovare dei punti deboli in questa operazione nostalgica di recupero di un franchising anni ’80. I problemi si risolvono con calci volanti e mosse di karate. Ma può davvero contare come punto a sfavore considerando che è lo spin-off di Karate Kid? Inoltre gli autori sono stati bravi a non prendersi troppo sul serio. Sicuramente la trama a volte risulta estremamente macchinosa e in qualche occasione ripetitiva. Ma Cobra Kai è una di quelle serie che invoca perdono per le azioni prevedibili dei suoi personaggi perché il risultato è spesso imprevedibile.

  • 7/10
    Storia - 7/10
  • 8/10
    Tecnica - 8/10
  • 9/10
    Emozione - 9/10
8/10

Summary

Non è facile trovare dei punti deboli in questa operazione nostalgica di recupero di un franchising anni ’80. Cobra Kai è un teen che riesce a ribaltare gli stereotipi del genere, anche se la trama a volte risulta macchinosa e, in qualche occasione, ripetitiva. Il tono è il mix giusto di comicità, malinconia e combattimenti di arti marziali. Il formato è perfetto per un binge watching ossessivo-compulsivo.

Porcamiseria

8

Non è facile trovare dei punti deboli in questa operazione nostalgica di recupero di un franchising anni '80. Cobra Kai è un teen che riesce a ribaltare gli stereotipi del genere, anche se la trama a volte risulta macchinosa e, in qualche occasione, ripetitiva. Il tono è il mix giusto di comicità, malinconia e combattimenti di arti marziali. Il formato è perfetto per un binge watching ossessivo-compulsivo.

Storia 7 Tecnica 8 Emozione 9
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