Containment1×03 Be Angry At The Sun – 1×04 With Silence And Tears

Il cordone sanitario resta saldo e la paura ha iniziato a diffondersi più velocemente del virus. Tra bloggher sciacalli alla ricerca di complotti e storie d'ammmore che nascono nonostante la situazione pessima, Contaiment tiene bene il ritmo ma senza osare. Che sia giunto il momento di vedere un po' di più gli effetti del taglio di ogni comunicazione con l'esterno. Nulla entra e nulla esce. Tutto nella nuova, doppia recensione di SerialFreaks

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Vivere al di là di una linea tracciata sulla mappa – letteralmente – comincia a diventare difficile per gli abitanti di Atlanta, quelli confinati all’interno del cordone sanitario istituito da Sabine Lommers. Containment va veloce, tiene un ritmo serrato ma senza correre, e arrivati al quinto giorno di quarantena lo scenario sembra essersi calmato. In questa doppietta di episodi, assistiamo esattamente a questo: un climax di frenesia in Be Angry at the Sun che sfuma in With Silence and Tears, un episodio decisamente più riflessivo che si permette di tirare un attimo il fiato. E ce n’è davvero bisogno.

1x03 Angry at the Sun 1x04 With Silence and Tears

Spread the panic

Ciò che si sta diffondendo più veloce del virus stesso, a dirla tutta, è proprio il panico: Contaiment mostra molto bene cosa possano fare le informazioni nelle mani sbagliate e, soprattutto, come il passaparola possa essere persino più minaccioso della verità. A nessuno piace stare rinchiuso dietro un muro di container, in balia di un’epidemia, e Leo Greene è un maestro nel cavalcare lo scontento della gente.

Qualcuno di molto saggio diceva che l’essere umano è intelligente, la folla proprio no; il blog indipendente del reporter a caccia di storie – un perfetto sciacallo – vive della paura, dei video clandestini che i suoi agganci interni riescono a mandargli di straforo. Pubblicarli è accendere una miccia innescata direttamente in una polveriera pronta a esplodere. Be Angry at the Sun mostra proprio come la paura ormai regni sovrana al di là del cordone, e non solo.

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Lex ha a che fare con delle belle grane: i poliziotti nella zona di quarantena sono pochi, non adeguatamente preparati e, soprattutto, non in grado di far fronte alla rabbia di chi farebbe qualsiasi cosa pur di uscire. Uno dei video pubblicati proprio sul blog di Greene mostra come in realtà il modo di uscire dalla zona ci sia: una scala antincendio piazzata imprudentemente sopra i container, che permetterebbe di salirci sopra e provare a scavalcare la rete elettrificata.

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La situazione, inutile dirlo, degenera in poco tempo dopo l’intervento di vigili del fuoco e polizia da entrambe le parti del cordone: un collega di Jake – all’interno, quindi – si lascia prendere la mano e fredda un fuggitivo che si era spinto troppo oltre.
È questo uno dei tanti motivi che spinge la Lommers a prendere ulteriori misure a dir poco drastiche: per evitare che il panico si diffonda ancora di più, stacca la rete della zona isolata. Niente più internet, niente più telefoni, niente più paura. O per lo meno, l’intento è quello.

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Contaiment riesce a incastrare una tematica sociale come questa – il pericoloso potere dei media – in un episodio di quaranta minuti, senza pretese. Lo fa, a suo merito, senza sbavature di sorta: che ci sia qualcosa sotto è evidente e Leo Greene sembra essere intenzionato a scavare finché non lo trova, ma è anche sicuro che le forze dell’ordine – Lex Carnahan in primis – faranno di tutto per non scatenare ulteriormente il panico. La dicotomia tra cruda verità e rassicurante bugia, del resto, è ciò che ci tormenta dalla notte dei tempi.

Meet me on the Battlefield

Con With Silence and Tears, Containment assume sfumature più delicate e introspettive, dopo il colpo di scena dell’ultimo episodio; le comunicazioni sono state tagliate e adesso tutta la zona all’interno della linea è isolata dal resto del mondo. Non solo li stanno lasciando lì a morire, in attesa che il virus faccia il suo corso e si “estingua” da solo, ma hanno troncato qualsiasi possibile contatto possano avere con l’esterno. Nulla entra e nulla esce.

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Questa brevissima pausa – che tuttavia nulla toglie allo sviluppo della trama orizzontale – ci permette di conoscere meglio alcuni personaggi, sempre con la stessa, delicata modalità di rivelare particolari della loro storia piano piano. Jake e Katie si incontrano a metà strada sul campo di battaglia, letteralmente, del loro passato turbolento: scopriamo ciò che avevamo già intuito in precedenza, ovvero che Jake ha un serio problema a lasciar avvicinare qualcuno. Ciò che invece non sapevamo – se non intuito dalle pilloline del secondo episodio – è che Katie ha avuto un passato a dir poco turbolento. Lei ne è uscita più o meno, il suo compagno – e presumo padre di suo figlio – no; ed ecco spiegato anche perché la custodia del figlioletto è condivisa con la suocera Grace, che non la sopporta o quasi.

Il momento in cui si scambiano queste confidenze arriva più o meno alla fine della puntata, in una panoramica sui vari protagonisti e su come gestiscono le loro personali battaglie, con un sottofondo davvero struggente che mi permetto di riportarvi qua perché regala a tutta la sequenza un tocco malinconico che ho apprezzato particolarmente.

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Lex è ormai il burattino dei Federali, “addestrato” a parlare in televisione per rassicurare chi si trova all’interno del cordone sanitario; parole vuote, che prova davanti a uno specchio per provare lui stesso a convincersi di qualcosa in cui sta cominciando a dubitare sempre di più.
Leo Greene riesce a far passare Xander al di là della rete, per fargli raggiungere Teresa, ma si trova a dover fare i conti con le conseguenze di ciò che ha fatto: i suoi contatti all’interno, le autrici del video che rivelava la scala antincendio, sono morte contagiate dallo stesso virus che il blogger non riesce a prendere così tanto sul serio, concentrato più sulla storia che c’è dietro che sulle morti reali che produce.

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Jana è forse il personaggio più debole tra tutti, ma il fatto di averla confinata in un ufficio non aiuta lo sviluppo della sua storia; ha capito che Lex sta nascondendo qualcosa e per cercare informazioni in merito costruisce un rudimentale telefono per contattarlo. Un po’ troppo facile e, a conti fatti, senza un reale scopo: riesce solo a raggiungerlo per qualche istante, prima che la linea cada. È lo spunto per sottolineare come anche Jana non sia esattamente la persona più “facile” con cui avere a che fare, dato che non permette a nessuno di amarla. Molto simile a Jake, ma per motivazioni diverse. Non molto convincente, a dirla tutta, ma è una macchiolina trascurabile.

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Nel frattempo, mentre nell’ospedale si cerca in tutti i modi una cura a un virus apparentemente perfetto, nelle strade cominciano a diffondersi le bande: il supermercato di Teresa e sua madre è un ottimo punto strategico, visto e considerato il razionamento delle provviste. Chiaro che faccia gola a più bande, tra cui quella che aveva provato a rapinarle e un’altra appena giunta sulla scena. Anche questa storyline – Romeo e Giulietta ora non più separati dalla rete – non è esattamente la migliore. Ma staremo a vedere.

3.5

 

Tre porcamiseria e mezzo alla doppietta; Containment prosegue tranquillo per la sua strada, senza perdere tempo con filler superflui o calcare la mano quando potrebbe. Forse è proprio per questo suo tenersi sempre “in mezzo” che non riesce a guadagnarsi un punteggio più alto, per quanto continui a essere un ottimo prodotto. Spero che nelle prossime puntate si prema un pochino di più l’acceleratore. Mancano dodici giorni al delirio cui abbiamo assistito, le avvisaglie ormai dovrebbero esplodere; al momento, sono gli ormoni femminili a essere in subbuglio per quel pezzo di manzo figliolo di Chris Wood e la sua canotta. Dateci anche altro, suvvia.

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