Il Nome della RosaIl Nome della Rosa: la nuova trasposizione della Rai

Season Recap Il famoso libro Il Nome della Rosa è stato trasposto per la RAI, e nonostante le molte scelte infelici della produzione, si rivela in generale come una serie godibile, e a tratti emozionante.

6.8

Questa produzione italo-tedesca del Nome della Rosa ha riportato alla mente quelle serie storiche della Rai, prime fra tutti quella cinquantina di sceneggiati sui Promessi Sposi e gli altrettanti sulla vita di santi e figure religiose. Per questo, la notizia di una serie sul Nome della Rosa non aveva destato tanto entusiasmo nell’animo di chi scrive – “ma come, ancora?”. E in realtà il giudizio finale non è nemmeno così negativo, anche perché riuscire a rovinare la storia di un libro di fama mondiale richiede veramente molto impegno. In compenso, però, la Rai è riuscita ad aggiungere proprio quei dettagli che ci hanno fanno storcere di più il naso.

La trama dovrebbe essere più o meno nota a tutti: nel 1327, Guglielmo da Baskerville, un frate francescano inglese, e il suo allievo, Adso da Melk, si recano in un monastero sperduto sui monti dell’Italia settentrionale – un po’ una Winterfell versione religiosa – per un convegno tra francescani e la curia papale di Giovanni XXII. Se non fosse che, appena arrivati, la situazione degenera non appena svariati monaci sono ritrovati senza vita, assassinati per non si sa bene quale ragione. Guglielmo, rinomato per la sua intelligenza, è scelto come Sherlock Holmes della situazione per trovare l’assassino e svelare il mistero di un manoscritto conservato nella biblioteca labirintica del monastero e al quale sembrano essere collegate le uccisioni.

Ovviamente nulla da dire sulla storyline principale: frutto della mente di uno degli umanisti maggiori italiani, anche la serie è riuscita in qualche maniera a fargli onore. L’insieme è godibile e, anzi, l’indagine dal ritmo abbastanza serrato rafforza la curiosità dello spettatore, invogliato a seguire la trama per sapere come andrà a finire. E fin qui tutto bene.

Anche il cast non è male: nessun interpretazione da Oscar ma nemmeno da Razzie Awards. John Turturro – tra l’altro anche sceneggiatore – come Guglielmo da Barskerville soddisfa specialmente nell’ultima puntata, nei momenti in cui la telecamera lo inquadra illuminato dal bagliore delle fiamme della biblioteca e gli si può leggere negli occhi la sconfitta: nonostante sia riuscito a risolvere il mistero del manoscritto non è riuscito a mettere in salvo i libri e la conoscenza contenuta in una delle biblioteche più grandi del mondo medievale. In quel momento di delusione il suo personaggio finalmente è traslato in un’ottica più umana, non è più quell’individuo dall’intelligenza insuperabile: ha fallito, ed è da ritenersi responsabile almeno in parte di quello stesso rogo di libri.

Ma è proprio da questo fallimento che scaturisce, poi, la riflessione finale sul senso e valore della conoscenza, di un’importanza oggi così attuale che ci si augura che la Rai abbia scelto di trasporre questa storia proprio per mandare un messaggio agli spettatori italiani. “Mentre sogniamo mondi migliori, governanti ciechi guidano popoli ciechi verso l’abisso”, o, mettendo da parte il significato religioso, “Ora l’Anticristo è davvero vicino, perché nessuna sapienza gli farà più da barriera”.

“Mentre sogniamo mondi migliori, governanti ciechi guidano popoli ciechi verso l’abisso”

I problemi sorgono in quegli elementi dove la produzione si è presa qualche libertà in più, prima di tutto nel filo narrativo secondario: alcuni personaggi che nel libro erano solo di sfondo, che non comparivano mai direttamente nella narrazione o che proprio non esistevano, nella serie acquistano importanza.

Prima fra tutte Anna, una dei due personaggi femminili presenti, le cui scene distraggono solamente dalla storyline principale. Una sorta di Robin Hood italiana con dimora nei boschi circostanti il monastero, è guidata da una sete di vendetta nei confronti di Bernardo Gui, inquisitore e braccio destro del Papa, interpretato da Rupert Everett.

Sembra quasi che l’unica sua funzione sia quella di sottolineare ulteriormente come il personaggio di Gui sia un villain – “è cattivo perchè ha ucciso tutta la famiglia di una povera ragazza, ecco” – e cercare di mettere in risalto come anche nel 1300 ci fosse qualche donna valorosa. Quasi come se avessero pensato che, al giorno d’oggi, non si può mai stare tranquilli, quindi meglio inserire un altro personaggio femminile che non si sa mai.

Sono anche da sottolineare alcuni dei soliti stratagemmi narrativi superficiali per mantenere viva l’attenzione del pubblico, a cui a dir la verità ormai ci si è abituati, come la storia di amore tra Adso e la ragazza occitana dai capelli rossi, anche lei abitante della foresta. I due si incontrano in segreto e, nonostante le lingue differenti, si innamorano.

Le scene romantiche sono un po’ troppo cheesy per la storia e il contesto all’interno del quale sono state inserite, specialmente dal momento che Adso ha intenzione di prendere i voti. L’attaccamento sentimentale sviluppato tra i due lascia un po’ perplessi proprio perché troppo profondo emotivamente: quasi come se, anche in questo caso, le scene più romantiche fossero state inserite per avere una trama più a tutto tondo ma senza alcuna necessità apparente. In più, confondono anche lo spettatore riguardo allo sviluppo del personaggio di Adso, il quale si pente, sì, del trascorso con la ragazza e si confessa con Guglielmo, ma continua, a quanto pare, ad amarla fino alla fine dei suoi giorni.

Un’ultimo ma importante argomento da affrontare è l’utilizzo di effetti speciali – non che ne abbiano fatto largo uso, anche perché la trama non lo necessita – ma  quando usati, ci hanno trasportati nel trash dell’horror anni ’80. In una delle ultime scene dell’affronto tra il colpevole degli omicidi, Jorge, Guglielmo ed Adso, si assiste a una specie di trasformazione del primo, che brucia vivo nell’incendio, nell’Anticristo: diventa sempre più rosso che sembra quasi sul punto di esplodere, gli occhi cambiano colore e urla come un demone.

Questa scena è senza ombra di dubbio la più bizzarra e comica dell’intera serie, e da sola riesce a rovinare la suspence creata dall’intera scena finale di climax nella quale lo spettatore finalmente viene a conoscenza dei misteri della biblioteca. Ma si sa, dalla Rai ci si aspetta qualche passo falso.

In definitiva, è una serie senza particolare infamia o lode: la storyline di Eco è, ovviamente, avvincente e, se non fosse per quelle scelte un po’ infelici della produzione, sarebbe anche notevole. In ogni caso, poteva andare molto peggio.

  • 7/10
    Storia - 7/10
  • 6/10
    Tecnica - 6/10
  • 7.5/10
    Emozione - 7.5/10
6.8/10

Summary

Questa nuova trasposizione del Nome della Rosa è godibile principalmente per la storia principale, il cui merito va a Umberto Eco: al contrario, quegli elementi inseriti dalla produzione, insieme alla tecnica e agli effetti speciali, rovinano moderatamente il risultato finale.

Porcamiseria

6.8

Questa nuova trasposizione del Nome della Rosa è godibile principalmente per la storia principale, il cui merito va a Umberto Eco: al contrario, quegli elementi inseriti dalla produzione, insieme alla tecnica e agli effetti speciali, rovinano moderatamente il risultato finale.

Storia 7 Tecnica 6 Emozione 7.5
Scopri di più sui Porcamiseria

Ti è piaciuta questa stagione?

like
0
Mi è piaciuto
love
0
Tutto!
haha
0
Divertente
wow
0
Porcamiseria!
sad
1
Meh...
angry
1
Che schifo

Commenta l'articolo

Simili a Il Nome della Rosa