Kiss Me FirstSeason 1 Recap: il gioco di Adrian

Kiss Me First intreccia il mondo dei giocatori online e il disagio sociale, la debolezza psicologica e il sadismo di un gioco mortale con in palio la vita di altre persone, creando qualcosa che lascia però qualche dubbio.

5.8

In Kiss Me First la carne che viene messa al fuoco è tanta, forse troppa. In sei episodi si affrontano tematiche complicate come il malessere sociale di persone problematiche, incapaci di  trovare un loro posto nel mondo o in fuga senza sapere né da cosa scappano né dove cerchino di arrivare; vari tipi di disagi psicologici, dal bipolarismo ai sensi di colpa, dal dover nascondere le proprie preferenze sessuali all’essere vittime di violenze fisiche o psicologiche.
Il tutto condito in salsa fantascientifica grazie ad Azana, il favoloso mondo virtuale ormai diffuso a livello globale, che connette tutti e che concede a tutti la possibilità di vivere come avrebbero voluto.
Il problema è che Azana richiede soldi per la CGI (e quindi, probabilmente per questo motivo, viene mostrata poco) e che sei episodi, per trattare tutti questi argomenti, sono pochini.

Cominciamo da Azana.
Nei trailer, Azana sembrava una parte importante, fondamentale della serie. Faceva pensare a una storia come la seconda stagione di Sword Art Online, dove dal gioco un folle killer prende di mira determinati giocatori uccidendoli nel mondo virtuale proprio mentre li fa uccidere anche nel mondo reale.
E come già detto, non poteva non far pensere al recente successo di Ready Player One e del suo mondo virtuale Oasis, il luogo dove tutta la popolazione fuggiva da una realtà opprimente e grigia, ma anche alla storia tenera e toccante raccontata in uno degli episodi più apprezzati di Black Mirror, San Junipero, visto che sempre nei trailer si accenna a una storia tra Leslie e Tess.

Azana sembrava essere una parte integrante della storia, invece scompare subito sullo sfondo risultando pressoché inutile e inutilizzata

Ecco, tutto questo è poco più di uno specchietto per le allodole.
Azana è un contorno, una scusa per far partire la storia, un elemento grafico per attirare gli spettatori, qualcosa di visivamente più attraente dei media usati originalmente nel libro, ovvero un forum e una chat. Però è solo questo, uno sfondo dove far muovere degli avatar mentre i personaggi si parlano virtualmente.
Non ha un vero peso nella storia, malgrado tutto: hanno più peso le persone che girano intorno a questo mondo virtuale che il mondo stesso. E solo all’inizio vedremo realmente Azana, sorvolandolo, avendo uno scorcio di ciò che lo compone, vedendo un paio di combattimenti in game. Poi ci sarà solamente l’oasi protetta dove si riuniscono i membri di Red Pill. Sotto questo aspetto, una grande delusione, e il fatto che negli episodi finali sorga il sospetto che Azana possa essere in futuro più importante di quanto non sia stata in questa prima stagione non basta a salvarla.

I membri di Red Pill sono tutti persone problematiche, con patologie o gravi fragilità emotive.
A partire da Tess, l’esca usata per attirare Leslie nel gruppo, bipolare abbastanza grave, che se nei momenti di buona appare esuberante, affascinante e irresistibile, nei momenti brutti alterna dipendenze da droghe e da sesso, fugge dagli amici e cerca di tagliare ogni relazione. Abbiamo persone che vivono in famiglie degradate, col padre violento che picchia tutti quanti; abbiamo ragazzini abusati, persone con passati oscuri che non vogliono far tornare a galla, gente che solo nel mondo virtuale può assumere l’identità e il genere che vorrebbe avere. Persone psicologicamente deboli, radunate dal misterioso Adrian che le fa sentire speciali, dà loro un senso di appartenenza, un gruppo, qualcosa di reale cui aggrapparsi.

Ma, come Leslie scoprirà ben presto, c’è del marcio in tutto questo. Adrian sembra giocare con questi ragazzi, manipolando le loro emozioni, lavorandoseli, portandoli al punto di non ritorno. Un qualche tipo di sadico che vede tutto come un gioco, e che stufandosi di spingere alla distruzione queste persone in cerca di aiuto ha deciso di passare al livello successivo.
Cercare un’antagonista. Leslie.

Per Adrian è tutto un sadico gioco che in presenza di Leslie si fa più interessante, una sfida tra loro due con in gioco la vita degli altri ragazzi

Sa che Leslie lo ha scoperto, o forse lui stesso ha fatto in modo che scoprisse come stanno le cose. La sfida a fermarlo, a salvare la sua amica prima che lui la prenda. Organizza tutto il gioco come una partita tra loro due, consapevole di essere un hacker migliore di lei, una persona più solida di lei, di avere più esperienza, di aver preparato il campo e le regole. Controlla le pedine, controlla le mosse dell’avversaria, controlla l’ambiente circostante.
In questo, Kiss Me First sembra uscire direttamente da Black Mirror, diventando un incubo tecnologico dove il pazzo assassino sa tutto di te, ti vede, ti manipola, ti spia. E manipola come il mondo ti vede.

Questa, che dovrebbe essere la trama principale, è ben fatta e crea una buona inquietudine.
Peccato solo che parta più o meno a metà stagione. Tre episodi, quindi.
La parte prima è stata occupata a mostrare Leslie che conosce Tess e che viene introdotta a Red Pill, comincia ad avere dubbi, indaga un poco. Solo in seguito comincia il gioco, e per ragioni di tempo dovrà per forza essere accelerato, forzato.

Così come forzato è il rapporto tra Leslie e Tess, che dopo essersi intraviste un minimo online si incontrano e immediatamente sono migliori amiche per la pelle.
Una sera insieme, da amiche, e Leslie è pronta a prosciugare il suo già esiguo conto bancario per saldare i debiti della nuova amica, e accoglierla in casa sua. Un rapporto che, nello spazio di pochi giorni, passa dall’essere sconosciute a una situazione in bilico tra l’amicizia immortale e l’amore della vita, con entrambe le ragazze che sembrano sempre sull’orlo di fare un passo verso l’altra senza però trovare mai il coraggio di muoversi.
E intervallando il tutto con altre presenze maschili, così, tanto per complicare la situazione in una serie che, essendo così breve, avrebbe potuto farne volentieri a meno. Come la relazione con Jonty, che sembra inserita un po’ per mostrare il potere di persuasione di Adrian e un po’ per scombussolare le carte e creare un assurdo triangolo amoroso.

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Il gioco stesso poi lascia un po’ a desiderare: le mosse sembrano sempre colpi di genio improvvisi, Leslie che è l’ultima arrivata pare anche l’unica cui interessino gli altri membri del gruppo al punto da fare rapide indagini scoprendone le morti, per non parlare della nascita e rapida morte del sodalizio tra Leslie e Force, sodalizio assurdo visto quanto successo a casa del professore. E di cui nessuno parla, subito dopo, né Leslie che dovrebbe essere sconvolta, né Force che non si capisce perché abbia agito così.
O Jonty che non accenna mai alle telefonate anonime.

Abbiamo poi un elemento caratteristico delle serie tv su adolescenti alle prese con grossi problemi: gli adulti sono tendenzialmente inutili. Gli adulti che incontriamo sono genitori che, per un motivo o per l’altro, hanno deluso o abbandonato i figli. E che, nel caso della madre di Adrian, rifiutano anche di aiutare i protagonisti. Oppure sono adulti meschini e malvagi, come quelli che circondano Ben, oscuri e pronti ad approfittarsi della debolezza altrui. O ancora, sono arroganti e supponenti, facilmente gabbati da un hacker che gli fa vedere ciò che desidera vedano e che quindi cascano nella sua trappola ritenendo criminali i protagonisti.

Ci sono solamente due esempi adulti positivi: uno quasi inutile, benché buono, e cioè il professore di matematica che vorrebbe aiutare Leslie, le offre anche un aiuto concreto, e pagherà a caro prezzo questa sua bontà. L’altro è Aziz, il proprietario del bar che prima dà lavoro a Leslie, mosso a compassione dalla sua condizione, poi le offrirà conforto quando la vedrà distrutta, e infine fornirà al trio i mezzi per la fuga quando sarà finalmente messo al corrente.
Per il resto, sono visti come nemici, creature ostili, o nel migliore dei casi come persone troppo distanti da loro, che non potrebbero mai credergli a causa di intelligenza limitata o per il passato dei protagonisti. Una concezione dell’adulto che si era già vista in Tredici, e che viste le tematiche pericolose potrebbe non essere un’ottima scelta, purtroppo.

Kiss Me First, quindi, è una serie che prometteva molto, che ha dei buoni spunti ma purtroppo si ritrova senza il tempo, i soldi e probabilmente pure la voglia di svilupparli per bene.

  • 7/10
    Storia - 7/10
  • 5/10
    Tecnica - 5/10
  • 5.5/10
    Emozione - 5.5/10
5.8/10

In breve

L’idea era buona, ma le tante tematiche critiche trattate unite alla brevità della serie non ha aiutato a confezionare un buon prodotto. Ne risulta una serie che accenna a tante cose, sia a livello di tematiche che a livello di trama, senza però mostrarle pienamente. E pure la realtà virtuale, mostrata poco e spesso marginale alla storia, risulta deludente in quanto quasi superflua.
Peccato.

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Porcamiseria

5.8

L'idea era buona, ma le tante tematiche critiche trattate unite alla brevità della serie non ha aiutato a confezionare un buon prodotto. Ne risulta una serie che accenna a tante cose, sia a livello di tematiche che a livello di trama, senza però mostrarle pienamente. E pure la realtà virtuale, mostrata poco e spesso marginale alla storia, risulta deludente in quanto quasi superflua. Peccato.

Storia 7 Tecnica 5 Emozione 5.5
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