Raising DionRaising Dion Season 1: poteri magici e bambini speciali

Season Recap Dion scopre improvvisamente di poter muovere oggetti e interagire con l'ambiente naturale circostante grazie alla sola forza del pensiero, ma a cosa è dovuto questo dono? Una storia fantastica che unisce reale e surreale in maniera a tratti forzata e non del tutto originale, a scapito della riuscita finale della serie.

6.4

I supereroi non rivelano mai la loro identità ai loro cari.

Sconcertante, complesso, non lineare. Sono i primi tre aggettivi che useremmo per parlare di una nuova serie targata Netflix che non sappiamo ancora se considerare un collage di prodotti già passati sotto questo sole o un’alchimia ben riuscita sulla carta, ma che sconquassa la trama nel montaggio delle sequenze. Raising Dion, localizzato in Italia solo come Dion, è un nuovo prodotto arrivato lo scorso 4 ottobre dalla regia di Dennis A. Liu e Carol Barbee e tratto dall’omonima storia a fumetti, creata dallo stesso Liu, che ci parla di tanti temi diversi, passando dall’inclusione degli ultimi al potere della fantasia di un bambino che diventa realtà, senza dimenticare fenomeni alla Paranormal Activity (ma non così paurosi, tranquilli) e qualche altro aspetto che non ci è affatto sfuggito.

Chiariamo subito la nostra posizione in merito a questa serie: non ci ha convinto, per una serie di motivazioni che andiamo chiaramente a snocciolare e che fanno riferimento a una serie di (sfortunati) eventi a causa dei quali siamo rimasti davvero con l’amaro in bocca.
Ma andiamo per gradi e cominciamo dalla trama, piuttosto semplice, almeno nel pilot: Nicole è una madre rimasta vedova recentemente e deve crescere suo figlio Dion, di appena otto anni, e cercarsi un nuovo lavoro, il tutto in seguito a un trasloco in una nuova città dove gli unici veri punti di riferimento sono l’amico del marito, Pat e la nuova amicizia di Dion stretta con Esperanza, compagna di scuola che sa muoversi abilmente su una sedia a rotelle e dal nome piuttosto evocativo. Fin qui tutto rientra nella normale routine che la vita a volte ci detta, fatto salvo per un piccolo dettaglio: Dion sa muovere oggetti e comandarli più o meno coscientemente con il solo potere della mente.

Inutile spiegare lo shock iniziale della madre, la quale crede che il figlio sia gravemente malato, tanto da sottoporlo a una visita in ospedale da sua sorella, ma è tutto inutile. I poteri finora rimasti silenti nel corpo di Dion hanno origine da un evento ben più lontano nel tempo, qualcosa che lo lega al padre e ai suoi lavori di ricerca nelle fredde terre islandesi. Quest’ultimo, interpretato da Michael B. Jordan, non riesce ad avere il ruolo che meriterebbe, considerando i suoi precedenti personaggi nei recenti Creed e Black Panther, solo per citare gli ultimi lavori a cui si è dedicato, senza nulla togliere alla graziosissima Alisha Wainwright, già Maria Roberts in Shadowhunters e qui dolce ballerina e madre premurosa.

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Se gli attori scelti non sono certo gli ultimi arrivati dietro l’obiettivo delle telecamere, la concatenazione dei punti nevralgici della storia risulta invece piuttosto traballante e progettata alla rinfusa; la trama del pilot ha davvero un suo senso, ma dal secondo episodio in poi, i fatti si alternano in modo non del tutto chiaro e lineare agli occhi dello spettatore, che deve faticare un po’ nel tenere a mente ogni dettaglio di quanto accaduto diverso tempo prima. Oltre a questo gioco di incastri mal riuscito e un po’ forzato, ci ha abbastanza infastidito la presenza ridondante e superata del product placement dedicato a confezioni su confezioni di Twix, in particolare nei primissimi episodi. Queste vengono fatte volare quando Dion si rende conto di essere in possesso di un potere che chiaramente non sa ancora gestire a dovere e quindi sua madre non trova niente di meglio che delle merendine esplicitamente citate per farlo esercitare all’interno dei negozi.

Non mancano parecchi riferimenti interni alle stesse produzioni Netflix, a partire dalla presenza di diversi elementi che legano questa serie a Stranger Things

Oltre a questa esplicita e ripetuta pubblicità, non mancano parecchi riferimenti interni alle stesse produzioni Netflix, a partire dalla presenza di diversi elementi che legano questa serie a Stranger Things. Non solo una delle immagini promozionali ufficiali della serie è graficamente progettata nello stile che richiama nettamente nella nostra testa la presenza di Demogorgoni, Undici e compagnia bella, ma anche il concepimento stesso della crescita del personaggio, pur sempre in età piuttosto bassa, che deve imparare a domare sempre più le proprie doti sovrannaturali, è parecchio simile a quanto abbiamo visto nella sopracitata serie.

Inoltre, abbiamo anche una chiara ed esplicita strizzatina d’occhio alla serie, quando il telefono di Pat squilla e la suoneria è proprio il tema principale della serie ambientata negli anni ’80. Non abbiamo dubbi: la citazione tra serie Netflix è chiara e questo forzato richiamo sembra voler sancire necessariamente un legame tra i due, ma le brutte copie difficilmente ottengono lo stesso successo dell’originale, e questo scivolone a suon di “marchette” non è stato molto gradito, soprattutto per via di una perdita di stile e originalità che Raising Dion avrebbe potuto acquisire molto bene anche da solo.

Terzo punto: il grido “proud to be black” si alza in maniera clamorosa sin dalle prime scene della serie, non solo perché i protagonisti principali e i vari amici sono prevalentemente di colore, ma anche la colonna sonora e le canzoni cantate da loro sono spesso e volentieri composte e interpretate a loro volta da autori e cantanti di colore, una per tutti Alicia Keys in No One. 

Nulla di male in tutto questo, ma come altre scelte artistiche della serie, “il troppo stroppia” e lo evinciamo anche dalle proclamazioni a sfondo storico e sociale che stridono abbastanza nel contesto in cui sono inserite: ci riferiamo al momento in cui Nicole spiega a suo figlio che i bambini della nuova scuola non lo accettano “perché sei nero” e lui, per tutta risposta, chiede alla madre a cosa siano servite le lotte di Martin Luther King e di tutti coloro che si erano battuti per la parità e l’uguaglianza di razze ed etnie. Un messaggio che gli attori vogliono servire su un piatto d’argento alla politica americana e internazionale? Non possiamo saperlo, ma il fatto certo è che, tra tutte le linee di dialogo scritte per questa serie, quelle citate qui ci sono sembrate come pesci fuor d’acqua all’interno di una serie che esplora de facto ben altri temi.

Si tratta di un prodotto che saprebbe benissimo camminare sulle proprie gambe, ma sembra che proprio non riesca ad astenersi dallo scimmiottare citazioni e contenuti già presenti altrove

Il problema di Raising Dion è questo: si tratta di un prodotto che saprebbe benissimo camminare sulle proprie gambe, ma sembra che proprio non riesca ad astenersi dallo scimmiottare citazioni e contenuti già presenti altrove, senza dare quel tocco di originalità che si sarebbe meritato e che avrebbe portato un bel po’ di aria fresca e innovazione, oltre che ingenuità bonaria e ideali freschi di bambini che ancora possono permettersi di sognare a occhi aperti senza perdersi.

  • 6.1/10
    Storia - 6.1/10
  • 6.5/10
    Tecnica - 6.5/10
  • 6.6/10
    Emozione - 6.6/10
6.4/10

Summary

Raising Dion è un mix di poteri sovrannaturali, storie di vite quotidiane e buoni sentimenti che cozzano un po’ con alcune scelte artistiche e narrative inserite a viva forza dai registi, facendo perdere alla serie la vera magia che avrebbe potuto lasciarci davvero a bocca aperta.

Porcamiseria

6.4

Raising Dion è un mix di poteri sovrannaturali, storie di vite quotidiane e buoni sentimenti che cozzano un po' con alcune scelte artistiche e narrative inserite a viva forza dai registi, facendo perdere alla serie la vera magia che avrebbe potuto lasciarci davvero a bocca aperta.

Storia 6.1 Tecnica 6.5 Emozione 6.6
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