RiverdaleRiverdale Season 1: fritto misto alla teen drama

Season Recap La prima stagione di Riverdale parte con un pilot che sembra intenzionato a scopiazzare male tutti i teen drama di successo del passato. Nel prosieguo la rotta viene corretta e gli episodi diventano quantomeno visionabili senza procurare fastidio nello spettatore, ma alla fine l'unica ragione per il suo successo sembra essere il fanservice gratuito che la serie sparge a piene mani sul pubblico (tendenzialmente adolescente e di sesso femminile).

5.2

Nel gennaio 2017 ha fatto irruzione sugli schermi Riverdale, serie di tipo teen drama ispirata ai personaggi della Archie Comics (il cui capostipite, dallo stesso nome della casa editrice, inizia la propria carriera nel lontano 1941 generando nel tempo un mare di testate spin-off, la più celebre delle quali è quella Sabrina, vita da strega da cui è stata tratta una serie animata e ben due serie televisive, la più recente delle quali è arrivata proprio quest’anno per Netflix).

In attesa dell’arrivo della terza stagione (già cominciata negli USA ma ancora lontana dall’approdo su Netflix), abbiamo ceduto alla curiosità decidendo di recuperare questa lacuna nell’ambito seriale, spinti dalla possibile coesistenza con la serie ben più dark dedicata a Sabrina, nella non lontana Greendale, da un trailer che mostrava subito una morte in grado di sconvolgere l’altrimenti tranquilla cittadina, e una serie di misteri legati alla suddetta morte che potrebbero scuotere la comunità dalle fondamenta.
Questo è quello che ci aspettavamo.

Non eravamo pronti però per il pilot della serie.

Un pilot di una bruttezza allucinante, che in meno di un’ora riesce nella non facile impresa di pescare a piene mani da praticamente tutti i teen drama di successo della storia televisiva recente, infarcendo la trama di questa serie di ogni tipo possibile di luogo comune relativo al genere.
Il giovane protagonista sportivo che sogna di cantare ma se ne vergogna? Lo abbiamo.
Il compagno di scuola gay amico di tutti e ovviamente migliore amico e confidente della protagonista? Lo abbiamo.
La torbida relazione tra un liceale e una professoressa giovane, misteriosa e vogliosa? L’abbiamo. Con tanto di occhiali da sole con le lenti a forma di cuore, e il look da sexy segretaria.
La protagonista che non si valorizza e si dedica invece allo studio e al giornalismo, dirigendo il giornale scolastico e sfornando articoli su questioni spinose? L’abbiamo.
L’arrivo di una nuova ape regina nel liceo dove le gerarchie erano ormai ben cementate? L’abbiamo.
Scene pseudocasuali di giovani ragazzi a torso nudo come non ci fosse un domani, per attirare il pubblico femminile? Le abbiamo, le abbiamo.
E quello che nel pilot manca, cioè i misteri che raddoppiano ogni volta che si ottiene una risposta, con la presenza costante di qualcuno dietro i nostri protagonisti sempre pronto a eliminare o creare prove? Ma certo che lo abbiamo, anche se arriverà negli episodi successivi. Pretty Little Liars ci ha vissuto per sette stagioni con trucchi del genere.

In mezzo a questa accozzaglia di luoghi comuni, scopiazzature e cliché ormai triti, la trama appare pressoché inesistente, persa tra una gonnellina, un torso nudo e qualche sporadico ma debole tentativo di dare una parvenza di storia all’episodio.

I primi episodi seguiranno bene o male questo canovaccio, rendendo la visione della serie una vera e propria impresa: va bene che i tre quarti d’ora canonici sono abbastanza scorrevoli, ma è pur sempre tempo sottratto a serie che abbiano un senso.
Fortunatamente, e inaspettatamente, col passare del tempo il fanservice gratuito e onnipresente comincia a cedere il passo alla storia. Il mistero trova degli sbocchi che consentono di indirizzare le energie dei protagonisti in una direzione utile alla trama, alcuni degli spunti rubati ispirati ad altre serie di successo vengono eliminati più o meno platealmente, si snelliscono le sottotrame individuali e si riesce a ottenere un prodotto dotato di un senso, per quanto non si possa certo definire originale.

La storia, avviata nel pilot ma che acquista reale peso solo in seguito, ruota intorno all’omicidio di Jason Blossom, asso della squadra di football del liceo, re della scuola, figlio ed erede della gloriosa dinastia dei Blossom, i più ricchi e potenti della città grazie al loro fiorente commercio di sciroppo d’acero.
Un bel mattino, Jason se ne va a zonzo in barca con la gemella Cheryl (splendido personaggio gotico e teatrale, praticamente una parodia ma che almeno risulta ben riuscita), gitarella dalla quale torna solo una Cheryl in lacrime mentre il fratello pare annegato nel fiume. Le ricerche durano a lungo e non portano a niente… almeno fino a quando non si ripesca dal fiume il suo cadavere. Con un proiettile in testa.

I protagonisti sono Betty Cooper, la giovane aspirante giornalista con una sorella misteriosamente fatta sparire da casa dai propri simpaticissimi genitori, che guarda caso gestiscono anche il giornale locale; Archie Andrews, protagonista dei fumetti e qui praticamente un comprimario abbastanza passivo, faro di speranza e positività per tutti, oltre che calamita per gli ormoni delle spettatrici. Rosso di capelli, così come i Blossom (probabilmente Riverdale è il paese con il più alto tasso di persone dai capelli rossi al mondo, fuori dall’Irlanda); Veronica Lodge, la nuova arrivata in città nonché ex ape regina decisa a cambiare vita; e Jughead, giovane con una famiglia a dir poco problematica alle spalle (del resto i genitori hanno chiamato lui Zuccone e la sorella Caramella, oltre a essersi poi separati e al fatto che il padre fa parte della locale gang di bikers spacciatori). Ah, ed è anche una delle maggiori calamite verso il pubblico giovanile, essendo interpretato da Cole Sprouse, che all’epoca era il protagonista delle serie Disney su  Zack e Cody.

In questa serie, dove tutti hanno oscuri segreti da proteggere e da nascondere, gli adulti appaiono nella loro quasi totalità come personaggi estremamente negativi, deboli ed egoisti quando non direttamente malvagi.

Con il ritrovamento del cadavere di Jason scatta il toto-killer, spuntano fuori altarini famigliari, si creano coppie e si formano amicizie.
Interessante notare come, in questa storia, gli adulti appaiano quasi sempre come individui inaffidabili, corrotti e oscuri. Ce ne sono giusto un paio che si salvano in tutto il cast, e di questi comunque uno è talmente corrotto da far ribrezzo.
Arrivati intorno alla metà della stagione si viene colti dalla tremenda sindrome da PLL: a ogni svolta nella storia si ha la tentazione di urlare allo schermo affinché i ragazzi corrano alla polizia, o la chiamino, o chiamino l’esercito, o facciano partire una diretta Facebook… tutto purché non si muovano in segreto, visto che sappiamo bene come finiscono le cose in quel caso. E urliamo perché non si riesce a credere che pur lamentandosi e lottando accettino situazioni assurde e inconcepibili come quella di Polly.
Probabilmente le urla erano arrivate, all’epoca, anche alle orecchie degli sceneggiatori visto che più si avanza verso la fine della stagione e più il germe dell’intelligenza pare attecchire nei crani dei ragazzi, portandoli a operare scelte indovinate come il chiamare la polizia, il fotografare ciò che trovano, il denunciare pubblicamente certe situazioni.

Alla fine, una serie partita in maniera indecente è riuscita a rimettersi almeno parzialmente in carreggiata nel prosieguo della stagione, sistemando alcune delle tante pecche che la viziano e riuscendo a costruirsi una ragione d’essere. Niente di originale o di spettacolare, molto di già visto e moltissimo fanservice gratuito, ma quantomeno alla fine si lascia guardare senza causare problemi.

  • 5/10
    Storia - 5/10
  • 4.5/10
    Tecnica - 4.5/10
  • 6/10
    Emozione - 6/10
5.2/10

Summary

La prima stagione di Riverdale parte mescolando insieme in malo modo quanti più elementi stereotipati possibili recuperati da un po’ tutti i teen drama di successo degli ultimi venti anni. Fortunatamente andando avanti migliora un poco, potando qualche ramo già morto in partenza e guadagnando una parvenza di trama, ma per quanto si apprezzi il miglioramento la serie rimane ampiamente non sufficiente.

Porcamiseria

5.2

La prima stagione di Riverdale parte mescolando insieme in malo modo quanti più elementi stereotipati possibili recuperati da un po' tutti i teen drama di successo degli ultimi venti anni. Fortunatamente andando avanti migliora un poco, potando qualche ramo già morto in partenza e guadagnando una parvenza di trama, ma per quanto si apprezzi il miglioramento la serie rimane ampiamente non sufficiente.

Storia 5 Tecnica 4.5 Emozione 6
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