Friends | Lost | SpecialiLost Friends: il giorno in cui la TV è cambiata

Sei amici a New York, quarantotto superstiti su un'isola misteriosa: sulla carta niente di più diverso, eppure Lost e Friends hanno in comune ben più del compleanno.

Persi. Quel 22 settembre del 2004 gli spettatori della ABC non devono essersi sentiti meno smarriti dei naufraghi che stavano guardando sulla loro TV. Lost esordiva portando già con sé la maggior parte degli elementi che l’avrebbero resa iconica: una buona dose d’azione, uno spiccato interesse per le dinamiche di gruppo ma senza dimenticare le particolarità individuali e infine, ma non per importanza, il mistero, quel cliffhanger che sarebbe diventato un marchio di fabbrica della serie.

Esattamente dieci anni prima, la NBC aveva sorpreso gli spettatori con una comedy corale decisamente più lenta a costruirsi un’identità ma non per questo meno efficace. Friends parte in questo con lo svantaggio delle sit-com, che, sia per un minutaggio più contenuto, sia per il tipo di narrazione, impiegano più tempo a definire dinamiche e personaggi. Il mix è però troppo esplosivo per non colpire il pubblico, affezionandolo per dieci stagioni.

Se esistesse una giornata internazionale delle serie TV non esiteremmo a proporre proprio il 22 settembre, perché in quel giorno, a distanza di dieci anni l’uno dall’altro, due show hanno cambiato per sempre la narrazione seriale televisiva, dando il via all’età d’oro che oggi viviamo. Lost Friends sono inevitabilmente diversi, vuoi per genere, pubblico, trame, scopi, eppure entrambe condividono l’onere di aver concluso un’epoca per spalancare le porte a un nuovo sistema televisivo.

Persone e personaggi

Sei giovani ragazzi che si destreggiano con sarcasmo e ironia nelle assurde situazioni che la vita newyorchese gli pone davanti, ma sempre e comunque al sicuro tra le mura amiche di un appartamento o del pub di fiducia; quarantotto sopravvissuti a un disastro aereo affrontano le insidie di un’isola sconosciuta e misteriosa che sembra metterli di fronte al proprio passato e al proprio futuro: niente di più diverso sulla carta delle due sinossi delle serie, eppure uno dei punti di forza di entrambi gli show è la perfetta caratterizzazione dei protagonisti.

I personaggi nel corso delle puntate diventano persone, tratteggiando con destrezza le sfumature dei loro caratteri: in Lost parte del merito è affidato all’approfondimento dei flashback (flash-forward o flash-sideways) per cui quasi ogni azione dei protagonisti è motivata, giustificata, sentita: difficile non empatizzare con Locke e la sua ostinata ricerca metafisica, una volta venuti a conoscenza del suo passato (e futuro), così come persino le manipolazioni di Ben acquistano una nuova luce, illuminate dai ricordi dal ricordo del tragico vissuto personale.

In Friends, al netto di qualche sporadica eccezione, raramente il flashback ha un valore attivo sulla nostra percezione dei protagonisti: cresciamo coi ragazzi di puntata in puntata, imparando a scardinare il sarcasmo di Chandler che ne maschera goffamente le insicurezze o, ad esempio, riconducendo l’essere svampita di Phoebe a un percorso di lavoro interiore attuato per non permettere ai pesanti traumi subiti di avere la meglio. Abbiamo, di questi due universi narrativi, una copertura a 360 gradi da tutti i punti di vista, a cui contribuiscono in maniera funzionale i comprimari (si pensi a Janice, UrsulaFrank JrRichard in Friends, così come al padre di Jack, Penny e tutti gli altri co-protagonisti dei flashback).

Si vive insieme, si muore soli

Nonostante queste forti individualità (e probabilmente in virtù di queste), Lost Friends sono essenzialmente serie corali, che hanno nelle dinamiche tra i personaggi un altro dei motivi del loro successo. Certo, qualche volta una certa stanchezza narrativa spinge a sperimentare rischiando e pagandone il prezzo (la storia tra JoeyRachelNikki e Paulo), ma nella maggior parte dei casi quelle dinamiche funzionano: ci sono quelle che risaltano per contrasto (l’uomo di fede Locke vs l’uomo di scienza Jack; la maniacale Monica vs la sbadata Rachel) e quelle che invece agiscono per analogia, come Hugo Charlie o Chandler e Joey.

Sono dinamiche che spesso si traducono in relazioni amorose e che tradiscono la comune base di partenza di entrambi gli show: le soap opera. Fondamentale, da questo punto di vista, la decostruzione del genere attuata da David Lynch nell’indimenticabile Twin Peaks, che ha traghettato quel tipo di narrazione in un contesto più complesso, di cui però sia Lost che Friends sono debitori. Se infatti la prima è analogicamente più vicina alla trama di Laura Palmer – da cui mutua, amplifica e migliora la costruzione del mistero, con un percorso non dissimile, in termini di costruzione narrativa, a quello intrapreso da Silvia Ziche nel suo Papero del mistero – non mancano nella scrittura di Friends elementi che sono figli di quel passaggio epocale (l’uso del cliffhanger a fine stagione, ad esempio, decontestualizzato da una trama thriller e applicato per straniamento in un ambiente comedy).

La famiglia che ci si sceglie

Frutto delle dinamiche succitate, una delle rappresentazioni più fedeli della contemporaneità che risalta da entrambe le serie è l’anacronismo della famiglia tradizionaleLost Friends non demonizzano il modello classico familiare ma ne dipingono impietosamente alcuni dei più tragici esiti. Nelle storie di tutti i personaggi principali assistiamo a un rapporto (nel migliore dei casi) complesso con almeno uno dei genitori, con inevitabili conseguenze sulla psiche di chi l’ha vissuto.

Non si tratta, come detto, di una critica in toto della tradizione, ma del riconoscimento, piuttosto, della rilevanza dell’ambito familiare in molti degli aspetti più importanti della vita quotidiana. Anche i meno toccati da traumi non sono esenti da questa eredità: i genitori di Monica e Ross conducono una vita familiare abbastanza comune, eppure manifestano nei confronti dei figli una disparità di aspettative che condiziona (in negativo) tanto l’uno quanto l’altro.

In Lost ciò è tanto più evidente perché nei dieci anni che intercorrono tra i due pilot, l’illusione della Mulino Bianco si è spezzata ed è doveroso darne atto

I genitori di SawyerClaire, Charlie, Ben, Sun e tutti gli altri protagonisti sono colpevoli ciascuno di un’azione diversa ma dal medesimo risultato estremamente significativo e rappresentativo della contemporaneità: un conflitto generazionale che nel migliore dei casi accusa di indifferenza i genitori, rei di aver dato per scontato che le meraviglie degli anni 90 sarebbero prima o poi finite. Un atto di accusa di una generazione che iniziava a sentirsi tradita.

Ecco perché Lost Friends hanno avuto questo impatto esplosivo su quella che ancora era la televisione mainstream, di massa, che passava e contava sui network generalisti. L’ultima grande narrazione di un decennio a finire e la prima della complessità. Per questo è così facile annunciarne continuamente gli eredi ma ancora più difficile trovarne veramente.

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