Tales from the LoopTales from the Loop: dal quadro alla tv

Series Recap Amazon prova a cimentarsi nella fantascienza dopo aver soltanto distribuito Electric Dreams: riuscirà a farci perdere nel suo Loop?

8.7

Da tempo ormai è chiaro che i confini tra le varie discipline artistiche siano sempre più sottili, quasi trasparenti in alcuni casi: vediamo come il teatro per esempio tenti sempre di più di utilizzare alcune componenti cinematografiche per sperimentare, di come il cinema tenda maggiormente a mutuare il concetto di serializzazione sul grande schermo ed è ormai consuetudine sconfinare tra i vari “universi” artistici per trarre ispirazione sia da che per il cinema; sul versante cinematografico siamo da tempo abituati a vedere riadattati i più comuni libri, videogiochi, fumetti ed altre volte fonti più particolari ed Amazon è vera e propria pioniera su questo fronte: dalla serie diretta dal famoso Sam Esmail, Homecoming, creata da un podcast radio, passando per la recentissima Modern Love, tratta da una rubrica di racconti del New York Times, fino ad arrivare qui, a Tales from the Loop, la cui ispirazione deriva dai quadri di un artista svedese di nome Simon Stalenhag, che è riuscito a far raccogliere le sue opere nel volume che dà il nome alla serie, tramite una campagna di Kickstarter. Come cambiano le cose eh?

Simon Stalenhag nei suoi quadri combina la campagna rurale svedese a cavallo tra gli anni ’50 e ’60 del ventesimo secolo con installazioni tecnologiche futuristiche, spesso di stampo colossale, che si stagliano su questi paesaggi aridi e poco abitati, dando la sensazione di un dominio “obbligato”, ma inutile. Così Nathaniel Halpern, creatore e scrittore della serie, sfrutta queste idee e sensazioni, per trasformarle in racconti che si servono dell’elemento fantascientifico.

In questa trasposizione audiovisiva l’azione si sposta dalla fredda Svezia alla più mite America, nello specifico a Mercer, cittadina, o meglio contea dello stato del Ohio – non propriamente lo stato preferito d’America, basta pensare a come gli stessi americani definiscano il capoluogo del paese, Cleveland: The mistake on the lake. La locazione fisica è quindi bene o male chiara, quella che comporta più difficoltà invece è l’ambientazione temporale: come nei quadri di Stalenhag, infatti, gli abitanti di Mercer vivono in un tempo in cui al cinema si proietta Summer with Monika (la splendida pellicola targata Ingmar Bergman del 1953) e per strada si scorgono robot dalle forme curiose che rimandano agli Eva di evangeliana memoria, seppur in forma meno solenne.

As a result of our unique research, you will see here sights that, well, you’d say were impossible. And yet, there they are.

Gli abitanti di Mercer sono pochi e si conoscono bene o male tutti, ognuno di loro ha la possibilità di vivere lavorando per la cava mineraria del territorio, oppure per il laboratorio scientifico nel sottosuolo che ospita il Loop. Il Loop non è altro che una gigantesca sfera di color grafite che permette, secondo le parole del capo del sito, Russ Willard (Jonathan Price) di trasformare l’impossibile in possibile. Tutte le vicende che compongono gli otto episodi di questa stagione girano intorno al Loop: grazie o a causa di questa cosa/entità, i cittadini di Mercer vivono delle esperienze fuori dall’ordinario, molto spesso non rendendosi conto del “rischio” a cui vanno incontro.

Tales from the Loop è un breve ma intenso viaggio all’interno della consapevolezza

Nei giorni antecedenti l’uscita di Tales from the loop, si sono sprecati i paragoni, molti azzardati, altri del tutto infondati, con serie note al grande pubblico di ambientazione “fantascientifica”, come Stranger Things, Dark e Black Mirror: niente di più sbagliato, a dimostrazione della scarsa abitudine delle persone a vedere oltre il trailer o il primo episodio. Tales from the Loop non ha praticamente nulla in comune con la serie targata Duffer Brothers (per fortuna) e tanto meno con quella di matrice tedesca diventata poi un piccolo fenomeno mondiale grazie alla distribuzione di Netflix, cioè Dark; forse e dicasi forse, potrebbe aver delle similitudini con la serie “distopica” di Charlie Brooker ma non oltre le semplici analogie di fruizione, essendo anche l’ultima arrivata in casa Amazon un prodotto per così dire antologico che sviluppa i suoi racconti su episodi auto-conclusivi, che vengono tutti tenuti insieme da un sottile filo d’Arianna che si srotolerà fino all’ultima puntata.

Sometimes things are special because they don’t last.

Se Black Mirror punta sul mettere in guardia e in certi casi spaventare lo spettatore, tramite i suoi racconti pieni di patos, iperrealismo e dinamicità, Tales from the Loop è l’esatto opposto, una serie che fa leva sulla calma, sulla malinconia e su quel senso di inevitabile ciclicità temporale che lega le vite umane. La serie di Amazon infatti non usa l’elemento fantascientifico come il fattore predominante, ma soltanto come un accessorio, per fare in modo di esaltare i tratti dei racconti che vogliono far emergere: il senso di impotenza di fronte ad alcuni eventi della vita e la dolce rassegnazione nel comprendere l’inspiegabile, il tutto avvolto dal cullante ritmo della colonna sonora composta da Philip Glass.

Proprio questi contrastanti sentimenti di consapevolezza e rassegnazione possono portare all’unico, calzante paragone con un’altra serie dell’era moderna, discussa e per certi versi sottostimata, come Tales from the Loop, cioè The Leftovers. Proprio come il capolavoro, con la C maiuscola, di Damon Lindelof utilizzava l’espediente della scomparsa per raccontare come l’uomo si approccia in maniera tanto differente quanto simile al dolore, lo stesso fa Tales from the Loop con il Loop, un enorme sfera che aleggia per tutto il corso della narrazione come deus ex machina delle vicende, ma che alla fine non da alcuna risposta, proprio come la serie di HBO.

 

Tales from the Loop, in conclusione, è un breve ma intenso viaggio all’interno della consapevolezza, con delle sfumature sci-fi che rimandano a tinte fortissime alla fantascienza degli anni ’50 e ’60, quando ancora l’ignoto era meraviglia, non per forza terrore.

P.S. Se proprio dobbiamo unirci a questa serrata lotta del “cosa somiglia a cosa”, Tales from the Loop al massimo può rimandare per ideologia ai corti realizzati dagli Oats Studios, la casa di produzione di quel genio di Neil Blomkamp (regista di Humandroid, Elysium e District 9). Fatevi un favore, vedeteli insieme a questo ennesimo, splendido prodotto marchiato Amazon, che si conferma ancora una volta regina della qualità.

  • 9/10
    Storia - 9/10
  • 8/10
    Tecnica - 8/10
  • 9/10
    Emozione - 9/10
8.7/10

Summary

Intrattenere spesso significa mantenere un ritmo alto in modo che lo spettatore non si possa annoiare, altre volte quella “noia” supera l’intrattenimento.

Porcamiseria

8.7

Intrattenere spesso significa mantenere un ritmo alto in modo che lo spettatore non si possa annoiare, altre volte quella "noia" supera l'intrattenimento.

Storia 9 Tecnica 8 Emozione 9
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