The 1004×10 Die All, Die Merrily

Octavia si scontra con i rappresentanti dei vari clan, e il vincitore potrà decidere chi occuperà il bunker della salvezza. Nel frattempo, Clarke fa un passo indietro sulle sue decisioni.

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In un episodio in pieno stile Hunger Games, The 100 si configura ancora una volta come una serie che non ha paura di osare, ponendo fine al percorso di più personaggi nel corso di una manciata di secondi e dando una svolta radicale alla storia, confondendo ancora una volta le acque. Non esiste giusto e sbagliato o bianco e nero, tutto è lecito e i limiti cessano di esistere.

La sola presenza di Octavia all’interno dell’episodio diviene il pretesto per una velata analisi dell’intera serie: l’evoluzione del personaggio e le sue mille contraddizioni esemplificano ancora una volta il viaggio compiuto da tutte le parti in gioco, e attraverso i suoi occhi è anche più semplice capire come la lotta per la sopravvivenza sia un irrisolvibile punto di domanda, campo di battaglia delle emozioni più diverse.

L’epifania del personaggio e il suo conseguente aggrapparsi alla vita sono il risultato di un conflitto interiore che trova in questi quaranta minuti il suo epilogo. Octavia è infatti chiamata a rappresentare Skaikru nella Battaglia dei clan, dove un rappresentante di ciascuno di essi metterà in gioco la propria vita per il futuro dell’umanità. L’unico sopravvissuto avrà il compito di decidere le sorti del bunker e chi lo occuperà, responsabilità non indifferente che segnerà la svolta epocale di un’intera generazione.

La morte è l’assoluta protagonista di Die All, Die Merrily, episodio senza esclusione di colpi che miete delle vittime piuttosto importanti, da Roan a Luna. Gli avversari di Octavia sono elevati a simbolo di un’umanità in decadenza e senza pietà. La giovane rappresenta invece il risveglio, l’improvvisa consapevolezza della fragilità dell’essere.

I continui ricordi di Lincoln e la devastazione che prende vita davanti ai suoi occhi, causando anche la struggente dipartita di Ilian, risolvono in qualche modo gli innumerevoli tormenti di Octavia. La forza e la determinazione di questo personaggio sono inaspettatamente la chiave di lettura di questa stagione di The 100, mai così apertamente incentrata sulla tematica della segregazione e la diversità. In un improvviso ribaltamento di prospettive, lo spettatore riesce perfettamente a identificarsi nelle falle della guerriera che, in fin dei conti, esaspera la quotidianità di ognuno di noi. La lealtà di Octavia è messa a dura prova ed è proprio questo suo “scontro finale” a simboleggiare metaforicamente la luce alla fine di un tunnel.

Nel suo discorso da vincitrice, Octavia giunge finalmente alla conclusione che non esistono gerarchie in grado di dominare gli istinti dei popoli che dominano la Terra ed enfatizza il concetto di uguaglianza. Il suo richiamo all’unione sarebbe l’epilogo ideale dell’episodio e un verosimile lieto fine di un’inutile guerra fra fazioni. È però proprio il colpo di scena finale a ribaltare ancora una volta le regole del gioco.

Clarke, guidata da Jaha, decide di rinunciare alla speranza da cui era fino ad ora animata e, per la seconda volta nel corso della serie, sceglie egoisticamente la propria gente occupando di nascosto il bunker della salvezza. La scelta è piuttosto controversa e va a ledere la credibilità del leader altruista che Clarke si è guadagnata nonostante i suoi errori; di conseguenza, appare problematico quest’improvviso dominio della forza sulla sua razionalità, qualità per cui la giovane si è sempre contraddistinta.

Voltare le spalle ai propri valori è un grande passo indietro per il personaggio e ci porta a chiederci quale sarà la sua prossima mossa. Dopo un lungo processo di redenzione, la chiusura dell’episodio rappresenta l’apertura di un nuovo cerchio, un cerchio che forse è di troppo e che rischia di rallentare i ritmi di una stagione così ben riuscita.

La fine è imminente e la tensione è percepibile in ogni singolo frammento che la serie ci regala da ormai qualche settimana. The 100 è in continua evoluzione ed è proprio questo suo aspetto a renderla particolarmente interessante. Le dinamiche della serie sono un work in progress ed è impossibile resistere al fascino del suo modus narrandi; appare evidente che la storia sia strutturata seguendo uno schema ben preciso e, nonostante qualche incidente di percorso, riesca a portare avanti un progetto coerente.

Una menzione a parte va fatta per Bellamy, di un’importanza straordinaria a livello narrativo. Il personaggio è ormai l’anello di congiunzione della storia, un ruolo quasi inaspettato. La sua completa fiducia nella sorella e la ritrovata lealtà in quest’ultima sono i momenti più intensi dell’episodio, frammenti che finalmente pongono fine al conflitto fra i due.

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