The 1003×09 Stealing Fire

Dopo la morte di Lexa è tempo a Polis di scegliere una nuova Heda. Purtroppo il candidato numero uno è Ontari, sicura minaccia alle speranze di pace tra Grounders e Skaikru. All'Arkadia, la spietata dittatura del cancelliere Pike sta raggiungendo livelli disumani, arrivando addirittura ad instaurare un vero e proprio regime del terrore.

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Se pensavamo di aver già visto il massimo che The 100 potesse offrire, con le sconvolgenti rivelazioni di due puntate fa… beh, ci sbagliavamo di grosso. In questo episodio c’è tutto, tutto quello che di buono ci si può aspettare da una puntata cardine di una serie tv. Se le recenti rivelazioni sulla natura dei comandanti dei Grounders ci avevano fatto sobbalzare sulla sedia, il nono episodio lo fa in egual misura ma in maniera più lenta e costante, distribuendo i fatti più salienti lungo tutto l’episodio, e rilasciando graduali ondate di emozioni ad ogni passaggio, quasi come un pesante drappo srotolato lentamente per più di quaranta minuti.

Gli episodi proseguono ma gli scenari non cambiano: da una parte Polis, cuore pulsante del mondo terrestre, e dall’altra l’Arkadia, quartier generale degli Skaikru. Due mondi agli antipodi, sempre in lotta ma accomunati da forti tensioni, dai dubbi e dalle paure che regnano sovrani e incontrastati. La morte accidentale e prematura di Lexa è ancora una ferita troppo aperta e fresca per poter essere rimarginata in così poco tempo: tutti i sostenitori e i confidenti più prossimi del defunto comandante piangono la sua triste scomparsa. In prima fila Titus e Clarke, che rivedevano in Lexa la più grande speranza di riportare la pace in un mondo piombato nel caos da ormai troppo tempo.

The 100 3x09 Stealing Fire recensione

Sfortunatamente, non per tutti questa tragedia vien per nuocere: la morte della Heda ha dato il via al conclave per la successione del comando, spalancando le porte del trono al sanguinario sadismo di Ontari, guerriera della Nazione del Ghiaccio. Già dalla sua prima apparizione viene presentata come sicura antagonista principale delle future vicende: la furia omicida con cui si avventa su Clarke appena varcato il portone della sala ci fa capire subito che abbiamo a che fare con un personaggio violento, sprezzante e soprattutto senza mezze misure. Ontari rivendica il suo diritto alla lotta per il futuro comando, in quanto facente parte dei legittimi pretendenti per diritto di sangue e di nascita.

La sua minaccia in caso di vittoria non lascia scampo ad alcun tipo di dubbio: lo sterminio degli Skaikru sembra essere il motore principale che la spinge ad anelare il trono con tutte le sue forze. Non è effettivamente chiaro se dietro la sua irragionevole furia ci sia solo un egoistico arrivismo nei confronti del potere, oppure una fervida convinzione di proteggere e salvaguardare il suo popolo dagli invasori, anche se con metodi coercitivi a livelli disarmanti. Al momento non si scorgono barlumi di benevolenza in lei, soprattutto dopo l’agghiacciante rivelazione: Ontari ha massacrato nel bel mezzo della notte tutto il resto dei pretendenti per il comando ed essendo poco più che bambini questo ci dà ancora più la misura di con chi abbiamo a che fare.

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Un’azione così raccapricciante, meschina, contornata però denota un’abbondante dose di furbizia: a prescindere dal come e dal perché ora lei è rimasta l’unica “degna” aspirante al comando, e proprio per questo, si autoproclama nuovo comandante e ordina a tutti di mobilitarsi per i preparativi dell’investitura, come fosse un colpo di Stato.

In questo momento di disperazione e minaccia, nonostante le innumerevoli divergenze, vediamo Titus e Clarke impegnati in un tentativo di collaborazione reciproca per un fine comune: entrambi aborrano l’idea di un nuovo leader sadico e sanguinario, e per questo il sacerdote rivela alla nostra protagonista la verità sull’esistenza di un’altra legittima pretendente al comando, tale Luna, risparmiata da Lexa durante l’ultimo conclave. Ecco quindi Clarke partire alla ricerca di un nuovo possibile leader, una possibile speranza di pace che è stata sepolta momentaneamente insieme a Lexa.

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Se però vogliamo mettere tutte le carte in tavola, possiamo dire che la collaborazione forzata di Titus e il suo venir meno alle regole consegnando a Clarke la “fiamma” – oltre ovviamente all’auto-sgozzamento in stile martire 2.0 per rallentare il rituale di passaggio e guadagnare quindi tempo – siano tutte azioni compiute esclusivamente in onore e memoria del suo amato e defunto comandante, più che per il futuro bene comune. Ci ricordiamo infatti la sua riluttanza nei confronti della recente sospensione del mantra assolutistico “Blood must have blood” messo a punto da Lexa poco prima della sua morte e il pronunciamento delle parole “Per Lexa” e non “Per il mio popolo” prima di auto infliggersi la coltellata mortale.

Poco male, sta di fatto che tutto questo non solo ha dato a Wanheda una speranza per gli Skaikru ma le ha anche consentito una sicura via di fuga altrimenti impensabile vista la chiara intenzione di Ontari di usare i suoi femori per una partitina di criket.

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Spostandoci invece sul fronte Arkadia, ci addentriamo su quello che probabilmente è lo spaccato più densamente carico di emotività di questo episodio di The 100. Questa volta niente ologrammi, niente lavaggio del cervello, niente intelligenze artificiali: solo pure e semplici emozioni umane. La spietata dittatura del cancelliere Pike affonda le sue radici sempre più in profondità, andando a stuzzicare il facile bersaglio della paura, che genera di conseguenza un odio ancora più cieco e spietato nei confronti dei Grounders.

Spaventosamente vicino ai governi assolutistici del mondo reale, questa nuova amministrazione fa del regime del terrore la sua vera forza, l’arma in più che consente al dittatore di comandare i suoi sottoposti con il pugno di ferro. E come fa un dittatore ad asserire il suo predominio in maniera ancora più tracotante? Facendo del principale baluardo dell’opposizione un esempio a monito per chiunque tenti di sovvertire il potere: Kane e Lincoln sono imprigionati ormai da giorni in attesa dell’esecuzione capitale. La forza morale di questi due personaggi si dimostra salda e franca come non mai anche in questa situazione disperata: mai un lamento, una supplica, una dimostrazione di debolezza di qualsiasi tipo. E questo non per sconsiderata spavalderia, ma semplicemente come esempio da emulare: non piegarsi e non cedere mai alla paura.

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Al di fuori delle mura, la “resistenza” fa del suo meglio, con i pochi rinforzi sotto copertura rimasti all’ Arkadia, per escogitare un disperato tentativo di salvataggio. Dopo aver catturato Bellamy, Octavia e Indra, comunicando con Harper e gli altri infiltrati, danno inizio alla complessa operazioni di fuga.

Ecco, visto che è stato scomodato il nome di Bellamy, cerchiamo di battere il ferro finché è caldo, spendendo per lui due parole veloci. Non per essere triti e ripetitivi, ma definirlo una robbosa palla al piede è davvero un eufemismo. Sempre pedante e piagnucoloso, propone in esclusiva per noi l’intera stagione autunno/inverno degli sguardi  contriti che manco Barbara D’Urso nella sua forma migliore. E poi diciamolo, che gran monumento alla coerenza! Se cambi idea più volte di una donna con il ciclo poi non ti stupire se le tue asserzioni non vengono più prese seriamente.

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In poche parole ben lungi dall’essere il personaggio spigliato e dinamico delle prime due stagioni. Tornando all’episodio, è proprio nell’ultima stretta finale che la carica emotiva raggiunge il suo apice. Nel mentre della fuga, Kane ed Abby si lasciano finalmente andare, suggellando  con un bacio la promessa di rivedersi presto. Il colpo di grazia però arriva con Lincoln: la ciliegina sulla torta, che ha personalmente dato vita a qualche frugale gocciolamento del dotto lacrimale, arriva fulminea ed inaspettata.

Pike, tramite agli altoparlanti, comunica ai fuggitivi di consegnarsi all’istante alle autorità: se così non dovesse accadere, avrebbero sulla coscienza la morte degli altri prigionieri innocenti. Mossa molto astuta non c’è che dire. Com’era prevedibile Lincoln non riesce proprio a sopportarlo. Esattamente per questo si consegna nelle mani del cancelliere, arrendevole, con le braccia spalancate ma sempre con il suo solito piglio fiero e nobile. Sotto lo sguardo lontano e atterrito di Octavia, viene giustiziato con un colpo di pistola alla tempia.

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Anche questa volta puntata eccellente e magistrale. Man mano che si susseguono le stagioni, si ha come l’impressione che The 100 maturi esponenzialmente, seguendo in maniera quasi speculare il percorso dei personaggi: l’intera vicenda non verte più solo sulle frugali relazioni adolescenziali o su un gruppo di ragazzini impauriti che cercano di ambientarsi in questo mondo estraneo e selvaggio. Ora la narrazione è adulta, strutturata ed incentrata su argomenti molto più seri e realistici come la guerra e la politica. L’unica nota leggermente stonata del nono episodio la possiamo forse riscontrare nell’uscita di scena di Lincoln. Bella, ben riuscita e dotata di una straordinaria carica emotiva, ma forse un personaggio così puro e piacevole avrebbe meritato di andarsene nel mentre dei picchi più alti della sua presenza scenica, quando veniva utilizzato spesso e più a lungo, non dopo nove puntate da esclusivo prendi polvere d’arredamento. Nonostante questa piccola falla, l’episodio si merita ben 4 porcamiseria.

4

 

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