The Good Doctor2×08 Stories – 2×09 Empathy

Quattro pazienti dalle vite quasi più complicate delle loro cartelle cliniche sono ancora una volta il pretesto con cui The Good Doctor va a concentrarsi sui propri personaggi principali, tra promettenti rivelazioni e deludenti circoli viziosi nella caratterizzazione dei protagonisti più longevi.

6.5

Arrivati a questo punto, i pregi e i difetti di The Good Doctor ci sono ormai ben noti e non mancano di manifestarsi anche nei nuovi episodi, ad un passo dal winter finale della seconda stagione del fortunato medical della ABC.

Uno dei problemi maggiori della serie, infatti, è la sostanziale staticità della narrazione: sebbene spesso si tenti di camuffarla con espedienti più o meno riusciti, in alcuni casi essa tende ad emergere con maggior prepotenza, confermandoci come la serie abbia bisogno di trovare una trama orizzontale precisa e originale per non continuare a riporre tutte le proprie speranze nella caratterizzazione “sopra le righe” del protagonista e nella componente emotiva dei casi medici di turno. Una volta conosciuti a fondo l’animo del dottor Shaun Murphy, le sue abilità e i suoi limiti, i suoi comportamenti smettono di stupire il pubblico e non sono più sufficienti a tenere alta la sua attenzione; per quanto riguarda i pazienti, d’altro canto, sicuramente apprezziamo l’impegno degli sceneggiatori, ma ricorrere sempre a pretesti anche poco plausibili per far sì che la loro storia si colleghi, talvolta in modo didascalico, a un determinato aspetto del vissuto o dell’interiorità dei medici che li curano non è sempre la scelta più saggia.

Nei due episodi in questione, ad esempio, abbiamo ben quattro casi medici che si cerca in tutti i modi di rendere vicini ai dottori che se ne dovranno occupare, in modo da lasciare spazio ad una loro introspezione. In realtà, questo accadrà solo in parte: certamente i risultati migliori sono quelli riscossi dall’approfondimento della dottoressa Reznick, forse uno dei personaggi più convincenti dall’inizio della nuova stagione. Il confronto con i genitori no-vax del suo paziente in Stories, quando una sua amica ha perso il figlio di un anno proprio a causa delle stesse posizioni, ci darà la possibilità di conoscere meglio colei che sin da subito si è presentata come una figura problematica e poco incline a guadagnarsi la simpatia degli spettatori, lasciando emergere sempre di più la sua inaspettata sensibilità. Qualcosa di simile accade anche al dottor Park, la cui caratterizzazione viene ampliata nel corso di entrambi gli episodi, così da eliminare la distanza che lo separava dai colleghi e rendere anche lui un personaggio tridimensionale e più complesso del previsto.

La serie non può continuare a riporre tutte le proprie speranze nella caratterizzazione “sopra le righe” del protagonista e nella componente emotiva dei casi medici di turno

Claire, invece, colpisce molto meno nella gestione dei propri pazienti e delle loro situazioni mediche e personali – semplicemente perché già conosciamo bene la sua intelligenza e la sua empatia – mentre ci sorprende in positivo nella soluzione del suo litigio con Melendez, che era causa di un clima di tensione che già nel giro di un paio di episodi si era fatto pesante tanto per i personaggi quanto per noi spettatori. Le pressioni di Andrews su entrambi affinché risolvano i propri problemi e ritrovino l’equilibrio di un tempo non piegheranno la brillante e determinata dottoressa, che non ha nessuna intenzione di pentirsi per aver scavalcato un suo superiore nel portare a compimento un’idea di cui è tuttora molto convinta. Spetterà dunque a Melendez fare il primo passo e tendere la mano alla specializzanda, non senza un aiuto da parte di quest’ultima o senza la possibilità di essere sfavorito nella corsa al ruolo di primario di chirurgia a fargli da incentivo.

Più deludenti, come accennato, sono proprio i tentativi di approfondimento riservati al protagonista. Se in Stories l’immobilità del personaggio non si fa sentire eccessivamente, è in Empathy che si manifesta con più evidenza: il fatto che non riesca a trovare un’utilità nella richiesta di un intervento di chirurgia estetica da parte di un ragazzo arrivato in ospedale per tutt’altro motivo porta il giovane chirurgo a dubitare delle proprie abilità di medico in quanto incapace, a suo dire, di provare empatia.

I have autism, which means I have a deficiency of mirror neurons, which inhibits me from emotionally trading places with people, which makes empathy very difficult. Does that mean I can’t be a good doctor?

Peccato che ciò, lo sappiamo bene, non sia vero; ormai abbiamo visto molte volte Shaun prendere “lezioni di empatia” da chi lo circonda, soprattutto da Claire e da Glassman, e sappiamo che il ragazzo ha più volte fatto uso di questa abilità umana senza rendersene conto e a dispetto dei limiti imposti dalla sua sindrome. Proprio per questo, il fatto che ora ne faccia improvvisamente un problema che non sussiste, costringendoci a veder ribadito nel corso di tutto l’episodio qualcosa che già sappiamo, anche attraverso continui e monotoni parallelismi tra la sua infanzia e quella del giovane paziente, ci fa storcere il naso e pensare che si sia persa un’occasione per esplorare altri lati del suo carattere, magari meno noti agli spettatori.

Le azioni di Shaun non sono però il sintomo maggiore della monotonia di alcuni meccanismi narrativi di The Good Doctor, che non smettono di accanirsi contro il dottor Glassman rendendolo un personaggio a tratti fastidioso nella sua ostinata e arrogante negazione dei propri problemi di salute. Se in un primo momento questo tipo di introspezione ci era sembrata la scelta vincente, essendo in linea con il personaggio e coerente con i comportamenti di un uomo non più in perfetta forma che non vuole tuttavia rassegnarsi alla malattia, certamente andando avanti con la narrazione ci aspettavamo un salto di qualità che in questi due episodi non abbiamo avuto.

In conclusione, tanto Stories quanto Empathy hanno del potenziale nell’approfondimento dei personaggi più nuovi e quindi meno conosciuti, ma allo stesso tempo dimostrano come The Good Doctor stia esaurendo la spinta data dai suoi schemi narrativi più longevi e rischi di restare bloccato su di essi senza riuscire a raccontare qualcosa di abbastanza originale e interessante da non annoiare lo spettatore.

  • 6/10
    Storia - 6/10
  • 7/10
    Tecnica - 7/10
  • 6.5/10
    Emozione - 6.5/10
6.5/10

Summary

La seconda stagione di The Good Doctor si trascina avanti un po’ a fatica, con due episodi che arrivano alla sufficienza grazie all’approfondimento degli specializzandi che conosciamo meno e alla soluzione di una storyline che aveva appesantito le scorse puntate, ma che vengono allo stesso tempo penalizzati da una certa pigrizia nella caratterizzazione del protagonista e alcuni comprimari.

Porcamiseria

6.5

La seconda stagione di The Good Doctor si trascina avanti un po' a fatica, con due episodi che arrivano alla sufficienza grazie all'approfondimento degli specializzandi che conosciamo meno e alla soluzione di una storyline che aveva appesantito le scorse puntate, ma che vengono allo stesso tempo penalizzati da una certa pigrizia nella caratterizzazione del protagonista e alcuni comprimari.

Storia 6 Tecnica 7 Emozione 6.5
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