The Walking Dead5×09 What Happened and What’s Going On

Ritorna dopo due lunghissimi mesi di pausa The Walking Dead con questo episodio che, già dal titolo, sembrava essere uno dei classici filler messi lì un po’ a caso per tirare le fila del discorso. (ATTENZIONE: quanto segue è uno SPOILER ESTREMO per chi non ha visto la puntata 5×09) E invece gli autori ci spiazzano […]

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Ritorna dopo due lunghissimi mesi di pausa The Walking Dead con questo episodio che, già dal titolo, sembrava essere uno dei classici filler messi lì un po’ a caso per tirare le fila del discorso.

(ATTENZIONE: quanto segue è uno SPOILER ESTREMO per chi non ha visto la puntata 5×09)

E invece gli autori ci spiazzano ancora una volta. Dopo la prematura dipartita di Beth nel mid-season finale, anche in questo episodio uno dei protagonisti ci lascia le penne, e pure -se possibile- nel modo peggiore in assoluto. Ma procediamo con ordine.

La puntata inizia con i nostri protagonisti intenti a riportare Noah, recentemente salvato dalle grinfie di Dawn e dei suoi scagnozzi, a casa sua, per soddisfare la (presunta) volontà della compianta Beth; per farlo si dirigono verso il complesso di Shirewilt Estates, solo per scoprire, tristemente, che tutti gli abitanti sono morti.

“We made it. It’s gone”

“We made it. It’s gone”

La reazione di Noah è ovviamente comprensibile, anche se Tyreese (ormai divenuto a tutti gli effetti il paladino dei buoni e degli oppressi) sembra l’unico che abbia l’intenzione di fare qualcosa per consolarlo in un momento così difficile.

Gli altri, più prosaicamente, decidono di ispezionare la zona in cerca di qualcosa di utile.

A quanto pare, però, le parole di Tyreese non sortiscono gli effetti sperati, visto che il ragazzo decide di partire di corsa verso quella che era la sua vecchia dimora, noncurante dei (probabilissimi) pericoli che potrebbe incontrare lungo la strada (del resto, il posto è ovviamente infestato di zombie).

Tyreese lo accompagna e, ispezionando il piano superiore della casa, si incanta, non si sa bene per quale motivo, davanti a una serie di fotografie di Noah e della sua famiglia.

Non riesco a spiegarmi come una persona sopravvissuta così a lungo in piena apocalisse zombie possa abbassare la guardia in questo modo durante l’esplorazione di una casa abbandonata, ma ad ogni modo non sente arrivare di soppiatto il fratello minore di Noah (per quanto uno zombie possa arrivarti alle spalle silenziosamente), che lo morde al braccio prima che lui possa perfino capire cosa stia succedendo.

E ormai è troppo tardi.

A Tyreese, con il braccio sanguinante, non resta che attendere l’aiuto degli altri, che provano a guadagnare tempo amputandogli di netto il braccio senza alcuna esitazione. Del resto, una vita senza poter utilizzare un arto superiore è pur sempre meglio di una non-vita (o meglio, una non-morte).

La parte più interessante dell’episodio è sicuramente quella che si concentra sulle riflessioni pre-morte di Tyreese, che si concretizzano in questo caso in visioni di persone del suo passato, pur scelte a mio avviso un po’ troppo casualmente.

Troviamo infatti Lizzie e Mika, Beth (con le sue insopportabili canzoni cantate pure dall’aldilà) e Bob, che cercano di condurlo il più dolcemente possibile verso l’inevitabile morte. Dalle loro parole è evidente che vogliano convincerlo del fatto che la vita dopo la morte sarà migliore, che loro stanno meglio ora di quando erano in vita in un mondo che non gli consentiva di vivere; è altrettanto evidente, però, che queste parole rappresentano più una manifestazione dei pensieri dello stesso Tyreese, pensieri che forse nemmeno lui riusciva ad ammettere a se stesso.

Nei suoi deliri ritroviamo però anche il Governatore e Martin, che gli parlano i termini diametralmente opposti, cercando di fare leva sui suoi sensi di colpa per non aver vendicato la morte della sua amata (per mano di Carol), e per non essere stato, in generale, all’altezza delle aspettative.

Detto questo, mi sento di spendere qualche parola su Tyreese, personaggio entrato nel gruppo un po’ in sordina con l’atteggiamento burbero tipico di chi ha dovuto rinunciare a tanto, e pian piano evolutosi in un elemento indispensabile per tutto il gruppo, sia dal punto di vista fisico che umano.

Ammetto però che il suo personaggio, così pieno di contraddizioni non sempre elaborate al meglio all’interno della storyline, non mi è mai andato completamente a genio.

La sua morte, comunque, seppur avvenuta in un modo così stupido (talmente stupido che per certi versi se l’è quasi meritata, oserei dire), mi ha stranamente colpito. Probabilmente merito delle visioni (decisamente ben fatte), o della delirante fuga insieme ai suoi compagni nel disperato tentativo di salvataggio in extremis.

L’ennesima morte all’interno del gruppo, ovviamente, contribuirà a cambiarne inesorabilmente le dinamiche, così come era stato per Beth.
Michonne, una delle poche persone ragionevoli a mio avviso, non vedeva l’ora di stabilirsi all’interno del complesso, ma Rick (ormai leader più di nome che di fatto, vista la quantità di pessime decisioni prese negli ultimi tempi) ovviamente non è d’accordo, e non intende fornire troppe spiegazioni. Come al solito.

Ad un certo punto, da zero, arriva l’illuminazione: “ma non è che Eugene (che, ricordiamo, ha preso tutti per i fondelli fingendo di essere uno scienziato con in mano il destino dell’umanità) aveva scelto Washington per un motivo? Non è che sotto sotto Washington potrebbe essere davvero un luogo sicuro?”

Allora, che dire…raramente in un telefilm ho avuto modo di vedere decisioni più random di questa. A parte il fatto che si stanno basando sul presunto ragionamento di un completo incapace (che per di più li ha presi in giro dal primo all’ultimo), ma poi per quale assurdo motivo Washington dovrebbe essere più sicura di qualsiasi altra grande città?

Città grande = Tante persone = tanti morti e, quindi, tanti erranti.
Facile, no?

Immagino che questa decisione sia solo il pretesto per tirare avanti con un nuovo viaggio della speranza, durante il quale i nostri incontreranno i soliti mille ostacoli, mille zombie, mille superstiti umani assetati di potere e di sangue, per poi ritrovarsi esattamente al punto di partenza con qualche personcina in meno.

E fin qui mi può andare anche bene, spero solo che il gruppo non si divida nuovamente, dedicando interi episodi ai vari sottogruppi puntata dopo puntata come già successo più volte in passato, perché questo modo di portare avanti la trama è l’unico vero punto debole della serie; ti dà l’impressione che non stia succedendo niente, anche quando nella realtà dei fatti è l’esatto opposto, e la prima parte di questa quinta stagione ne è una prova.

Detto questo, nonostante la morte (ben realizzata e commovente) di uno dei personaggi principali della serie, non posso dare più di tre porcamiseria su cinque alla puntata, a causa dell’impianto narrativo che, ormai da troppo tempo, è sempre troppo uguale a se stesso.

voto-3

 

 

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