The Walking Dead5×11 The Distance

Dopo la puntata disastrosa di settimana scorsa, si sentiva la necessità di dare un po’ di ritmo alla narrazione, ormai ferma e uguale a se stessa da troppo tempo. Questo episodio ha, fortunatamente, il merito di dare uno scossone alla trama, apportando all’intreccio il giusto mix di azione e approfondimento dei personaggi. Come ormai sanno […]

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Dopo la puntata disastrosa di settimana scorsa, si sentiva la necessità di dare un po’ di ritmo alla narrazione, ormai ferma e uguale a se stessa da troppo tempo. Questo episodio ha, fortunatamente, il merito di dare uno scossone alla trama, apportando all’intreccio il giusto mix di azione e approfondimento dei personaggi. Come ormai sanno anche i muri, il corretto bilanciamento di queste due componenti è sempre stato uno dei problemi principali della serie, e fortunatamente con questo episodio sembra ci si stia muovendo nella giusta direzione.

Ma andiamo per ordine. Eravamo rimasti, alla fine dello scorso episodio, alla comparsa di un tale Aaron, che affermava di avere “buone notizie” per i nostri sopravvissuti.
Ovviamente, essendo questo The Walking Dead e non Alice nel Paese delle Meraviglie, Rick sospetta (non senza motivi, effettivamente) che Aaron faccia in realtà parte del solito gruppo di schizzoidi in cerca di sprovveduti da abbindolare (leggasi: Governatore), o più semplicemente di nuova carne da macello da cucinare alla piastra (come accaduto a Terminus).

Diciamo che, comunque, Rick sembra andarci giù un po’ troppo pesante fin da subito con questo poveraccio, ormai disarmato e senza apparenti intenti bellicosi, la cui unica colpa sembra essere una “leggera” logorrea. Tant’è, Rick gli sferra un gancio da pugile esperto in piena faccia, lasciandolo a terra momentaneamente privo di sensi. Quando si dice eleganza.

Il ragazzo sembra effettivamente innocuo, ma si rifiuta di dare troppe informazioni su di sè, limitandosi più che altro a descrivere il luogo da cui proviene (una certa Alexandria, località protagonista di un lunghissimo arco narrativo anche nel fumetto) come il paradiso di tutti i sopravvissuti all’epidemia (aridaje…): mura altissime ed inespugnabili, cibo a volontà per tutti, abitazioni su misura e, soprattutto, la sicurezza che i nostri cercano disperatamente (e senza successo) da cinque stagioni a questa parte.

Rick, tuttavia, con i suoi soliti deliri e con l’usuale atteggiamento da duro tanto per il gusto di esserlo, rifiuta a priori anche solo la possibilità di valutare la buona fede di Aaron. Gli ruba le provviste, lo lega ad un palo della loro accoglientissima stalla e manda un gruppetto, su insistenza di Michonne, in avanscoperta.

Avevo già dato in passato, su queste pagine, la mia opinione su Rick, presunto leader di un gruppo che nel 90% dei casi gli dà ascolto solo per paura di ricevere un cartone in faccia. Per fortuna Michonne (sempre sia beata) ha avuto il coraggio di imporsi nuovamente, trascinando il resto del gruppo e mostrando Rick per quello che è davvero da almeno una ventina di puntate a questa parte: un pallone gonfiato con le pretese da leader, che non riesce più a prendere una decisione giusta e calcolata nemmeno se gliela sbatti davanti al naso.
Sia chiaro, mi rendo perfettamente conto che a lui va una grande parte del merito della sopravvivenza del gruppo nelle ultime stagioni, c’è da dire però che in casi come questo un vero leader deve saper prendere delle decisioni ben ponderate, non affrettate e pensando al bene della “sua famiglia” (come la chiama lui) non solo nell’immediato, ma a lungo termine.
Se questo significa avventurarsi nell’ignoto, fidandosi per una volta di uno sconosciuto nella speranza di un futuro migliore per tutti (soprattutto della piccola quanto inutile ed irritante Judith), so be it.

Di fronte all’ultimatum di Michonne (ormai a tutti gli effetti diventata la consigliera ufficiale del nostro leader), il leader indiscusso dà il suo (poco convinto) benestare, e il gruppo parte unito alla volta di Alexandria.
Ricordiamo però che è di Rick Grimes che stiamo parlando, e (temendo per l’ennesima volta un trappolone che sembra non arrivare mai) rifiuta di seguire il percorso più sicuro indicato da Aaron e prende un’altra strada, che si rivelerà ovviamente disseminata di zombie.

Di una cosa bisogna ringraziarlo, comunque: grazie a questa sua scelta scellerata, The Walking Dead ci ha regalato una delle migliori scene di azione della quinta stagione. Una sequenza tesa, carica di suspence, ben girata ed esaltata ulteriormente dal dubbio sulle reali intenzioni di Aaron, che inizia a serpeggiare anche nella mente dello spettatore dopo la sua reazione aggressiva e improvvisa all’ondata di zombie lungo la strada.

Si capisce dopo poco, tuttavia, che il panico che ha travolto Aaron durante l’attacco degli erranti è dovuto al terrore di non poter più rivedere il suo amato, Eric. E’ proprio in questa puntata, infatti, che viene introdotto per la prima volta nella serie un personaggio dichiaratamente omosessuale, e per di più in una relazione stabile (lontano, quindi, dai classici stereotipi di genere).
Il tema per ora è stato (ovviamente) trattato solo marginalmente, ma del resto il personaggio di Eric è stato solo presentato in una manciata di minuti. Apprezzo comunque la scelta di introdurre una tematica così attuale e delicata, e la loro storia (tratta a piene mani dal fumetto, da quanto ho avuto modo di capire) mi incuriosisce moltissimo.

La puntata, è, ad ogni modo, sicuramente degna di nota ed entra di diritto tra le migliori della stagione. Dopo la delusione cocente dello scorso episodio, davvero uno dei peggiori di tutta la serie (e, oserei dire, di tutte le serie tv che abbia mai avuto modo di vedere nella mia vita), abbiamo assistito ad una decisa inversione di rotta verso una narrazione più incisiva e con meno punti morti. Anche le parti dedicate all’approfondimento delle dinamiche tra i personaggi risultano davvero ben riuscite, mai stucchevoli come spesso avvenuto in passato ma sempre pertinenti al contesto.
Questa è la dimostrazione del fatto che, con un minimo di attenzione in più alla scrittura degli episodi, questa serie potrebbe fare davvero faville, non tanto dal punto di vista degli ascolti (come, del resto, accade già ora) quanto alla qualità complessiva della narrazione.
Episodi ottimi come questo, che non fanno rimpiangere i fasti della prima stagione, mi ricordano le vere potenzialità di questa serie, che troppo spesso vengono sprecate in favore di approfondimenti psicologici spicci, chiacchiere da bar e scene d’azione inserite a caso. Il mio voto alla puntata è di quattro porcamiseria su cinque, nella speranza che i prossimi episodi riescano a mantenersi su questo standard.

voto-4

 

 

Considerazioni sparse:

– voglio assolutamente che diano più spazio a Carol e Daryl, ormai ridotti ad INACCETTABILI comparse occasionali;

– le foto che mostrano un’Alexandria completamente deserta sono davvero inquietanti, mi chiedo quali sorprese dovranno aspettarsi i nostri dietro quel cancello;

– la decisione di Rick di impedire ad Aaron e Eric di dormire insieme è esattamente una di quelle situazioni di cui parlavo sopra, in cui Rick prende decisioni completamente random e slegate da ogni logica; sarebbe stato interessante vedere come avrebbe reagito lui, all’epoca, se avessero detto la stessa cosa a lui e quella ….vabbè inserite voi un aggettivo infamante a caso di Lori;

– la pistola lanciarazzi sparata in testa allo zombie (con il conseguente effetto strobo dagli occhi) è TUTTO.

 

L’appuntamento è sempre qui, su SerialFreaks, con la recensione della prossima puntata 5×12 “Remember”, in cui probabilmente scopriremo qualcosa in più in merito ad Alexandria e ai suoi abitanti (?). Come sempre, non vediamo l’ora di leggere qui sotto la vostra opinione sulla puntata!

Porcamiseria

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