The Walking Dead6×11 Knots Untie – 6×12 Not Tomorrow Yet

Con questa nuova coppia di episodi, la sesta stagione di The Walking Dead sembra finalmente aver trovato dopo tanto tempo la propria dimensione, se non nelle situazioni rappresentate (che per forza di cose si ripetono ciclicamente dando alla serie, nel suo complesso, un fastidioso senso costante di dejà vu) quantomeno nella forza della componente prettamente narrativa. L’introduzione del personaggio di […]

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Con questa nuova coppia di episodi, la sesta stagione di The Walking Dead sembra finalmente aver trovato dopo tanto tempo la propria dimensione, se non nelle situazioni rappresentate (che per forza di cose si ripetono ciclicamente dando alla serie, nel suo complesso, un fastidioso senso costante di dejà vu) quantomeno nella forza della componente prettamente narrativa.
L’introduzione del personaggio di Jesus ha consentito, infatti, di dare il via ad una serie di storyline che si intrecciano a dovere con la linea principale già tracciata dall’inizio della stagione (il rinnovamento di Alexandria conseguente all’invazione degli walkers).

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Jesus, figura estremamente rilevante nell’economia del fumetto e attesso spasmodicamente dai lettori di lunga data, è stato introdotto in modo molto burrascoso nel decimo episodio, instillando nello spettatore il dubbio sulla reale natura delle sue intenzioni: del resto, spesso la serie si è allontanata, con risultati in realtà parecchio altalenanti, dal percorso tracciato con il fumetto. Fortunatamente, il personaggio si rivela allo stesso tempo causa del cambiamento motore della maggior parte degli eventi principali di questi due episodi.

La necessità degli scambi commerciali ai fini della sopravvivenza non era mai stata esplorata in alcun modo nel mondo The Walking Dead, un mondo in cui la legge del più forte è l’unica a contare davvero e gli esseri umani rappresentano paradossalmente la minaccia maggiore.

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Proprio in questo contesto, Jesus e l’introduzione per suo tramite della cittadina di Hilltop svolgono un ruolo fondamentale, mettendo finalmente in luce anche le capacità di Maggie, personaggio tra i più amati della serie e in questa stagione messo sfortunatamente un po’ in ombra in favore di una dimensione più corale della narrazione.
La sicurezza mostrata, dopo i primi attimi di cedimento, durante le negoziazioni con il capo di Hilltop Gregory – il classico viscido con l’attidudine da spaccone e la passione per le belle donne – mettono subito in luce la stoffa della donna, consentendo di strappare un accordo assolutamente vantaggioso per l’intera Alexandria, ora in penuria di cibo.

Non è ancora dato sapere quanto peserà sull’economia di questa stagione, ma fa piacere assistere all’introduzione, in questo frangente, del gruppo guidato da Negan – uno dei cattivi più iconici del fumetto di The Walking Dead e finora mostrato solo per il tramite dei suoi scagnozzi – che tiene in scacco economicamente la cittadina di Hilltop facendo leva sull’assoluta pacificità dei suoi abitanti (o, perlomeno, sulla loro incapacità di difendersi).

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Le vessazioni che il gruppo di Jesus subisce da ormai molto tempo, avvalorate dal tentativo di uccisione di Gregory dopo solo pochi minuti dalla sua introduzione, consentono ai nostri di assumere una posizione di tutto rilievo nell’economia dei tre luoghi: Rick & Co. sono, infatti, notoriamente in forte carenza di mezzi (cibo, medicine e tutto il necessario alla sopravvivenza) ma vantano capacità di combattimento, e pertanto coercitive, di tutto rispetto.
Per quale motivo, quindi, non cogliere la palla al balzo proponendosi di far fuori il gruppo di Negan in cambio di accordi commerciali favorevoli?

Ed è proprio qui, nell’episodio numero undici, che le cose si fanno interessanti. Il piano per l’invasione dell’avamposto dei Saviours è quanto di più avventato si sia visto in sei stagioni di The Walking Dead: nessun indizio, mappe approssimative e disegnate a mano, pericolosità del nemico a livelli del tutto inaspettati, con l’unico vantaggio dell’agire di notte, cogliendo in questo modo gli avversari in contropiede

Lo stratagemma della finta testa di Gregory a comprova della sua uccisione, utilizzato come diversivo per fare breccia nella tana nemica facendosi riconsegnare allo stesso tempo l’ostaggio di Hilltop, si rivela ingegnoso ma con il senno di poi assolutamente vano (piccola curiosità: la testa utilizzata a modello è presa da un calco di quella di Johnny Depp, in uno dei cameo più strani nella storia della televisione).

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La scena d’azione che segue è non solo indicativa (se mai ce ne fosse bisogno) della comprovata superiorità fisica dei nostri, ma ha l’obiettivo dichiarato di evidenziare i differenti approcci che i vari componenti del gruppo hanno nei confronti dell’uccisione degli uomini. Questo è un aspetto spesso sottovalutato in The Walking Dead, in cui l’attitudine all’omicidio è ormai parte preponderante – seppur con scopi meramente autodifensivi – del modus operandi del gruppo, e da questo nuovo scontro emergono chiaramente gli scrupoli (comprensibilissimi) che più di un personaggio si pone nei confronti di una pratica così barbara, ma allo stesso tempo assolutamente necessaria.  Degno di nota, su tutti, padre Gabriel che con la sua prima (e assolutamente epica) uccisione ha finalmente trovato quella forza interiore necessaria ad una piena comprensione della situazione di emergenza in cui lui e i suoi compagni versano da ormai troppo tempo.

Anche il cliffhanger finale, seppur non inaspettato, colpisce nel segno, riportando i protagonisti – e lo spettatore – nell’incertezza più totale. In un battito di ciglia, Rick e i suoi passano da carnefici a prede indifese, da mattatori a carne da macello. Non sussisteva alcun dubbio sul fatto che la questione Negan potesse essere risolta così facilmente, ad ogni modo gli ultimi minuti di Not Tomorrow Yet colpiscono nel segno, contribuendo ulteriormente ad innalzare la qualità di un episodio che si conferma (come il precedente) all’altezza delle aspettative, spianando la strada alle battute finali della stagione che si preannunciano tese e d’impatto.

Trattandosi di The Walking Dead, il rischio di uno scivolone è sempre dietro l’angolo, ma quantomeno la strada tracciata – grazie anche all’introduzione di un personaggio carismatico come Jesus e di una nuova comunità dai connotati finalmente più amichevoli –  si preannuncia dinamica e avvincente come non avveniva da diverso tempo.

3.5

 

Note sparse

  • Abraham ha annunciato a una Rosita in lacrime la decisione di abbandonare il gruppo; premettendo che non frega niente a nessuno, la motivazione non è stata spiegata in modo esplicito ma ha presumibilmente a che fare con i dialoghi avuti con Glenn negli episodi precedenti sull’avere relazioni stabili con prole in un mondo del genere;
  • Carol appare per una manciata di minuti nei due episodi, ma come al solito la sua presenza risplende come nessun altro e nel frattempo si è anche trovata un fidanzato;
  • È ufficiale, Daryl è ormai diventato la parodia di se stesso e oltretutto non ha ancora iniziato a lavarsi;
  • Durante la discussione del piano per l’invasione dei Saviours, Morgan è stato definitivamente relegato al ruolo che gli compete: lo stracciapalle la cui opinione non interessa a nessuno; in un’ipotetica scala di antipatia, il bastone più noioso del West ha superato di gran lunga Padre Gabriel.

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