Say Yes è un episodio dolce e divertente, insolito non solo per la stagione, ma in generale per The Walking Dead che raramente si è focalizzato tanto sul tema amoroso in termini così spensierati e quasi comici per certi versi.
Pensandoci bene, la comicità è un ingrediente totalmente avulso alla serie. Fatico per esempio a ricordarmi di un momento di ingenua ilarità o di una freddura da ridersela tutta. Aspetto che rappresenta il grande tarlo di The Walking Dead: quello di essere finita col prendersi troppo sul serio.
Non che in Say Yes ci siano scene alla Zelig, ma sicuramente il momento del collasso del tetto e della conseguente caduta di Rick e Michonne all’interno della struttura del Luna Park ha un sapore di sciocca e e allegra distensione.
Allo stesso modo, l’utilizzo di temi ricorrenti al genere commedia romantica, come la fanciullesca gara a chi ammazza più zombie oppure quell’improbabile cena a base di maccheroni e chili, sbozzano la levità di un episodio sui generis sinceramente piacevole, capace di scrollarsi di dosso quell’aura seriosa e pesante di cui spesso s’ammanta il racconto. Con una battuta, si può dire che Andrew Lincoln abbia smesso le vesti di Rick Grimes per indossare nuovamente quelle di Mark in Love Actually.
E sapete una cosa? Per la prima volta non mi è mancato Negan. Non ci ho pensato. Francamente non mi andava di vedere affilarsi il suo smagliante sorriso da canaglia prima che Lucille sfracellasse il cranio di qualcuno. Non mi andava di vedere una carneficina o un omicidio o la boria di qualche Saviors.
Insomma, non volevo che qualcuno o qualcosa arrivasse a incupire il cielo terso e primaverile di una puntata ariosa e leggera che, in mezzo a tante tragedie e lacrime, spesse volte davvero troppo pacchiane, è riuscita a spiccare un volo morbido sulle tante scabrezze di questa settima stagione. Il tasso glicemico della puntata lo si misura anche dalla voglia di Rick di rimandare l’ora del rientro a casa. Perché, domanda a lui stesso e a Michonne, rincasare subito? Perché non cullarsi per un altro giorno e mezzo in questo dolce sogno di inizio primavera? Bastiamoci per qualche ora in più, ritardiamo le brutture della guerra con i Saviors (ancora di qualche puntata, sembra fargli eco la regia)…
Così ben venga anche il momento di tensione quando per un attimo (proprio per un quarto di nanosecondo) crediamo che Rick non ce l’abbia fatta. Lo si intuisce: non è realistico che muoia. Tuttavia ci va di prendere parte al gioco dei turbamenti amorosi e di calarci nella disperazione di Michonne che, una volta in macchina (Rick è vivo!), si scioglie in un dibattito sulla perdita dell’amato.
Quelle di Rick sono parole da capo ormai illuminato sul fatto che le loro vite sono sacrificabili in nome di qualcosa di più grande, ossia della sopravvivenza del loro gruppo. Con la lucidità di un cuore innamorato e responsabile, consola l’affranta compagna, nominandola vice-sceriffo e spronandola ad andare avanti e a prendere il potere, nel caso lui dovesse morire. Un dialogo che mi sono immaginato accompagnato dai celebri versi di Mogol e Battisti:
Io vivrò
Senza te
Anche se ancora non so
Come io vivrò.
Così, al volgere della giornata in meriggio, nell’ora in cui uno stanco sole si sdraia dietro le maledette foreste della Georgia e la realtà scalza il fugace sogno d’eterno amore, dopo essersi riappacificati con promesse di lealtà e di salvezza, i due, carichi di armi e provviste, fanno ritorno alla discarica. Lì li attende l’enigmatica Jadis la quale, non ritenendo le scorte sufficienti alla guerra, insieme a Rick, rinegozia il patto per trovare altre armi e munizioni.
Il suo portamento e il suo comportamento paiono un’instabile superficie ghiacciata dove le gracili gambe di accordi verbali potrebbero scivolare da un momento all’altro. L’ambiguità del personaggio, al tempo stesso celata e manifesta dietro due occhi impenetrabili e serrati, rende Jadis e il suo gruppo un vero enigma, in attesa di capire da che parte realmente si metteranno all’inizio del conflitto con Negan.
Oltre a parecchi spettatori, chi proprio mal sopporta il procrastinarsi della cruenta battaglia coi Saviors è Rosita che decide perciò di buttarsi in una missione suicida chiedendo manforte all’amica/nemica Sasha. Le due infatti non stanno più nella pelle di vendicarsi della morte di Abraham. Il piano è semplicemente quello di infiltrarsi ne Il Santuario e uccidere Negan. Nulla di più facile. Ci sono solo alti muri da valicare, impenetrabili recinzioni da forzare, numerose guardie da eludere, labirintici corridoi in cui orientarsi.
Insomma tutto lascia presupporre che il titolo del prossimo episodio Bury me here, sia dedicato a una delle due compagne d’armi. Oppure, chissà, a qualche altro personaggio in vista dell’ormai inevitabile incontro (o scontro) che ci sarà fra la compagnia di Alexandria e quella di Oceanside, della cui esistenza Tara sembrerebbe voler mettere a conoscenza Rick.
Insomma, Say Yes mi è sembrata una puntata dolce, intelligente e di buon senso in previsione della catastrofe che fra poco si schianterà sui nostri protagonisti. Per la prima volta dopo tanto tempo abbiamo assistito ad un episodio tranquillo ma non noioso, tenero ma non stucchevole, interlocutorio ma non prosaico. Per tutti questi motivi mi ritrovo a concordare col titolo e dico sì all’assegnare ben 4 porca miseria su 5 all’episodio.
Vota l'episodio!
Sei d'accordo con noi o avresti dato un voto diverso? Dai i tuoi porcamiseria all'episodio e dicci che ne pensi nei commenti!
Hanno votato questo episodio 7 lettori, con una media di 2,57 porcamiseria su 5.
Loading...
Ti è piaciuto l'episodio?
