Fughiamo ogni dubbio sin da subito: no, Typewriter non è affatto paragonabile al colosso di casa Netflix. Pur con qualche idea interessante, la serie indiana che attinge da molti temi ricorrenti dell’horror e a molti suoi escamotage narrativi, fallisce sotto diversi aspetti a fornire dell’intrattenimento qualitativamente all’altezza.
Villa Bardez e il suo fantasma omicida – fin troppo libero di muoversi al di fuori – la famigliola che ritorna sul luogo della morte del nonno scrittore, un gruppo di bambini appassionati di fantasmi e la coincidente notte di eclissi lunare sono temi classici per qualunque cosa sia a cavallo tra un horror e un mystery drama; Typewriter aggiunge tuttavia un elemento peculiare, una macchina da scrivere “indemoniata”, possibile, curioso contenitore per il fantasma vendicativo.
In soli cinque episodi ci viene spiegata ampia parte del mistero della villa, sviscerando il passato dei protagonisti – soprattutto del cosiddetto villain, a cui è dedicato quasi un intero capitolo – ma tralasciando alcuni affari loschi che potrebbero venire a galla in una ipotetica seconda stagione. Il setup è tipico, la narrazione non brilla per originalità, anzi risulta piena di cliché, ma c’è qualcosa sul fondo che potrebbe rivelare del potenziale.
Qualche brivido, ad esempio, ci viene dato dalla maniera piuttosto spietata e cruenta con cui il fantasma di Sultanpore miete le sue vittime, altrove un po’ di comic relief spezza la tensione – o la noia – e riaggancia lo spettatore. In altre occasioni è ciò che gli occidentali percepiscono come trash a risvegliarlo, vuoi per la regia, vuoi per la recitazione e il linguaggio del corpo dei protagonisti.
Si percepisce come Typewriter sia un prodotto acerbo
Qualcosa si può comunque imparare da questa serie, in un paio di elementi inaspettati: diversamente da molte altre produzioni del genere, non si aspetta la notte per far succedere qualcosa, e alcuni scare jump vengono utilizzati come espediente per delle battute più leggere e non restano nel vuoto privi di utilità, se non quella di averci fatto spaventare senza motivo.
Non è tutto da buttare insomma, ma si percepisce come Typewriter sia un prodotto acerbo, privo di quello slancio che può rendere una serie “fatta in casa” più avvicinabile a un pubblico internazionale – si veda ad esempio l’eccellente Dark o La Casa de Papel, di enorme successo ma trascinata a forza in una terza stagione non necessaria. Se avete una sera libera e non sapete davvero cosa guardare, questi cinque episodi potrebbero fornire il giusto passatempo, ma se cercate qualità, potete pure guardare altrove.
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4/10
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Summary
Typewriter è un prodotto con qualche guizzo, ma ancora troppo acerbo. Narrazione, regia e scrittura falliscono nel rendere una serie “fatta in casa” un prodotto dal respiro internazionale.
Porcamiseria
Typewriter è un prodotto con qualche guizzo, ma ancora troppo acerbo. Narrazione, regia e scrittura falliscono nel rendere una serie "fatta in casa" un prodotto dal respiro internazionale.
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