Westworld1×03 The Stray

In quello che essenzialmente rappresenta un episodio di transizione in vista di grossi cambiamenti in atto nei capitoli futuri, Westworld riesce nel difficile intento di rappresentare in modo variegato ed estremamente dettagliato un mondo in lenta evoluzione, sull’orlo del baratro. Nonostante il leggero calo rispetto alle precedenti, questo episodio non fa che confermare la serie come uno degli eventi televisivi del 2016.

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Westworld procede in una direzione ben precisa, nella sua rappresentazione di un mondo spettacolare, complesso e progettato ad hoc per il diletto dei visitatori; stiamo parlando di un ecosistema in cui umani e macchine sostanzialmente perfette coesistono, in un sistema ben collaudato e calcolato fin nei minimi dettagli.
Al termine dello scorso episodio, abbiamo avuto modo di vedere i primi effetti di quella che rappresenta una vera e propria presa di coscienza da parte degli Hosts, un istinto sopito volto all’autodeterminazione di queste macchine complesse che si sta lentamente ma inesorabilmente manifestando di volta in volta in modo sempre più deciso, e secondo le modalità più disparate: dal ricordo di programmazioni precedenti, ormai instauratosi a livello “inconscio” all’interno di alcuni robot (come nel caso di Dolores e del padre Abernathy), ai sogni inquietanti sempre al di fuori del perimetro della programmazione, per arrivare alla vera e propria ribellione ai comandi impartiti – emblematica, in questo senso, la scena di Maeve che si risveglia autonomamente dallo stato di riposo in cui versava in occasione degli interventi di riparazione.

The Stray si incentra principalmente sulla prosecuzione di questa presa di coscienza – finora esposta in modo eccellente – e lo fa rappresentando pedissequamente lo stesso identico pattern già visto in precedenza. Quello che cambia, sostanzialmente, è la sopraggiunta consapevolezza da parte del management del parco del fatto che la situazione potrebbe essere ben peggiore e ben più diffusa di quanto inizialmente preventivato.
In tal senso, il motore degli eventi è rappresentato da quella che, di fatto, sembra allo stato attuale la vera protagonista di Westworld: Dolores. Lei in particolare, che possiamo sotto certi punti di vista definire il paziente zero di questa “malattia” manifestatasi nel difetto di programmazione, è una vera e propria “Alice nel paese delle meraviglie”, come sottolineato nelle sequenze che danno il via alla puntata: se l’Alice di Lewis Carrol ha percorso il suo viaggio onirico alla ricerca di se stessa e della propria identità, Dolores ne è ad oggi impossibilitata, per ovvi motivi, ma sta ugualmente cercando – per quanto le sia concesso – di comprendere la natura della propria trasformazione e le implicazioni di tale cambiamento nel mondo che la circonda.

westworld 1x03 the stray recensione

Il mutamento nel modo di pensare di Dolores è coadiuvato dall’aiuto di Bernard e – nonostante lui non abbia avuto modo di rendersene conto fino in fondo – il suo Host prediletto sta iniziando a nascondere o ad omettere parti dei propri reali pensieri, secondo quanto ritenuto opportuno dalla propria “coscienza”, forse ancora in fase embrionale.
Il cambiamento in atto ricalca le teorie di Julian Jaynes, relative al crollo della cosiddetta “mente bicamerale” (citata, peraltro, proprio in questo episodio) e l’origine della vera e propria coscienza, secondo le quali è esistito un periodo in cui le azioni dell’essere umano non erano determinate dalla coscienza così come la conosciamo, ma sostanzialmente guidate da voci interiori, generalmente attribuite a divinità – o, nel nostro caso, instillate dai programmatori.

Altro punto centrale dell’episodio, che si ricollega proprio a questa teoria, sta nel differente approccio agli Hosts da parte delle due figure preminenti del parco: Bernard e il dottor Ford. Laddove il primo dei due tende a considerarli alla stregua di esseri umani veri e propri – prova ne sia il dialogo con Dolores, durante il quale lui dimostra un’affezione particolare nei confronti di questo Host specifico – Ford è apparentemente più freddo nei confronti delle proprie creature, e li considera per quello che sono: delle macchine asservite all’intrattenimento, incapaci di provare emozioni o dolore.
Sebbene per ora questo aspetto venga presentato solo in modo marginale, a favore della narrazione un po’ più banale e mainstream delle dinamiche del parco e dei suoi protagonisti, queste visioni opposte del mondo di Westworld rappresenteranno probabilmente il punto focale attorno al quale verranno sviluppati quei temi etici che la serie sembra prefiggersi di affrontare, soprattutto in vista dei cambiamenti epocali in atto nella personalità degli Hosts.

westworld 1x03 the stray recensione

In quello che si configura essenzialmente come un episodio di transizione, Westworld riesce nel difficile intento di rappresentare un mondo in lenta evoluzione, sull’orlo di un baratro il cui raggiungimento sembra imminente ma viene centellinato con sapienza al fine di creare la tensione necessaria per mantenere lo spettatore incollato allo schermo.
Nonostante l’innegabile fascino dell’intera vicenda, la puntata presenta un leggero calo rispetto alle precedenti, sicuramente non in senso strettamente qualitativo, ma dovuto principalmente alla tematica che viene – dopo tre episodi dalla fattura comunque esemplare – ripresentata in modo forse troppo uguale a se stesso.

Solo per questo motivo, la puntata non raggiunge la valutazione piena delle precedenti: l’impressione degli episodi iniziali è comunque confermata, ma la speranza è che arrivi presto quello scossone necessario a dare una vera svolta agli eventi. La valutazione è, un po’ a malincuore, di quattro porcamiseria su cinque.

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