When They See UsWhen They See Us Season 1: il vero potere di Netflix

Series Recap La storia di cinque ragazzi vittime di un sistema marcio e corrotto che fotografa lo stato del mondo in cui viviamo. Le voci e le urla di chi vive accanto a noi ma viene continuamente perseguitato.

9.0

Antron Mcray, Kevin Richardson, Raymond Santana Jr., Yussef Salam, Korey Wise.

Cinque nomi scolpiti nelle menti di milioni di persone dal 19 aprile 1989, i nomi dei Central Park Five, protagonisti di una delle tantissime, rassegnatamente, ingiustizie dei nostri tempi. Questa è When They See Us.

Per quelli che, come il sottoscritto, sono nati poco prima dell’inizio del nuovo secolo, sarà difficile ricordare l’incredibile vicenda dei qui sopracitati per cui si rende necessario un piccolo cenno alla loro storia.
La sera del 19 aprile 1989, Trisha Meili, ventottenne che viveva nell’Upper East side di Manhattan, esce per fare jogging a Central Park, dove viene aggredita e violentata. A causa delle gravi ferite riportate, la vittima resta 12 giorni in coma e riporta gravi ripercussioni fisiche permanenti (amnesia, vista sfocata, problemi a camminare e di equilibrio).


La polizia e la procuratrice distrettuale Linda Fairstein (interpretata da una splendida Felicity Hoffman) accusano i 5 ragazzi sopracitati, approfittando delle numerose aggressioni che si verificarono in quell’anno per mano di giovani gang.
Senza alcuna prova che potesse inchiodare gli adolescenti, le forze dell’ordine li costringono a confessare con gli unici strumenti a loro disposizione: la paura e la violenza.
Le scene dei ragazzi in balia dei “protettori della legge” sono insostenibili, percossi e costretti ad accusarsi l’un l’altro senza neanche conoscersi, legati dall’unico filo che li tiene insieme, il colore della pelle.
L’esito del processo si conosce già (o comunque è facilmente intuibile), riformatorio per i quattro minori e 16 anni di carcere per l’unico “maggiorenne” del gruppo, Korey Wise.

La serie creata e diretta da Ava DuVerney (già regista dello splendido Selma-la strada per la libertà) mette lo spettatore di fronte ad una verità scioccante: la tecnologia progredisce senza sosta, l’essere umano no.
È incredibile e disarmante come al netto di guerre, di soprusi, di ingiustizie, ma anche di leggi per i diritti umani, di cultura, di educazione, di globalizzazione, la mente umana era, è e probabilmente sarà sempre schiava del pregiudizio e della paura e quando quest’ultima prende il sopravvento l’uomo “bianco e istruito” sceglierà sempre la via più facile e sicura, prendersela con il più debole.

È altamente improbabile che Netflix non abbia volutamente rilasciato quasi sequenzialmente When They See Us e la nuova stagione di Black Mirror: se infatti la serie creata da Charlie Brooker ci fa da “monito” per il futuro/presente riguardo la sempre più crescente digitalizzazione della vita umana, quella di Ava DuVerney ci trafigge con una spada  simbolo dell’immutabilità dell’uomo, allora come oggi.

La forza di When They See Us deriva da un aspetto fondamentale: non tralascia nulla, non emette giudizi, perché principalmente non ne ha bisogno, è la storia che si mostra per quella che è e lo spettatore è costretto a vedere anche quello che non vorrebbe ma che dentro di sé già conosce.
Nel pervaso senso di impotenza non perde occasione per mostrarci le differenze e le similitudini tra quelle culture brutalmente strumentalizzate in una a comprenderle tutte per poter giustificare un operato abominevole.
Impossibile poi non soffermarsi sull’altro mastodontico pezzo da novanta della serie: la scrittura; se la realtà dei fatti si rappresenta da sola, il ritmo, i dialoghi, le riflessioni, sono tutte opera di un’autrice in grado di calibrare ogni scena, ogni momento alla perfezione, niente viene lasciato al caso.
A discapito dei soli quattro episodi, la narrazione riesce comunque a destreggiarsi meravigliosamente nei momenti temporali salienti della vicenda, dall’accusa, al processo, fino alla revoca delle accuse tredici anni dopo, attraversando dolorosamente il periodo di reclusione dei protagonisti.

Il tutto è aiutato da degli attori fenomenali, dai piccoli ai grandi, di tutte le colorazioni: un cast principale eccezionale corredato da tantissime guest star una più stupefacente dell’altra, da Vera Farmiga (molto meglio qui che nell’appena uscito in sala Godzilla: King of Monsters) passando per il veterano Micheal K. Williams (The Wire, The Night Of, Hap & Leonard) e l’insopportabilmente fantastica Dascha Polanco (Orange is the new black).
Non si può tralasciare ovviamente una regia letteralmente clamorosa, un montaggio strepitoso e delle transizioni e delle inquadrature che da sole raccontano e soffocano il vero colore di una serie che era semplicemente necessaria.

When They See Us ci mostra l’effetto di deumanizzazione di una società marcia su chi costantemente le dà struttura, il popolo:

I can’t be something I’m not, I ain’t a citizen. They don’t want me to be, i don’t even want to be. I’m somewhere i don’t know, half in half out. No matter where i go.

Non c’è una forma di redenzione, le cose non migliorano con il tempo, diventa solo una lotta per sopravvivere, anche se forse lo è sempre stata.

When They See Us continua un percorso di protesta, alimentato da voci bisognose di farsi sentire, di persone che sono stanche di nascondersi e stufe di essere considerate solo quando servono dei capri espiatori. Il segno di un turbamento in fermento che in questo momento storico, grazie alla serialità ma anche al cinema (Get Out, Us) ha finalmente la possibilità non solo di essere ascoltato ma soprattutto di essere visto.

  • 7/10
    Storia - 7/10
  • 10/10
    Tecnica - 10/10
  • 10/10
    Emozione - 10/10
9/10

Summary

Netflix fa nuovamente centro con una mini serie che costringe lo spettatore a guardare la realtà così com’è, brutale e senza filtri. Un capolavoro.

Porcamiseria

9

Netflix fa nuovamente centro con una mini serie che costringe lo spettatore a guardare la realtà così com'è, brutale e senza filtri. Un capolavoro.

Storia 7 Tecnica 10 Emozione 10
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