Quello di Laurel Lance non è di certo stato un personaggio fortunato nella storia di Arrow. Seppur fondamentale nell’Arrow-verse originale, quello interpretato da Katie Cassidy è inizialmente un personaggio dai tratti scialbi e banali, relegato a mero love interest di Oliver Queen, a favore invece della sorella Sara che presto conquistò il favore del pubblico nei panni di Canary. Nella sua seconda versione, quella in cui la vediamo diventare Black Canary, Laurel appare decisamente più matura e più saggia, e tuttavia sembra destinata a vivere nell’ombra della sorella, apparendone il più delle volte un goffo tentativo di imitazione.
Nonostante l’impietoso ritratto appena fatto, l’episodio che ne sancisce l’addio definitivo ha necessariamente un sapore del tutto particolare, considerando che Laurel è presente nella serie sin dal pilot. Eppure, qualcosa ha reso sfortunata anche quella che doveva essere la celebrazione di Laurel Lance/Black Canary, e quel qualcosa è proprio la storia stessa di Arrow e, ancora, di Sara Lance. Nonostante il dolore di Quentin, le struggenti parole di Oliver o la rabbia di Diggle, tutti noi abbiamo già vissuto la perdita di una Lance e conosciuto il dolore e il rimorso di Oliver, ma soprattutto tutti noi siamo stati testimoni della leggerezza con cui Arrow ha sconfitto per ben due volte l’ineluttabilità della morte. E in un certo senso, tutto ciò rende meno definitiva la morte di Laurel, riducendola – estremizzando il concetto – ad un banale dejà-vu.
Per fortuna, laddove non aiuta la sceneggiatura sempre più uguale a se stessa, vengono in nostro aiuto le emozioni scaturite da alcuni momenti toccanti.
Non si può non iniziare dall’interpretazione di Paul Blackthorne nei panni di un commovente Quentin Lance che sfoga tutto il suo dolore per la perdita della figlia quando realizza che per lei non ci sarà un altro Pozzo di Lazzaro pronto a ripetere il miracolo.
When we lost Sara, when I became a drunk, when no one else believed in me, she did. She’s always been there. She’s my rock! She WAS my rock!
Altro momento emozionante e commovente dell’episodio è l’elogio funebre di Oliver che ricorda la grandezza di Laurel come donna e come vigilante nei panni di Black Canary, riabilitandone il nome e ridando speranza alla città, che può ancora credere nei Vigilanti mascherati. Sì perché, mentre l’intera Star City versa lacrime per l’assistente procuratore Lance, una ragazzina di nome Evelyn cerca di vendicarsi dei Darhk vestendo i panni che furono di Laurel, rubati in ospedale approfittando della concitazione del momento. Ciò permette ad una spietata Ruvé Darhk di poter infangare il nome di Black Canary e al tempo stesso dar via ad una caccia ai Vigilanti dopo averli screditati agli occhi dell’opinione pubblica. Quest’ennesima mossa dei Darhk potrebbe essere però davvero la goccia che ha fatto traboccare il vaso, permettendo forse al Team Arrow di trovare le motivazioni necessarie a fare l’impossibile per sconfiggere Damien Darhk.
In un episodio come questo, le reazioni dei protagonisti ad una morte eccellente sono un ingrediente fondamentale e in un certo senso – come detto – Canary Cry non disattende le aspettative. L’unico neo – se vogliamo – è l’aver perpetrato l’ormai consueto circolo vizioso del senso di colpa di Oliver Queen estendendolo ora anche a Felicity – in colpa per non essere stata Overwatch in quella tragica circostanza – e Diggle, che si sente responsabile per le azioni del fratello Andy. Nonostante l’ottima messa in scena della rabbia di John Diggle, davvero non era possibile una variazione sul tema?
Altro ingrediente fondamentale è poi la celebrazione del personaggio. Una volta realizzato che gli odiosi flashback da Lian Yu sarebbero stati sostituiti da quelli dei giorni immediatamente successivi alla morte di Tommy, mi sarei aspettato di vedere delle scene che ritraessero Laurel in momenti significativi, che ne dessero un quadro a tutto tondo come donna prima e come vigilante poi. Gli sceneggiatori hanno preferito invece usare Laurel come veicolo di un messaggio di speranza e di forza morale che possa permetterci di superare ogni avversità. Oltreché farla passare per una che si getta tra le braccia di un altro dopo appena una settimana dal funerale del suo fidanzato. Per fortuna elementi come quella della foto – sì quella foto – e l’effetto nostalgia al riecheggiare del nome di Tommy permettono ai flashback di raggiungere – una volta tanto – il cuore dello spettatore, posticipando la celebrazione di Laurel al momento del già citato elogio di Oliver.
L’addio a Laurel Lance in definitiva è stato all’altezza delle aspettative, seppur con qualche sbavatura dettata da una certa stasi nel processo creativo che avvertiamo già da un po’, nonché dall’ingombrante ricordo di Sara e della sua storia. Assolutamente da dimenticare l’inutilissimo cameo di Barry Allen – e un buco di continuity con The Flash, dato che in teoria Barry non avrebbe dovuto ancora possedere la supervelocità – e il ritorno di una pacifica e serenissima Nyssa che avrebbe potuto essere sfruttato in maniera decisamente migliore. Un’occasione sprecata per lei.
Quattro i porcamiseria per Canary Cry: per le lacrime di Quentin, le parole di Oliver e perché in fondo Laurel iniziava anche a starci simpatica, nonostante la scarsa credibilità come vigilante. Ma la vera domanda è: dovremo forse aspettarci il ritorno di Sara Lance nei panni di White Canary in un ennesimo crossover?
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Certo che se ti risorge una figlia, ci credo che poi sei convinto che anche l'altra possa farlo. Povero Quentin. #Arrow
— snaps (@mydeerlily) April 29, 2016
La morte di Tommy è una delle cose che non supererò mai. Ma neanche in un'altra vita. #Arrow
— patty 🍁 || (@inyourownway_) April 28, 2016
Cmq potevano evitare di far "correre" Barry visto che ha da poco perso la sua velocità. #TheFlash #Arrow
— Khaleesi❄ (@Mersil) April 28, 2016
Bellissimo il discorso su Black Canary. Io mi aspetto che la Sara Lance riprenda la sua maschera. #Arrow pic.twitter.com/OzjNwtKG3A
— lexa kom trikru♀ (@_hedaleksa) April 28, 2016
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