Marvel’s Jessica JonesJessica Jones Season 3: al di là del bene e del male

Series Finale Il finale della terza stagione di Jessica Jones ben riassume pregi e difetti del progetto Defenders, destinato a concludersi con quest'ultima collaborazione. Un addio non facile ma forse doveroso.

7.0

Il tredicesimo episodio di Marvel’s Jessica Jones sancisce la fine definitiva del progetto Defenders targato Marvel-Netflix. Lo fa cercando di mettere qualche toppa anche alle trame incomplete delle serie amiche, cancellate nel bel mezzo di modesti finali aperti; lo fa portando a termine l’analisi profonda del concetto di eroe, su cui questa stagione ha insistito prepotentemente, condensando nel personaggio di Jessica – probabilmente il più adatto delle cinque serie – i dubbi riguardo al proprio status.

Che spazio può avere l’eroismo quotidiano quando un manipolo di uomini e donne con poteri ha appena salvato la Terra, la galassia, l’universo? Per non finire appiattito da una potenza che non riesce a comprendere, l’uomo comune reagisce come può e in questa terza stagione troviamo una sintesi di questa resilienza. Gregory Salinger devia la propria frustrazione verso Jessica, rea di barare nel gioco della vita, facilitata da poteri che Salinger scambia per una pretesa superiorità morale. Questa versione di Foolkiller appare più minacciosa e affascinante nella prima metà della stagione, quando dà del filo da torcere ai protagonisti e diventa (in maniera troppo didascalica) l’emblema del maschilismo camuffato da odio verso i potenziati. Nel resto degli episodi Salinger è poco più di un fantasma, quando non assente del tutto; torna prepotentemente sul finale, ma con un mordente decisamente ridotto.

Jeryn, per parte sua, scinde la propria moralità mascherando il suo egoismo con l’amore/ossessione per Kith, cercando contemporaneamente di lasciare un’impronta non effimera su questa Terra, ora che la malattia sta prendendo sempre più piede. Non c’è redenzione per l’avvocatessa, nessun lieto fine che stonerebbe, per l’appunto, col percorso tracciato nelle tre stagioni: l’unico gesto d’amore è lo scambio come ostaggio nelle mani di Trish, ma anche lì non è da escludere il secondo fine. Jeryn non ha imparato niente dal passato e ogni sua azione nasconde sempre il dubbio che ci sia un tornaconto personale. Una tale mole di ombre finisce per condizionare anche il percorso di Malcom, già non nuovo all’oscurità e pronto a perdere nuovamente la bussola morale.

Ma la storia del ragazzo, pur scorrendo su binari paralleli, ha verso opposto rispetto all’avvocatessa, lasciando spazio ai sensi di colpa per il male perpetrato affinché muovano azioni mirate alla redenzione. Infine abbiamo Trish, la cui disperata ricerca di attenzione fa il paio con l’ossessione della giustizia, che già aveva iniziato a incrinare i rapporti tra lei e Jessica sul finale della seconda stagione. La discesa all’inferno di Patsy ha origini che affondano nel primo arco narrativo della serie, quando entra in contatto con Nuke; lì Trish avverte la gelida sensazione di impotenza e comincia a sviluppare quel desiderio di rivalsa e riscatto che addobberà di buone intenzioni le sue azioni ributtanti, fino al definitivo squarcio (fisico, prima ancora che relazionale) con la sorella. Il potere di Trish è, a questo riguardo, ingannevole per la ragazza, convinta di poter distinguere tra bene e male con la stessa dimestichezza con cui si muove nell’oscurità.

Che spazio può avere l’eroismo quotidiano quando un manipolo di uomini e donne con poteri ha appena salvato la Terra, la galassia, l’universo?

Anche in questo caso, come per Malcom e Jeryn, abbiamo un percorso che si snoda parallelamente ma inversamente nell’arco delle tre stagioni: Jessica passa da riluttante investigatrice potenziata a riconosciuta eroina di Hell’s Kitchen, Trish da acclamata presentatrice finisce per diventare tutto ciò che odia, dimenticata nelle profondità del Raft. C’è quindi in questa stagione un buon lavoro sui personaggi, non eccezionale, ma comunque coerente con gli archi narrativi precedenti. Non sorprendono, vista l’importanza del ruolo narrativo, i due episodi completamente Trish-centrici, ma non per questo risultano accettabili o godibili. Una storia già lenta a maturare finisce, in quelle due puntate, per stopparsi quasi completamente, dandoci, è vero, un ulteriore punto di vista sul filone principale, ma affondandolo nelle dinamiche di un personaggio con cui è difficile empatizzare (e dunque noioso da seguire).

L’eccessiva presenza di sottotrame poco intriganti (Brianna, Kith, Costa) non facilita il bingewatching e si culla forse troppo nella lentezza narrativa del genere noir. Erik Gellen (alias Mind-Wave) è un buon ingresso e il suo potere funzionalmente inserito nella storyline, ma anche lui finisce per risultare evanescente in alcuni episodi. All’altalenante eroismo dei protagonisti corrisponde di riflesso l’interesse per la stagione, che sembra attraversare tortuosi picchi di montagne russe, non coadiuvato da certe superficialità (che fine fa la ricattatrice ferita dal piede di porco? E la registrazione vocale del primo incontro tra Jessica e Salinger?).

Siamo in presenza di una buona chiusura, che ben sintetizza le caratteristiche del progetto Defenders: un piano che ha avuto dei picchi eccezionaliprima e terza stagione di Daredevil, la prima di Jessica Jones e di The Punisher -, qualche delusione – The Defenders, Iron Fist 2 Luke Cage 2 – e una predominante mediocrità per tutto il resto.

Note

  • Mentre prova a camuffarsi passando dal negozio di costumi, Trish indossa anche una variante molto simile alla sua divisa da Hellcat nei fumetti (e anche gli occhiali da sole a forma di occhi di gatto che ogni tanto indossa sono un esplicito rimando).
  • Sempre a proposito di Hellcat, Dorothy, appena scoperta l’identità segreta della figlia, suggerisce, per la sua nuova immagine, di puntare sui gatti, che su internet spopolano.
  • Il Raft è la prigione sommersa per umani con poteri. Era già stata nominata nella scorsa stagione ed è stata vista nel film Captain America: Civil War.
  • Cap viene peraltro citato nel primo episodio di questa stagione, e vi è un accenno a supereroi sotto controllo, presumibilmente riferendosi agli accordi di Sokovia.
  • Abbiamo una conferma/chiusura dei destini di Luke Cage Danny Rand: il primo si muove tra ombra e luce come boss dell’Harlem Paradise, il secondo si è preso un anno sabbatico (come già sapevamo dall’orrendo finale di Iron Fist 2).
  • Per rimarcare il successo della piccola Patsy, il produttore dice “ABC knows a hit when they see it”, probabilmente riferendosi all’acquisizione di Jessica Jones da parte della Disney (proprietaria anche della ABC).
  • Il ritorno (almeno vocale) di Kilgrave è esplicitato da una serie di elementi viola che spiccano nella scena della stazione ancora prima che inizi a parlare (valigia, vestiti, luce).
  • 7/10
    Storia - 7/10
  • 7/10
    Tecnica - 7/10
  • 7/10
    Emozione - 7/10
7/10

Summary

Una trama già lenta, appesantita da sottotrame non appetibili e trascurabili, che punta tutto sui personaggi, caratterizzati coerentemente e a cui viene data una degna chiusura. Il livello qualitativo è generalmente altalenante, con pochi picchi e molti episodi nella media.

Porcamiseria

7

Una trama già lenta, appesantita da sottotrame non appetibili e trascurabili, che punta tutto sui personaggi, caratterizzati coerentemente e a cui viene data una degna chiusura. Il livello qualitativo è generalmente altalenante, con pochi picchi e molti episodi nella media.

Storia 7 Tecnica 7 Emozione 7
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