Orphan Black3×04 Newer Elements Of Our Defense

Negli episodi andati in onda finora, la terza stagione di Orphan Black ha mantenuto un ritmo della narrazione più rilassato (per quanto si possa parlare di “rilassatezza” in Orphan Black). Le cose sono, tuttavia, destinate a cambiare con questo quarto episodio, adrenalinico al punto giusto e con l’ulteriore merito di fare dei sostanziosi passi avanti […]

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Negli episodi andati in onda finora, la terza stagione di Orphan Black ha mantenuto un ritmo della narrazione più rilassato (per quanto si possa parlare di “rilassatezza” in Orphan Black). Le cose sono, tuttavia, destinate a cambiare con questo quarto episodio, adrenalinico al punto giusto e con l’ulteriore merito di fare dei sostanziosi passi avanti nella vicenda, saltando in continuazione da una storia all’altra.

MARK E SARAH

Il compito di mandare avanti in modo più consistente la trama orizzontale di questa terza stagione spetta, come di consueto, alla storyline di Sarah. La storia riprende, infatti, esattamente nel punto in cui l’avevamo lasciata al termine dello scorso episodio, con Mark in fin di vita dopo il colpo di fucile inflitto da Bonnie. La nostra Sarah, che ha assistito alla scena, rimane ben nascosta all’interno del capannone e, ovviamente, fa bene a nascondersi perchè la cara Bonnie (che, nel frattempo, ha chiamato manforte) sa benissimo che il suo lavoro lì non è ancora finito.

Nella prima di moltissime scene cariche di tensione presenti nell’episodio (per fortuna!), Sarah riesce a scappare dai suoi aguzzini, portando in salvo anche un Mark gravemente ferito. Tuttavia, l’ex Prolethean rimane estremamente scettico nei confronti della sorella “biologica”, nonostante il coraggio da lei dimostrato nel rischiare la propria vita per salvare la sua.

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Ad ogni modo, dopo la scottante rivelazione del rapporto tra i cloni Castor e Leda, questo episodio ha il grande merito di farci scoprire un retroscena, se possibile, ancor più rilevante nell’economia della serie. Tramite la famosa “cassettina dei segreti” di Henrik Johanssen, infatti, Sarah scopre che le informazioni in essa contenute erano tutt’altro che inutili: il caro Henrik, dopo aver trafugato il materiale genetico dal professor Duncan (di cui era collaboratore), ha anche usato tale materiale per farci dei figli con quel mostro di sua moglie.

Ne deriva, pertanto, che la panacea di tutti i mali, la cura di cui tutti i cloni hanno bisogno, passa inevitabilmente dal materiale genetico in questione. Su rivelazione di Mark (che per forza di cose conosce la vita di Henrik meglio di chiunque altro ancora in vita), Sarah viene a conoscenza di quello che è il secondo retroscena indispensabile della puntata: prima di Gracie, Henrik e Bonnie avevano avuto un altro figlio, morto in tenera età.

Questo bambino, costituendo la chiave di volta per l’obiettivo a cui entrambe le fazioni di cloni mirano – la cura delle anomalie che i cloni Castor e Leda stanno pian piano manifestando – si rivela perciò assolutamente indispensabile. Quindi, quale modo migliore per ottenere la sequenza più simile in assoluto al “genoma originale” se non dissotterrare il corpo del povero bambino?

Ovviamente, Mark non se lo fa dire due volte e parte con Sarah alla volta della tomba in cui si trova il piccolo. La cosa bella è che, nonostante Sarah faccia tutto il lavoro sporco, alla fine dell’opera – con il genoma “semi-originale” recuperato – si prende comunque la sua bella badilata in testa da Rudy, giunto sul posto alla ricerca di Mark. Che fine farà la nostra Sarah?

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Devo dire che Mark è un personaggio estremamente sfaccettato rispetto agli altri cloni del Project Castor, complice anche il suo ingresso nel cast già nella passata stagione. Gli altri, purtroppo, continuano a risultare delle semplici macchiette con cui, allo stato attuale, è ancora davvero difficile empatizzare. Di sicuro il background così uniforme dei vari membri del project Castor (prima grossa differenza con i cloni del Project Leda) è un altro fattore che rende estremamente difficoltoso immedesimarsi nelle loro motivazioni e capire il movente di ogni loro azione. Del resto, loro stanno iniziando a scoprire la loro individualità solo adesso, essendo stati addestrati per essere delle semplici (e spietate) macchine da guerra, e nulla più.
Mi chiedo, a questo punto, se l’interazione con le loro controparti femminili permetterà l’emancipazione definitiva di questi poveracci.

Per ora,  l’unica manifestazione di umanità dimostrata da Mark è verso Gracie, che però – da brava integralista religiosa – lo ha rinnegato una volta venuta a conoscenza del suo segreto.

Gracie, a.k.a. la figlia della schifosa

Nello scorso episodio, la cara ragazza è stata prontamente salvata dall’amorevole madre, che la riporta a casa tutta intera. Ovviamente, trattandosi di Orphan Black, la situazione di stallo è destinata a durare quanto un gatto in tangenziale, e infatti Gracie inizia a sanguinare, sanguinare, sanguinare, fino a perdere il bambino.

Bonnie, come prevedibile, entra in modalità “megastronza” e rivela alla figlia – alla faccia dei presunti precetti religiosi – l’unico scopo della sua esistenza: quello di dare alla luce il bambino di Henrik e Helena. Pertanto, ora che non serve più, non può più rimanere con loro, e deve sostanzialmente levarsi dalle scatole.

Questa povera ragazza, insomma, non ne imbocca una giusta.
Dopo aver passato una vita da sottomessa (praticamente, shut up and get back to the kitchen), scappa con Mark, l’amore della sua vita; dopo essere venuta a conoscenza del suo segreto per mano di Sarah, lo abbandona nonostante i sentimenti di lui fossero sinceri; viene salvata dalla madre che le fa un ulteriore lavaggio del cervello, salvo poi abbandonarla quando la poveretta abortisce.
Insomma, lungi da me augurare qualcosa di buono a questa ragazzina spocchiosa, ma il prossimo viaggio magari lo facciamo a Lourdes?

Helena

Finalmente in questa puntata viene dedicato un po’ di spazio a quello che è uno dei miei personaggi preferiti in assoluto tra tutte le serie tv in onda: Helena. Quanto mi piace.

Helena

La nostra sestra, imprigionata nella base dei Castor, riesce attraverso uno stratagemma abbastanza scaltro (ma non senza conseguenze sul suo fisico) a fuggire dalla sua cella, e si trova davanti ad una scena raccapricciante.
A quanto pare, nemmeno i cloni Castor (cresciuti sì con un addestramento militare, ma, da quello che sapevamo, in un ambiente più familiare in cui tutti sono a conoscenza delle loro origini) sono immuni agli esperimenti volti a trovare la famigerata cura. Infatti, troviamo un povero clone Castor – evidentemente non fortunato come gli altri – con la calotta cranica letteralmente aperta.
Per fortuna Helena, la cui empatia nei confronti di coloro che soffrono è sempre più evidente, decide di dargli il colpo di grazia, sacrificando così la sua stessa libertà.
Viene infatti scoperta, proprio in quell’istante, dalla shitty mother (non avrei saputo definirla meglio, brava Helena!) che la cattura nuovamente.

COSIMA E ALISON

Sono un po’ combattuto nel giudicare l’evoluzione delle storyline di questi due personaggi che sono, mai come in questo episodio, completamente staccate dalla trama principale. Da un lato, questo consente alle vicende legate alle due protagoniste di assumere la funzione di comic relief, alleggerendo così il ritmo della narrazione; dall’altro lato, tuttavia, trovo che sia un peccato vedere due personaggi del loro calibro in parte sprecati. Soprattutto la storyline di Cosima, infatti, è davvero inesistente e non mi sento nemmeno di commentarla: i tentativi di decifrare gli scritti di Duncan sono completamente arenati e le sue interazioni con Felix, nonostante adori assolutamente entrambi i personaggi, sono davvero inutili (anche per minutaggio) e fini a se stesse.

Alison ci regala, pur rimanendo marginale rispetto agli eventi principali, sempre grandi soddisfazioni. Ormai impegnata a tutto tondo nello spaccio di droga con la leggerezza con cui un comune mortale si allaccia le scarpe prima di uscire, si ritrova faccia a faccia con il temuto capo-spacciatore della zona, che caso vuole è Jason Kellerman, un suo compagno delle superiori con cui c’è ancora un’evidente tensione sessuale di fondo.

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Scontato parlare delle risate che, come sempre, Alison mi regala in ogni singolo istante di cui è protagonista. Il suo personaggio, completamente diverso dagli altri, non è affatto un pesce fuor d’acqua, ma anzi all’occorrenza si integra perfettamente con gli altri (come già accaduto nel primo episodio della stagione).

Insomma, nemmeno questa volta Orphan Black delude, se non per il limitato screentime riservato ad alcuni personaggi. Ma del resto, si sa, 40 minuti sono pochi per descrivere a fondo le vicende di ciascun personaggio e sviluppare, oltre al banale susseguirsi degli eventi, anche quell’approfondimento psicologico necessario per consentire allo spettatore di entrare in sintonia con ognuno.
Per il resto, ritengo questo episodio in assoluto il migliore di questa terza stagione – al pari con il primo – in quanto a tensione narrativa (davvero palpabile in alcune scene) e sviluppo della trama. Continuo ad apprezzare, tra le altre cose, la scelta di uno stile meno frenetico e schizofrenico rispetto alla scorsa stagione che, in questo senso, aveva forse ecceduto un po’.
Per questi motivi, il mio voto alla puntata è di quattro PorcaMiseria su cinque. Magari tutte le serie in onda avessero la stessa solidità narrativa e gli stessi interpreti eccezionali.

4

Twitter Freaks!

Su Twitter Orphan Black ottiene sempre un ottimo riscontro. Anche io ho apprezzato la scena della fuga di Helena, probabilmente tra le migliori dell’intera serie:

In un mondo ipertecnologico, crazy science, cloni e quant’altro, queste quattro sgallettate vanno ancora in giro con cellulari dell’anteguerra. Giustamente, questa cosa è stata notata:

https://twitter.com/ygrittebardot/status/598947424216993792

Il personaggio di Gracie, sebbene sia vessata da chiunque abbia modo di averci a che fare, non è assolutamente apprezzato. In effetti, c’è qualcosa che la rende assolutamente odiosa:

Porcamiseria

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