Sense82×10 If All the World’s a Stage, Identity Is Nothing But a Costume – 2×11 You Want a War?

Series Finale Il finale di Sense8 ci regala tante emozioni ad un ritmo fin troppo frenetico. Tra momenti romantici, l'impegno politico di Capheus, l'avvincente epilogo della storia di Sun, gli occhi di tutti saranno poi rivolti al povero Wolfgang. Come si evince dal titolo, sarà guerra.

0.0

Uno dei grossi nei nella formula del binge-watching tanto cara a Netflix è la sensazione di disperazione che ti attanaglia al pensiero della lunga attesa della prossima stagione dopo la voracità con cui hai divorato quella appena apparsa in catalogo. Una disperazione che, nel caso di Sense8, è acuita, a qualche settimana dalla messa in onda, dalla consapevolezza della sua cancellazione e da un finale aperto ai più disparati scenari come quello che ha concluso questa seconda stagione.

Who Am I?

L’accettazione di sé nella sua accezione più ampia è uno dei grandi leitmotiv di questa stagione che in questo finale cerca di rispondere a quell’interrogativo – Who Am I?  – che ne è un po’ il claim sin dai primi trailer. Il decimo episodio – dal titolo If All the World’s a Stage, Identity Is Nothing But a Costume – si presenta come una piccola pausa dalla frenesia di spingere sulla trama orizzontale incentrata sulla lotta alla sopravvivenza dell’homo sensorium, per tornare ai lidi più squisitamente intimistici della prima stagione. Concentrandosi dunque su alcuni dei percorsi individuali, l’episodio cerca di dare delle risposte all’annosa domanda di cui sopra.

In un ardito parallelo tra le vite di Lito e Capheus, diametralmente opposte per l’importanza dei temi trattati, viene raccontato il senso di inadeguatezza nell’uscire dalla propria comfort zone per perseguire le proprie ambizioni, per aspirare alla grandezza e riuscire ad accettare l’evoluzione del proprio io, e con essa le nuove responsabilità che ne derivano.

Sense8 2x10 If All the World's a Stage, Identity Is Nothing But a Costume - 2x11 You Want a War? recensione

Lito sbarca nel mondo dorato di Hollywood, fatto di lustrini e di eccessi, mascherando l’insicurezza di colui che ha sempre pensato di non meritare fama e notorietà, che ha sempre dubitato del proprio talento. E non è un caso che il provino più importante della sua carriera sia stato superato attingendo all’anima tormentata e solitaria di Sun, riagganciandosi per altro a quel “Lying is easy, lying is what I do” che aveva fatto da didascalia al personaggio di Lito nella prima stagione. La gravità del suo conflitto interiore viene però al tempo stesso annichilita da un eccessivo fanservice nelle scene che lo interessano successivamente. Dapprima lo vediamo infatti denudarsi di fronte a Marc Jacobs – interprete di se stesso – intento a trovare il look più adatto al suo personaggio nel bel mezzo di un party, e successivamente suggellare, dopo un momento di sconforto e un tenero confronto tra i due, il sentimento per il suo Hernando con una scena d’amore appassionato sul bagnasciuga, che ricorda una certa filmografia porno anni ’90, oltre all’iconica scena di Da qui all’eternità, pellicola preferita del nostro attore. Per quanto tenera ed appassionata possa essere la sequenza, un certo senso di gratuità ne inquina purtroppo la resa.

Toni sicuramente differenti invece per Capheus, che abbraccia il suo nuovo ruolo politico ergendosi a simbolo di speranza per i propri compatrioti. Lo splendido discorso sull’uguaglianza – di riflesso riferito all’intera umanità – a dispetto delle differenze e la conseguente furia degli attacchi di facinorosi tra la folla non sono altro che uno specchio dell’agitazione sociale di questa nostra era così turbolenta. Apprezzabile poi anche la scelta di evidenziare la valenza del discorso caricandola di un’ulteriore pericolosità per i vari cluster data dalla vasta esposizione mediatica che ne potrebbe conseguire.

Sense8 2x10 If All the World's a Stage, Identity Is Nothing But a Costume - 2x11 You Want a War? recensione

A far da contorno alle due storie principali, infine, è doveroso citare anche le evoluzioni delle storie personali di Kala e Will. La prima arriverà ad una resa dei conti con se stessa e i propri sentimenti per Wolfgang, maturando così la decisione di dover affrontare il marito e ricongiungersi fisicamente col suo sensate. Will troverà invece la forza dentro di sé per superare il lutto del padre e riappropriarsi dei panni di leader del proprio cluster e mettersi a servizio dei suoi fratelli. Ancora una volta la potenza della condivisione ci suggerisce un parallelismo, stavolta con Sun, che deve parimenti superare le ritrosie e caricarsi per l’inevitabile ultimo confronto con il fratello.

Il penultimo episodio di questa seconda stagione non è certo perfetto e forse a tratti superfluo, ma è senza dubbio valorizzato da una sapiente veicolazione dell’empatia nei confronti dei protagonisti e un’ottima scelta dei pezzi musicali che accompagnano le scene più intense.

3.5

 

You want a war?

Di ben altra caratura è invece il finale di stagione, diretto dalla stessa Lana Wachowski.

Una buona metà dell’episodio è dedicata a Sun e alla sua vendetta nei confronti del fratello. La furia della ragazza viene scatenata nel modo più inaspettato, poiché la sua vendetta sembrava ormai evitabile grazie all’arrivo del detective Mun, giunto al Gala delle Bak Industries per arrestare Joong-Ki per corruzione. Il ferimento del poliziotto fa però precipitare il corso degli eventi e la vendetta di Sun si consuma in una caccia all’uomo al cardiopalma, culminata nell’inseguimento in moto che è un chiaro omaggio all’analoga scena di Terminator. Quella di Sun non è però un’azione in solitaria, ma è frutto della collaborazione dell’intero cluster nell’ormai consolidato meccanismo di condivisione e cooperazione perfettamente oliato nel corso di questa stagione. Una sequenza assolutamente perfetta che è arricchita da due importanti momenti che toccano le corde degli spettatori grazie alla recitazione di Doona Bae.

Sense8 2x10 If All the World's a Stage, Identity Is Nothing But a Costume - 2x11 You Want a War? recensione

Il primo si colloca negli istanti immediatamente antecedenti la furia di Sun, in quello sguardo di commozione misto a rabbia durante l’omaggio al padre defunto ad opera dello stesso mandante dell’omicidio. Il secondo è quella splendida camminata verso un Joong-Ki ormai pronto alla resa, durante la quale affiorano nella sua mente tutti i momenti salienti di questo suo percorso di sofferenza che l’aiutano a trovare la risposta al celeberrimo “Who Am I?”. Sorprendentemente, la sua incapacità di porre fine alla vita del fratello sembra riportarla nuovamente al punto di partenza della stagione, salvo deliziarci nuovamente con un’altra imponente sequenza action fedele all’ormai salda tradizione cinematografica americana. In questo senso la fattura tecnica di questa prima metà di episodio non ha nulla da invidiare a quella di un lungometraggio.

L’epilogo della storyline di Sun – forse quella più avvincente in questo stagione – cede poi il passo al romanticismo, permettendoci al contempo di tirare un po’ il fiato. Nomi e Amanita dichiarano il loro reciproco amore suggellandolo con una mutua proposta di matrimonio. La sequenza è dolcissima e sottolinea anche quanto puro sia il loro rapporto, evidenziando come Amanita, in virtù della natura intrinseca dei sensate, abbia scelto – quasi ciecamente, aggiungeremmo – di credere nel loro amore, pur nella consapevolezza di essere destinata ad una vita da fuggiasca. Tutta la sequenza è all’insegna del romanticismo e i fazzoletti sono assolutamente necessari.

Amanita: We all wake up and we have to take the same Terms and Conditions box: Everyday stuff will happen to you. […] I won’t lie. Sometimes it’s terrifying. […] However I don’t think there’s been a single day when I didn’t hear that same voice in my head telling me “Whatever you do, do not let her go”.

Per tornare poi al tema della ricerca di se stessi, Kala prosegue nella ricerca del proprio io attraverso la conferma dei sentimenti che la legano a Wolfgang. Per una volta, i due riescono a dichiarare apertamente i propri sentimenti e lo fanno seguendo quella formula vincente basata sulla loro disarmante chimica:

Wolfgang: If I told you the whole truth, if I told you that you’re the last thought I have before I sleep, if I told you that you’re the first thought I have when I wake, if I told you how much I love you would it have done any good?

Kala: Yes. […] Because it would help me admit how much I love you.

Neanche il tempo di credere nuovamente nell’amore, liberandoci dal cinismo che permea la quotidianità di questa epoca fatta di sentimenti mordi e fuggi, e il corso degli eventi precipita rovinosamente e con una velocità fin troppo esasperata.

Complice Lila Facchini, Wolfgang viene catturato da Whispers e sottoposto ad una serie di torture atte a scovare il resto del suo cluster, prima fra tutti Kala, il cui ricordo affiora nella mente di Wolfie non appena riprende coscienza, riallacciandosi così al dialogo precedente. Ripercorrendo lo stesso plot del season finale della scorsa stagione, l’intero cluster (più Amanita) si precipiterà a Londra per un deciso contrattacco, che porterà alla cattura di Jonas e dello stesso Whispers e che ci lascerà con i sensate e i due prigionieri diretti chissà dove all’interno di un furgone e senza alcun dettaglio sulle sorti di Wolfgang. In linea con la stagione, i sensate non sono più disposti ad essere braccati dalla BPO e anche questo massiccio contrattacco trova piena coerenza negli eventi.

Sense8 2x10 If All the World's a Stage, Identity Is Nothing But a Costume - 2x11 You Want a War? recensione

Ciò che non convince è piuttosto il ritmo degli eventi, troppo frenetico, con una notevole quantità di dettagli off-screen che ne compromettono la resa. In primis, tutta la logistica di questo contrattacco è alquanto frettolosa e poco credibile: ora, è vero che il tema della serie permette certe libertà, ma ci vuole una certa sospensione dell’incredulità per rendere verosimile una così pronta ed immediata reazione senza un piano congegnato nei minimi dettagli e senza fare i conti con i tempi effettivi di cinque voli intercontinentali. L’aver optato per una gestione dei tempi più diluita, invece, avrebbe poi permesso di soffermarsi anche sulle emozioni del primo vero incontro fisico tra tutti i sensate, particolare completamente omesso a favore dell’azione.

Dovessimo guardare a questo season finale con gli occhi di chi ancora non sa nulla sulle sorti della serie, diremmo che la sua conclusione, così incerta e aperta alle più disparate possibilità, è assolutamente efficace nell’intento di creare hype per una terza stagione. E il nostro giudizio si baserà – chiamiamola pure deontologia professionale – unicamente su questo aspetto. Col senno di poi però, è inutile sottolineare quanta delusione ci sia nel cuore di chi ha amato profondamente Sense8 e che si ritrova con un pugno di mosche, senza sapere che fine abbia fatto Wolfgang o cosa sarebbe potuto accadere in una prossima stagione.

4.5

 

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Per quanto riguarda la seconda stagione di Sense8, il voto si attesta sui quattro porcamiseria: una volta capito il giochino delle condivisioni, non era poi così semplice non cadere in facili fanservice o ammiccare ai vari fandom. Potremmo dire che il pericolo è stato parzialmente scongiurato – qualche passo falso in questo senso lo abbiamo visto – anche grazie ad una decisa accelerazione sulla trama orizzontale e sulla componente più squisitamente sci-fi.

4

 

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Si chiude così questo splendido viaggio chiamato Sense8. L’unica consolazione è quella di avere avuto la fortuna di seguire uno show che certo non è esente da difetti, ma che ci ha regalato intensissime emozioni e ha trasmesso un messaggio di inclusione, uguaglianza e amore come pochi altri di questi tempi. E ce n’è più che mai un disperato bisogno.

I’m not just a me, I’m also a we.

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