The PoliticianThe Politician Season 1: pop-democracy

Season Recap Ambizioni, ossessioni, sogni e promesse si intrecciano in una stagione che, tra alti e bassi, lancia un forte messaggio alla politica contemporanea.

7.0

L’uomo è un animale politico. O perlomeno così la pensava Aristotele, che nel suo trattato Sulla Politica attribuiva all’essere umano la necessità di trovare compromessi col proprio simile per sopravvivere. The Politician assume le fattezze dello zoo all’interno del quale vediamo questo animale muoversi e agire. La serie di Ryan Murphy in otto episodi tratteggia le prime ascese e cadute del giovane Payton Hobart nel campo della politica, ambito nel quale il ragazzo ha intenzione di sfondare.

L’ambizione di Payton è il primo elemento pompato al limite dell’eccesso che salta all’occhio, ma di sicuro non l’unico. L’intera serie di Murphy, infatti, punta sull’effetto paradossale dell’applicazione di dinamiche politiche “mature” a un contesto scolastico in cui risultano decisamente fuori luogo. Il rischio, già sottolineato nella nostra analisi del pilot, era di forzare troppo la mano e ritrovarsi a gestire un teatro dell’assurdo su cui non si ha più il controllo.

Tendenzialmente The Politician riesce a mantenere entro i limiti gli eccessi, tuttavia non mancano nel corso della serie momenti troppo esasperati o improbabili svolte narrative

La trama orizzontale segue un andamento che scandisce tre atti lungo la stagione, con il mistero sulle condizioni di Infinity a marcare la prima parte, le conseguenze dello svelamento della truffa di Dusty Jackson a impegnare la seconda e infine il segmento conclusivo dedicato all’ennesimo finale aperto, che condurrà alla seconda, già annunciata, stagione. Tutto intorno a questo troncone principale, coincidente con le elezioni a Presidente del Corpo Studentesco, si muovono le vite dei protagonisti, risucchiate nella maestosa orbita dell’ambizione presidenziale di Payton.

È proprio il progetto del giovane a scatenare gli eventi portanti della stagione, permettendo, nel bene o nel male, a tutti i comprimari di fare i conti con sé stessi e maturare. Dietro questo piano, però, giace, nella migliore tradizione politica, il vero movente degli eventi: la morte di River. Sebbene infatti Payton sia ampiamente organizzato nella sua ossessione per la Casa Bianca, sarà solo dopo il suicidio dell’amico/amante che comincerà a maturare quel minimo di empatia tale da spingerlo a fare cose buone pur non essendo una brava persona. In ciò la figura-fantasma di River è emblematica e a tratti didascalica nell’accompagnare le decisioni più sofferte e i momenti più intensi.

Se però The Politician mira ad essere una caustica satira nei confronti della politica occidentale, non è nel suo aspetto più superficiale che fa centro – quando esplicitamente richiama ad episodi di cronaca contemporanea o a dinamiche politiche ampiamente schernite – quanto nella ben più velata ma pesante critica a un sistema che ha smesso di dare risposte a una generazione che ha precedentemente pompato di ambizioni e speranze di successo. Con la sola eccezione del personaggio interpretato da Gwyneth Paltrow, non c’è un solo adulto che in questa prima stagione sia esente da pesanti colpe: non Dusty Jackson, a cui una bravissima Jessica Lange cuce addosso un facile bersaglio d’odio; non Dylan McDermott nei panni dell’arrogante padre di Astrid; non la preside del Saint Sebastian né il detective o Cary o chiunque altro non sia un millenial.

Payton non è (solo) il risultato di un autodeterminazione e in questo la sigla iniziale è ben più che indicativa, con questo Pinocchio politico che viene plasmato tanto esternamente quanto internamente (vi invitiamo a dare un’occhiata all’analisi degli elementi dei suddetti titoli di testa in questo articolo). Laddove la politica ha fallito, la famiglia non ha saputo fare diversamente. O viceversa, ma non è importante. Importante è prendere consapevolezza, come nel finale della stagione, che c’è una classe politica che non parla più il linguaggio dei giovani e che quindi non ha gli strumenti per capirli e conseguentemente li denigra.

È un messaggio di strettissima attualità che Murphy riesce a far emergere nonostante (ma anche grazie a) alcune assurdità a là Wes Anderson (che però non sono propriamente azzeccate) e il tratteggio a volte impreciso o solo abbozzato nella caratterizzazione di certi comprimari. Non mancano i momenti topici dell’autore, in questo caso volti a sfruttare le capacità canore di Ben Platt.

La prima stagione di The Politician si barcamena tra alti e bassi alla ricerca di un equilibrio che nella maggior parte dei casi riesce a trovare, ma solo dopo aver stiracchiato qualche evento o aver puntato su inutili lungaggini; la messinscena attuata da Murphy regge comunque per l’intera durata della stagione e, pur non candidandosi a sbancare come serie dell’autunno, rimane un piacevole sollazzo per chi è alla ricerca di surrealismo politico.

Nota

  • Sempre nel contesto della sigla iniziale è curioso notare come siano presenti e in ordine le biografie dei Presidenti degli Stati Uniti… fino a Donald Trump, al posto della cui biografia troneggia il ben più leggero Idiot’s Guide to Clowning.
  • 7/10
    Storia - 7/10
  • 7.5/10
    Tecnica - 7.5/10
  • 6.5/10
    Emozione - 6.5/10
7/10

Summary

Nonostante alcuni eccessi vengano a noia, The Politician riesce nell’impresa di mandare un messaggio potente alla politica contemporanea, tratteggiando con buona perizia le disillusioni di una generazione iper-ambiziosa.

Porcamiseria

7

Nonostante alcuni eccessi vengano a noia, The Politician riesce nell'impresa di mandare un messaggio potente alla politica contemporanea, tratteggiando con buona perizia le disillusioni di una generazione iper-ambiziosa.

Storia 7 Tecnica 7.5 Emozione 6.5
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