The PoliticianThe Politician Season 2: Payton for Future

Season Recap La corsa a senatore dello Stato di New York diventa per Payton l'occasione per nuove assurdità ma anche nuove riflessioni sulla questione di genere, sull'appropriazione culturale e sulla tematica ambientale.

7.7

The Politician ci aveva positivamente colpiti l’anno scorso, quando con i suoi otto episodi era riuscito, nonostante alcune sbavature e volute assurdità, a tracciare un realistico quadro delle contraddizioni della politica occidentale e, in particolar modo, statunitense, dove le ambizioni personali contano quanto il (se non più del) programma politico.

La creatura di Ryan Murphy non è meno ambiziosa dei protagonisti che racconta, cercando di seguire il giovane Payton Hobart nel suo percorso politico, pesantemente indirizzato verso la Casa Bianca. Un sogno per il quale Payton ha creato un personaggio talmente plausibile da essere difficilmente scindibile dalla vera personalità del ragazzo, persino ai suoi occhi. Se la prima stagione seguiva la campagna elettorale per la Presidenza del Corpo Studentesco, questa seconda parte racconta invece le vicissitudini dello scontro politico tra Payton e la senatrice uscente Dede Standish per accaparrarsi la di lei poltrona al Senato dello Stato di New York.

È l’occasione per Murphy e gli altri autori di portare ad un nuovo livello le esasperazioni del primo arco narrativo: quanto lì era grottescamente fuori contesto per un’elezione di rilevanza minima diventa, in questa nuova run, ancora più assurdo, spostando l’asticella della sospensione dell’incredulità ancora più borderline. Così, ad esempio, si moltiplicano i triangoli amorosi nell’arco di pochi episodi, con relazioni che appaiono e scompaiono repentinamente.

Non che il tutto non sia funzionale ai temi della serie e della stagione, però su quel labile confine tra l’eccesso e l’accettabile The Politician ha la tendenza a ballare, alternando non sempre sapientemente le parti. La storyline di Georgina, la madre di Payton, è quella che suscita diverse perplessità sia nella forma (a volte è off-screen, a volte occupa diverso spazio in scena) sia nei contenuti, con una ascesa da Governatrice a Presidentessa che ok, è un chiaro riferimento all’exploit di certe nuove proposte nelle dinamiche politiche, però resta comunque difficilmente accettabile.

Su quel labile confine tra l’eccesso e l’accettabile The Politician ha la tendenza a ballare, alternando non sempre sapientemente le parti

Rispetto allo scontro generazionale, su cui il primo arco narrativo era stato più tranchant, questa seconda stagione attenua nettamente le posizioni e punta su un rapporto più sfumato, dove i giovani rimangono ancora il faro del futuro e i boomer non sono più i nemici da abbattere ma possono rivelarsi un prezioso pozzo d’esperienza. In questo è esemplificativo il quinto episodio, The Voters, che richiama esplicitamente la medesima puntata (al singolare, però, e anche questo è indicativo) della prima stagione.

Con questo episodio la narrazione respira, allontanandosi temporaneamente dalle claustrofobiche manovre politiche dei protagonisti per mostrarci il punto di vista degli elettori, ancora una volta alle prese con le disillusioni di speranze legate a personaggi che difficilmente credono in quello che propongono. Il giorno delle elezioni puntualmente il velo si squarcia e resta giusto il tempo per votare il male minore dopo una vita trascorsa ad alimentare un sistema fallimentare.

Proprio The Voters è la chiave per intendere quello scontro generazionale che non colpisce solo la politica attiva dei candidati, ma, in un gioco di riflessi in cui l’originale si perde, anche gli elettori, con una madre e una figlia pronte a litigare per difendere il proprio candidato le proprie convinzioni. Anche in questo caso non è randomico che le protagoniste siano due donne, giacché l’intera stagione sposta pesantemente il focus sulla questione di genere, non solo mettendo in scena tipe ben delineate ed eterogenee, ma puntando spesso sul binomio femminile, confrontando tra di loro le diverse donne: così abbiamo l’amore/odio tra Alice e Astrid, la complicità tra Dede Hadassah o tra la stessa Dede e Georgina.

L’intera impalcatura narrativa si fonda sulle figure femminili, che hanno la responsabilità delle azioni decisive ai fini delle svolte della trama: Infinity con l’urna elettorale, Dede con le due decisioni finali riguardo a Payton, McAfee con le sue manipolazioni, la moglie del senatore Tino dopo essersi risvegliata dal coma. Conseguentemente, ad essere messi in ombra, sono i personaggi maschili, troppo inetti per portare avanti un buon piano (Andrew, Ricardo) o troppo insicuri e meschini (James). Lo stesso Payton appare il più delle volte come un personaggio passivo, in balia delle onde o in attesa del guizzo di genio, raramente suo.

The Politician punta quindi ai grandi temi dell’attualità, con cui necessariamente avrebbe dovuto confrontarsi per risultare credibile in un’analisi della politica contemporanea: la questione di genere (magari più implicita, ma comunque largamente presente), il ritorno dello scontro generazionale, la scottantissima questione dell’appropriazione culturale (liquidata forse con troppa fretta) e l’urlatissima (ma non per questo meno rilevante) tematica ambientale, che è il motore della campagna di Payton ma anche il terreno di scontro tra una generazione che dovrà fare i conti con le irresponsabilità e le incomprensioni di chi l’ha preceduta.

Pur ammantandosi di una buona dose di elementi didascalici, la serie riesce a tracciare dignitosamente la tematica del surriscaldamento globale, evidenziando, più che le conseguenze, le possibili strategie da attuare, sottolineandone il costo in termini di comfort. Una sfida che non solo i boomer dello show faticano a comprendere, ma anche i più giovani, nel momento in cui il sacrificio richiesto va ben oltre la “sola” differenziazione dei rifiuti.

Col suo fare caciarone e volutamente poco serio, The Politician prova a superare la discreta prova della prima stagione, riuscendoci parzialmente e portando a casa un risultato tanto migliore quanto migliorabile

Col suo fare caciarone e volutamente poco serio, The Politician prova a superare la discreta prova della prima stagione, riuscendoci parzialmente e portando a casa un risultato tanto migliore quanto migliorabile. Oltre ai problemi summenzionati, infatti, anche il finale risulta fin troppo accelerato, con un salto temporale che necessiterebbe di più spazio per essere assimilato e che invece viene ulteriormente appesantito dalla (prevedibile) decisione della candidatura di Dede alla Presidenza.

Rimane in ogni caso, data la scorrevolezza delle puntate e la loro quantità ridotta, uno show da tenere in considerazione come piacevole passatempo (tecnicamente di buon livello, con ottime interpretazioni in generale e Bette Midler su tutti) che può portare a qualche riflessione, senza la pretesa di affrontare i massimi sistemi inforcando gli occhiali. Del resto stiamo sempre parlando di Ryan Murphy.

  • 7.5/10
    Storia - 7.5/10
  • 8/10
    Tecnica - 8/10
  • 7.5/10
    Emozione - 7.5/10
7.7/10

Summary

Col suo carico di assurdità e leggerezza, The Politician riporta Payton nella competizione politica stavolta al senato di New York: sarà l’occasione per trattare con buona lucidità argomenti di stretta attualità, senza sacrificare il lato caciarone e divertente della storia.

Porcamiseria

7.7

Col suo carico di assurdità e leggerezza, The Politician riporta Payton nella competizione politica stavolta al senato di New York: sarà l'occasione per trattare con buona lucidità argomenti di stretta attualità, senza sacrificare il lato caciarone e divertente della storia.

Storia 7.5 Tecnica 8 Emozione 7.5
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