Nell’anteprima alle 8 puntate principali di Warrior avevamo criticato il cattivo lavoro fatto dagli autori nella costruzione del personaggio principale, Ah Sahm, interpretato dal poco carismatico Andrew Koji. Sempre più spesso le serie tv vengono architettate per essere apprezzate nella loro interezza privilegiando il racconto trasversale e trascurando la storia delle singole puntate. Warrior è stata penalizzata da questa scelta in quanto, solo dopo aver visto il finale di stagione, abbiamo finalmente capito cosa si nascondeva dietro l’irrilevanza e la banalità del suo protagonista.

Warrior segue la classica struttura dell’antieroe western resa famosa da Sergio Leone in Per un pugno di dollari. Ah Sahm arriva a San Francisco come uno straniero senza nome – come i tanti cinesi che affollavano gli Stati Uniti del 1878. Ma non è come gli altri, lui è un guerriero. E un guerriero ha solo due strade: essere ucciso o essere il migliore. Lo sanno bene i tongs, organizzazioni criminali cinesi, che hanno bisogno di guerrieri per combattere le loro faide per il controllo di Chinatown. Ah Sahm finisce così a prendere ordini da Father Jun, rivale del tong comandato da Mai Ling, la sorella del protagonista. Tra i cinesi è un privilegiato, rispettato e riverito per il potere che rappresenta. Ah Sham vive il sogno americano.

Ma le frizioni tra i due tongs sono tali che per evitare una guerra viene organizzato un duello rituale. Chi perde deve accettare le condizioni del vincitore. Ah Sahm si trova così a combattere contro sua sorella e non può tirarsi indietro. Sopravvive per miracolo, ma perde e per questo viene cacciato dal tong. Ridotto a uno straccio, privato di tutti i suoi privilegi e diventato un fumatore di oppio scopre che il sogno americano è solo un’illusione. E lo è ancora di più per tutti quei poveracci senza nome sfruttati fino alla morte dalla nascente industria americana. Vive in mezzo a loro e come uno di loro e, quando gli irlandesi assaltano la fabbrica dove lui è finito a lavorare e aggrediscono brutalmente gli operai cinesi, Ah Sahm capisce la differenza tra essere un mercenario e un guerriero.

In questo combattimento finale il payoff, di un crescendo durato 9 puntate, è quello che ci saremmo aspettati da una serie targata Bruce Lee – e che ci saremmo aspettati un bel po’ di puntate prima. Il protagonista finalmente entra nell’arena di gioco con delle motivazioni personali e ben precise. Trova la sua dimensione in una serie che ha fatto un ottimo lavoro nel presentarci i personaggi secondari – ben scritti e ben interpretati – e le loro diverse fazioni.

Warriors have only two paths: get killed or get better

Ci sono alcune storie che non ci hanno mai convinto e che continuano a non funzionare – come quella che riguarda Penelope Blake, la moglie del sindaco e amante di Ah Sahm, che risulta inverosimile e superficiale ed è penalizzata ulteriormente da una pessima alchimia tra i due attori. Nonostante ciò non possiamo non rivedere le nostre opinioni e rivalutare Warrior. Non ci aspettiamo grandi cose per la sua seconda stagione – già ordinata da Cinemax -, ma siamo felici di tornare nella Chinatown di fine ‘800 armati di accetta e pronti a far valere i nostri diritti – di uomini e lavoratori – a suon di cazzotti e mosse di kung-fu.

7/10

Storia - 7/10
8/10

Tecnica - 8/10
7.5/10

Emozione - 7.5/10

7.5/10

Summary

Ci sono volute 9 puntate, ma finalmente Warrior ha un protagonista che risalta i vari personaggi secondari – ben scritti e ben interpretati – e le loro fazioni. Non ci aspettiamo grandi cose per la seconda stagione, ma chissà che gli autori non ci sorprendano di nuovo.

Porcamiseria

7.5

Ci sono volute 9 puntate, ma finalmente Warrior ha un protagonista che risalta i vari personaggi secondari - ben scritti e ben interpretati - e le loro fazioni. Non ci aspettiamo grandi cose per la seconda stagione, ma chissà che gli autori non ci sorprendano di nuovo.

Storia 7 Tecnica 8 Emozione 7.5

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