BabyBaby: fenomenologia di un acquario

Season Recap Con una recensione che racchiude la seconda e la terza stagione, abbiamo deciso di concludere la nostra opinione di Baby, il primo vero Originale Netflix Italia.

6.7

Il primo episodio della seconda stagione di Baby poneva, a nostro avviso, solide basi per nuove storie e un buon sviluppo dei personaggi, e metteva molta carne al fuoco. Chiara sembrava lasciarsi alle spalle Emma, la sua identità di baby squillo, e fare coppia fissa con Damiano, che da parte sua entrava sempre più dentro quel giro di prostituzione, diventando il braccio destro di Fiore. Ludovica accettava invece di seguire il suo desiderio di trasgressione senza rimorsi né sensi di colpa, finché l’arrivo di un n,uovo professore, e suo ex-cliente, complicava e metteva in discussione quella sua scelta. Fabio si innamorava di Brando, entrambi nascondendo al resto della scuola la loro relazione… Insomma eravamo rimasti soddisfatti del rilancio generale di una storia che nella prima stagione ci era apparsa troppo focalizzata nell’introdurci i personaggi e l’ambiente in cui essi si muovevano, piuttosto che entrare nel vivo.

Entriamo allora subito nel vivo: la seconda stagione di Baby non è brutta, ma non tutte le aspettative e premesse sono state svolte con soddisfazione. La serie ha l’ambizione di raccontarci com’è crescere nell’edulcorato e ipocrita quartiere dei Parioli. Gli autori e il regista sono perfetti per questa operazione, perché provengono proprio da quel quartiere del centro di Roma, dove vive la classe dirigente del paese. Questo è assolutamente il miglior punto di forza della serie e l’analisi dei giovani protagonisti viene restituita con sincerità e altrettanta qualità artistica. La visione è fruibile e completa anche e soprattutto per chi quel mondo non lo conosce. Ma – ahimè – questo si è dimostrato anche il punto più debole della serie.

Chiara: Quanto cazzo sono british…?

A differenza di Elite, dove nel concept viene inserito uno scontro sociale di classe fortissimo – Nadia, Samuel e Christian, tre ragazzi di ceto basso, vengono immersi in un’elitaria scuola privata per figli di papà dopo il crollo della loro scuola pubblica – in Baby il confronto tra i pariolini e tutti gli altri cittadini di Roma è quasi inesistente. Non sarebbe un problema, se non fosse che il concept è incentrato sul fatto che Ludovica, Chiara e Damiano escano da quell’acquario per ricercare la loro identità. Il mondo delle prostitute raccontato in Baby è senz’altro una realtà d’alto bordo, ma è quella zona grigia, dove gli adulti dei Parioli incontrano sfruttatori e sfruttate di ceti sociali inferiori. È questo racconto – quando c’è – che stona col resto della serie per superficialità e mancanza di idee, si avverte la riproposta dei soliti cliché e si perde la sincera analisi psicologica dei personaggi. La scrittura qui rinuncia alle sue nuances e va dritta verso un conflitto massimalista, con dialoghi didascalici e forzati.

Le scene in cui le ragazze si prostituiscono hanno il pregio di essere messe in scena senza moralismi, paternalismi né volgarità. È qui che la regia a volte si fa elegante, mostrando e non mostrando “il peccato”, senza giudizio e quasi con leggerezza. Il focus è sempre sulle ragazze, mai sui clienti. Non prende posizioni, insomma. Come non prende posizioni la scrittura. Forse si sarebbe potuto fare di più… Ci aspettavano uscisse qualcosa di intrigante prima o poi da queste situazioni. Magari un politico bigotto e moralista, un prete come in Suburra – La Serie, o magari il padre di uno dei compagni di scuola di Ludovica e Chiara. Invece hanno tutte il sapore di stacchi necessari e sufficienti a mandare avanti la storia senza toccarla più di tanto.

L’unica eccezione è il prof di Ludovica, che però agisce da una posizione morale alta, in quanto una volta accortosi dell’età della ragazza rinuncia alla prestazione. Non è un problema, né un’occasione mancata, ma analizzando la serie nella sua totalità (e avendo già visto la sua conclusione) ci conferma semplicemente la volontà degli autori di non prendere posizioni – specie considerando che nella storia vera le ragazze avevano una folta lista di clienti, tra i più insospettabili.

La regia, come la scrittura, non prendono posizioni

La seconda stagione si conclude tra colpi di scena (si fa per dire, non è quel tipo di serie), tira-e-molla amorosi, i soliti dialoghi cringe e Damiano che scopre che Chiara gli ha sempre mentito. Quando nella prima scena della terza stagione entriamo nella camionetta della polizia sappiamo subito che la polveriera sta per scoppiare e che ne vedremo finalmente delle belle. Sfortunatamente la terza stagione è talmente fuori luogo e fuori tono rispetto alle precedenti, che sembra scritta da altre persone. Ma non è così. Gli autori sono gli stessi, ma dovendo chiudere tutte le storie, le principali e le secondarie, hanno fatto quello che fin dall’inizio avevano evitato: hanno preso una posizione. I risultati sono altalenanti e, in diverse occasioni, grotteschi. Ma andiamo con ordine.

Damiano, dopo aver cancellato le prove nel computer dell’investigatore privato ingaggiato dal padre, decide di tenersi qualche foto ricordo in una scatola sotto al letto, ma scopre poco dopo che anche l’investigatore s’era tenuto delle copie – Damiano non è evidentemente a conoscenza di vivere nell’era della ridondanza informatica. Per aiutare quindi Chiara a uscire da quella brutta situazione decide di aiutare l’investigatore a ricattare il pappone e produrre nuove prove (sic!). Anche se la polizia ha arrestato una sua ragazza squillo, Fiore non ha nessuna intenzione di “lasciar perdere le bimbe”, e le bimbe, Ludovica e Chiara, a quanto pare sono d’accordo con lui a lavorare in una casa privata perché “finché siamo qui siamo al sicuro”. Chiara ha infatti accettato la sua identità di squillo in pieno e quando Natalia, la matrona, le chiede se non le piacerebbe tornare ad essere una ragazza normale, lei risponde “la mia vita è questa, ora”.

La madre di Ludovica viene a sapere dal prof che la figlia si prostituisce e confrontandosi con lei le viene sbattuta in faccia tutta la sua ipocrisia. La madre di Chiara invece ha deciso di buttarsi in politica con un partito (fittizio) dall’orientamento politico di destra – cosa che ci viene sottilmente suggerita dal nome, MPI, e dalla bandiera italiana nel simbolo. La prima puntata della terza stagione, come vedete, parte con l’acceleratore rispetto alle precedenti première. Purtroppo questa volta di carne al fuoco ce n’è così tanta che gli autori fanno un arrosto per servircela.

Vengono anche inseriti due nuovi personaggi importanti. La prima è una new entry del Liceo Collodi, e interesse sessuale di Damiano, interpretata da Anna Lou Castoldi, la figlia di Morgan e Asia Argento. Su di lei non spenderemo neanche una parola perché è bene che ognuno si faccia la propria opinione. Il secondo personaggio è il poliziotto a capo dell’operazione per smascherare il giro di baby squillo. Un poliziotto duro, ma giusto, che tiene veramente al futuro delle ragazze. Ecco, è da personaggi come questo che entra nel mondo ipocrita del bell’acquario dei Parioli la retorica aspirazionale con cui gli autori hanno deciso di chiudere la serie.

Gli esempi sono molteplici: dalla professoressa, interpretata da Claudia Pandolfi, che dopo aver avuto una relazione sessuale con uno studente decide di autodenunciarsi al preside senza che ne siano state approfondite le motivazioni. Stessa identica cosa succede alla madre di Ludovica che di punto in bianco si autodenuncia letteralmente alla polizia dopo una vita di ipocrisie. Ipocrita è la madre di Chiara che nonostante sappia della figlia – dalla moglie di un cliente che per solidarietà materna decide di fare la cosa giusta e avvertirla – la costringe a mentire in diretta tv durante un’intervista. La scelta di fare della madre di Chiara un politico di destra è inoltre l’ennesima occasione mancata di questa ultima stagione. La vera ipocrisia, nota a chiunque viva a Roma, è che i Parioli siano infatti un quartiere elitario, ma di sinistra. Gli autori sono stati bravissimi ad evitare questo interessante dualismo e hanno preferito invece usare la più facile incoerenza di un’esponente di un “partito per la famiglia” che ha una famiglia disfunzionale. Ma la storia a questo punto ha già cambiato tono ed è andata a rotoli con la fuga di Ludovica e Fiore, e il salvataggio finale, quasi action, della polizia. Il monologo-confessione di Chiara è la ciliegina sulla torta. Chiara è sempre stata spinta ad intraprendere la strada della prostituzione dalla noia, ma alla fine la morale – perché una morale viene data – è “ognuno di noi in fondo è responsabile”.

Baby ha dei grossi difetti. I dialoghi sono a volte cringe o troppo didascalici. La recitazione soffre nei momenti di massima tensione della sindrome dell’urlo isterico, di cui sono affetti i film di Muccino. La storia, soprattutto nella terza stagione, ha spesso delle cadute verso il comico involontario, mentre altre volte affronta con pathos eccessivo conflitti interiori adolescenziali – che possono essere riassunti dal meme “first world problems”. Nonostante ciò, Benedetta Porcaroli, Alice Pagani, Riccardo Mandolini, Brando Pacitto e Lorenzo Zurzolo hanno fatto un ottimo lavoro, migliore senz’altro dei navigati attori di fiction che interpretano i loro genitori, e sono riusciti brillantemente a reggere sulle loro spalle questa serie. Vale la pena ricordare, data l’inesperienza degli autori, che Baby è, al momento, il miglior Originale Netflix Italia – non contando la quarta stagione di SKAM Italia, né la co-produzione, insieme a Rai Fiction, di Suburra – La Serie. E non perché le altre sono pessime, ma perché Baby ha saputo raccontarci come si vive in un bellissimo acquario con sincerità ed emozione.

  • 6.5/10
    Storia - 6.5/10
  • 7/10
    Tecnica - 7/10
  • 6.5/10
    Emozione - 6.5/10
6.7/10

Summary

La seconda e la terza stagione di Baby hanno dei grossi difetti. I dialoghi sono a volte cringe o troppo didascalici. La storia, soprattutto nella terza stagione, ha delle cadute verso il comico involontario. Ma i giovani attori protagonisti sono molto bravi e viene restituita la sincerità di racconto dell’elitario quartiere dei Parioli. Per gli appassionati del teen è da vedere nonostante nel finale si perda.

Porcamiseria

6.7

La seconda e la terza stagione di Baby hanno dei grossi difetti. I dialoghi sono a volte cringe o troppo didascalici. La storia, soprattutto nella terza stagione, ha delle cadute verso il comico involontario. Ma i giovani attori protagonisti sono molto bravi e viene restituita la sincerità di racconto dell’elitario quartiere dei Parioli. Per gli appassionati del teen è da vedere nonostante nel finale si perda.

Storia 6.5 Tecnica 7 Emozione 6.5
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