Vikings6×05 The Key

Tutti i capi norvegesi si sono riuniti per le elezioni volute da Olaf, ma la tensione è palpabile. Ivar e Hvitserk sono tormentati dai propri fantasmi.

6.7

Accolta da un entusiasmo decisamente inferiore a quello cui la serie è abituata, la sesta stagione di Vikings prosegue senza suscitare particolare scalpore e dopo una breve pausa per le festività natalizie – o magari i personaggi erano a festeggiare lo Yule, chissà – torna con un episodio che alterna alcuni momenti sottotono ad altri più promettenti che, come nel precedente, ricordano almeno vagamente la qualità del passato.

© History Channel

I re e conti vichinghi arrivano alla corte di Re Olaf – ormai un invasato fautore della “democrazia” – da tutta la Norvegia per eleggere il loro re. La trama politica ruota ancora intorno a Bjorn, impegnato in questo episodio a stringere le mani degli altri pretendenti al trono e dei suoi possibili elettori, mentre Harald gli rivolge sguardi ambigui, unico motivo per cui questo segmento è degno di essere seguito. Al di là della tensione palpabile, infatti, la sostanza è ben poca, e il figlio maggiore di Ragnar è ormai un personaggio sempre più piatto, che solo in alcuni momenti dimostra ancora un potenziale che la serie non riesce a sfruttare a dovere da diverse stagioni – pensiamo ad esempio alla season première e ai suoi dilemmi circa il proprio ruolo di re, spariti da un episodio all’altro.

A proposito di vecchi personaggi allo sbaraglio, se in All The Prisoners ci aveva particolarmente colpiti la storyline di Lagertha, tornata per un momento la guerriera di cui ci siamo innamorati, in The Key la vichinga rimane sullo sfondo a alzare palizzate insieme a Gunnhild e al resto della propria comunità di “amazzoni”. Più volte abbiamo espresso la nostra perplessità sullo sviluppo “bucolico” del percorso della celebre shieldmaiden, e proprio per questo lo scorso episodio è stato un gradito sollievo, anche se momentaneo. Adesso Lagertha e le sue compagne si preparano a un nuovo attacco al villaggio è alta e questo fa ben sperare in un altro ritorno sul campo di battaglia, un ritorno che nello scorso episodio ha funzionato più che bene: questa prospettiva è sufficiente per suscitare ancora il nostro interesse, che comunque è ormai puntato altrove.

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Stiamo parlando, naturalmente, del subplot ambientato a Kiev, che vede Ivar impegnato ancora una volta nelle sue brillanti macchinazioni. Il legame tra il vichingo e il principe Igor è sempre più affiatato e il Senz’ossa si serve della fiducia del bambino per tradire Oleg e liberare il fratello; quest’azione rientra in un piano che ancora non riusciamo a cogliere con chiarezza, ma il momento di uno scontro a carte scoperte tra Ivar e il suo sadico – perfino per i suoi standard – ospite sembra sempre più vicino. Tuttavia, l’apparente vantaggio tattico del vichingo è bilanciato da un particolare scherzo del destino, ossia dal matrimonio di Oleg con la copia sputata di Freydis. Questo plot twist, che potrebbe apparire troppo azzardato in quanto a plausibilità, è l’ulteriore arricchimento di una trama imprevedibile che tiene alta e costante la curiosità del pubblico, promettendo di utilizzare il ritorno del fantasma dell’odiosa moglie che lui stesso ha assassinato per mettere alla prova la stabilità emotiva e la lucidità di Ivar, che noi sappiamo essere un personaggio tanto scaltro e spietato quanto fragile e problematico.

© History Channel

Tornando a Kattegat, Hvitserk condivide lo stesso tormento dell’odiato fratello e continua ad essere visitato dal fantasma dell’amata Thora, da visioni di Ivar e, in questo episodio, dall’Indovino. Quello che nelle prime puntate sembrava un personaggio spacciato, non eliminato ma reso insignificante rispetto alle trame principali tra un ubriacatura e l’altra, sta ottenendo gradualmente lo spazio che la serie non gli ha finora mai concesso, assumendo un ruolo evidentemente più centrale ma ancora difficile da prevedere: anche in questo caso si tratta quindi di un plot imprevedibile e dal buon potenziale, cui va anche il merito di star reintroducendo in modo efficace quella componente di misticismo che ha sempre caratterizzato Vikings e che nella scorsa stagione era stata resa secondaria e macchiettistica dal fanatismo del “dio” Ivar e dal forzato ascetismo di Floki.

Either you had no purpose or the purpose is beyond the end you figured.
– The Seer

Arrivati alla metà di questo primo ciclo di episodi che compongono l’ultima stagione di Vikings, il bilancio rimane quindi discreto. Trovare spunti interessanti e pretesti per non annoiarsi durante la visione non è semplice, ma in alcuni casi è ancora possibile rintracciare una pianificazione degli sviluppi narrativi e delle caratterizzazioni dei protagonisti intelligente e originale, nonché un minimo recupero di quegli elementi che un tempo hanno fatto la fortuna di questa serie e che nell’ultimo periodo abbiamo un po’ perso di vista.

  • 6.5/10
    Storia - 6.5/10
  • 7/10
    Tecnica - 7/10
  • 6.5/10
    Emozione - 6.5/10
6.7/10

Summary

Lasciando Lagertha in panchina e limitando Bjorn a una funzione di rappresentanza nelle elezioni indette da Olaf, l’episodio si prende il tempo necessario per sviluppare le trame di Ivar e Hvitserk e mostrare i fantasmi che li tormentano, reintroducendo anche una gradita dose di misticismo.

Porcamiseria

6.7

Lasciando Lagertha in panchina e limitando Bjorn a una funzione di rappresentanza nelle elezioni indette da Olaf, l'episodio si prende il tempo necessario per sviluppare le trame di Ivar e Hvitserk e mostrare i fantasmi che li tormentano, reintroducendo anche una gradita dose di misticismo.

Storia 6.5 Tecnica 7 Emozione 6.5
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